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La situazione in America Latina tra gli anni '70 e '80


Anche per l’America Latina furono anni di profonde trasformazioni: segnarono, infatti, la caduta delle dittature militari. Nella prima metà degli anni ’70 i militari assunsero il potere in Uruguay e soprattutto in Cile, dove nel ’70 il socialista Salvator Allende aveva assunto la presidenza a capo di un governo di unità popolare. Allende tentò di realizzare un programma di nazionalizzazioni e riforme sociali ma dovette scontrarsi con l’ostilità degli Stati Uniti. Nel settembre ’73 Allende fu rovesciato da un colpo di stato militare e ucciso mentre tentava un’estrema resistenza. Il potere fu assunto dal generale Augusto Pinochet. In Argentina, nel ’72, il regime militare che aveva assunto il potere sei anni prima non trovò di meglio che accordarsi con l’ex dittatore Peron, popolarissimo fra le masse urbane. Eletto alla presidenza della repubblica nel settembre ’73, Peron fallì nel compito di riportare l’ordine nel paese; dopo la sua morte, nel ’74, la presidenza passò alla sua seconda moglie Isabelita. Nel Marzo ’76 i militari decisero di deporre la presidentessa e di riprendere in mano il potere. La dittatura militare usò metodi estremamente brutali: migliaia di oppositori furono arrestati o scomparvero nel nulla, ma nemmeno il pugno di ferro dei militari servì a rimettere in sesto l’economia e a fermare l’inflazione. Nell’82 il governo argentino occupò le isole Falkland, tenute da secoli dalla Gran Bretagna. Il governo inglese reagì duramente ricacciando gli argentini dall’arcipelago. Investiti da un’ondata di impopolarità, i generali furono costretti a farsi da parte e a convocare libere elezioni che nell’83 videro la vittoria del radicale Raul Alfonsin. Nell’88 il regime di Pinochet fu sconfitto in un referendum indetto dallo stesso dittatore; le elezioni videro la vittoria del candidato democristiano Patricio Aylwin. Il consolidamento della democrazia trovava numerosi ostacoli: in Argentina le conseguenze di un’inflazione catastrofica logorarono l’esperimento di Alfonsin e determinarono nelle elezioni dell’89 l’affermazione del candidato peronista Carlos Menem; in Brasile un’inflazione inarrestabile fece da sfondo a una serie crisi istituzionale che vide il presidente Fernando Collor De Mello messo sotto accusa per corruzione e costretto a dimettersi nel ’92; in Colombia la minaccia più grande erano i grandi trafficanti di droga, che raffinavano ed esportavano cocaina. I narcotrafficanti potevano condizionare con la corruzione e con la violenza l’operato dei poteri locali. In Nicaragua un movimento rivoluzionario di sinistra detto sandinista prese il potere nel ’79 rovesciando la dittatura di Anastasio Somosa. Quando il nuovo regime accentuò i suoi tratti socialisti si creò una forte tensione con gli Stati Uniti, sfociata durante la presidenza Reagan nell’appoggio degli USA ai movimenti armati anti-sandinisti (i contras). Nell’89 si giunse a una tregua: i contras sospesero la guerriglia in cambio della promessa del governo di convocare libere elezioni, che furono vinte dal fronte dell’opposizione anti-sandinista.

Tratto da PICCOLO BIGNAMI DI STORIA CONTEMPORANEA di Marco Cappuccini
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