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Toqueville: pregi e difetti della democrazia


La sovranità popolare implica la rinuncia a restringere il suffragio al ceto medio borghese per conferirlo a tutti i cittadini.
Nella democrazia ci sono pregi e difetti. Il desiderio dell’uguaglianza trova continue sollecitazioni ma mezzi limitati per essere appagato che genera in certi popoli un sentimento di invidia nei confronti dei ceti posti in una situazione sociale superiore che orienta le scelte politiche verso un livellamento sacrificando le capacità e i meriti dei migliori: si cerca di soddisfare le richieste dettate dal risentimento.
Il suffragio universale non garantisce i provvedimenti più idonei per gli interessi generali della collettività. La scarsa efficienza, l’irrisolutezza, l’instabilità amministrativa e legislativa sono i lati negativi del governo democratico: esso si basa sull’opinione pubblica, mutevole perché esposta alle influenze delle passioni. La democrazia mentre si preoccupa di tutelare gli interessi che hanno importanza per l’opinione pubblica rischia di tralasciare gli interessi permanenti della collettività.
La democrazia in quanto fondata sull’opinione pubblica favorisce un generale orientamento verso l’agire pratico e verso un sapere e una ragione che si basano sul buon senso atto a individuare le soluzioni dei problemi.
Ma i vantaggi che essa arreca alla società sono superiori. Gli effetti si producono dopo una o due generazioni. Lo spirito civico, indispensabile per il funzionamento delle istituzioni, è inseparabile dall’esercizio dei diritti politici. La democrazia diffonde tra i cittadini l’idea dei diritti cui si ispirano i rapporti e i comportamenti dei singoli nei confronti dei poteri pubblici. Ne consegue il rispetto per la legge che diventa una forza morale superiore a quella che può essere promossa da un’aristocrazia.
La democrazia poi promuove e sollecita una intensa attività sociale: è un movimento che si diffonde in tutte le parti della società promuovendo il progresso reale di tutti i cittadini e il soddisfacimento degli interessi delle diverse classi sociali.
La democrazia proprio perché ha di mira il benessere della maggioranza, comprende elementi di tutte le classi sociali e svolge la funzione di contemperare gli interessi.

La maggioranza sul quale si fonda il governo democratico e in base al quale si approvano le leggi pone il vero problema della democrazia, cioè dei rapporti tra la maggioranza e la minoranza.
La democrazia che si fonda sulla sovranità del popolo e il suffragio universale non è la forma di governo che offre un’automatica garanzia di libertà. In determinate situazioni consente alla maggioranza di esercitare un potere assoluto che misconosce le esigenze e i diritti della minoranza. Nella federazione americana la maggioranza finisce per detenere tutti i poteri: elegge il legislativo e l’esecutivo, forma le giurie, elegge i giudici, organizza la forza pubblica, abolendo quella divisione-distinzione dei poteri che il costituente aveva posto a garanzia della libertà dei cittadini.
La maggioranza ha un suo processo di formazione che si manifesta in occasione delle elezioni. È il risultato di processi di omogeneizzazione della società nel quale intervengono i maniera ridotta le idee politiche che dovrebbero costituire invece il vero principio di coesione degli individui che concorrono a formare la maggioranza.
La maggioranza tende ad esercitare una costante pressione di carattere ideologico sui propri avversari in modo da indurli ad assumere un comportamento conforme ai propri principi. La maggioranza si rende interprete dei principi e dei valori che fondano l’identità del corpo sociale; cerca di plasmare l’opinione pubblica a sua immagine e somiglianza e sollecita tutti all’accettazione dei suoi principi. Il risultato è il conformismo, obbedienza meccanica fondata su convinzioni che si accettano perché ci sono state trasmesse dall’ambiente sociale in cui viviamo. La libertà non è più coscienza critica ma si riduce all’esercizio di una serie di diritti che garantiscono la nostra tranquillità e il nostro benessere.

Tratto da STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE di Filippo Amelotti
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