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La disciplina delle modalità di svolgimento del processo arbitrale


La disciplina delle modalità di svolgimento del processo arbitrale rientra nella disponibilità delle parti, che possono stabilire nel compromesso, nella clausola compromissoria o con atto separato, purché anteriore all’inizio del giudizio arbitrale, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento.
In mancanza, gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio nel modo che ritengono più opportuno, fermo però che “essi debbono in ogni caso attuare il principio del contraddittorio, concedendo alle parti ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa”.
Quanto alla proposizione della domanda o delle domande gli artt. 816 ss. c.p.c. nulla dispongono ed è prassi che, non appena costituito il collegio arbitrale con l’accettazione dell’ultimo arbitro, gli arbitri invitino le parti a formulare i “quesiti”.
La domanda è proponibile contestualmente alla messa in moto del procedimento per la costituzione del collegio arbitrale: il che, ovviamente, non impedisce che il momento preclusivo ultimo per la precisazione e formulazione delle domande continui ad essere quello indicato dagli arbitri per la definitiva formulazione dei “quesiti”.
In quanto giudici privati gli arbitri sono privi di poteri coercitivi: di conseguenza non solo non possono emanare provvedimenti cautelari, ma non possono neanche disporre l’accompagnamento coattivo del testimone non comparso cui erogare sanzioni pecuniarie al terzo che rifiuti di consentire ad una ispezione o di produrre un documento; ciò non significa però che gli arbitri non possano rivolgere ordini alle parti e desumere argomenti di prova dalla loro inottemperanza.
Riguardo lo svolgimento del procedimento gli atti di istruzione possono essere delegati dagli arbitri a uno di essi; i testimoni possono essere ascoltati anche nella loro abitazione o nel loro ufficio; la deposizione testimoniale può essere acquisita anche “richiedendo al testimone di fornire per iscritto risposte ai quesiti nel termine stabilito dagli arbitri”; è esplicitamente ammessa la possibilità di consulenti tecnici e di chiedere informazioni alla pubblica amministrazione; è ammessa l’emanazione  di lodi non definitivi su questioni o su parti di domande o su una delle più domande cumulate; gli arbitri hanno il potere di conoscere in via incidentale di tutte le questioni pregiudiziali, ancorché relative a rapporti pregiudiziali e che fuoriescano dal compromesso o dalla clausola compromissoria; nel caso di questione pregiudiziale che non può essere oggetto di convenzione d’arbitrato e che deve per legge essere decisa con autorità di cosa giudicata, gli arbitri sospendono il procedimento.
Conclusa l’istruzione e la discussione gli arbitri procedono alla deliberazione del lodo.
La decisione deve essere effettuata secondo le norme di diritto, “salvo che le parti” abbiano autorizzato gli arbitri con qualsiasi espressione a pronunciare secondo equità.
Il lodo è deliberato a maggioranza dei voti degli arbitri e quindi è redatto per iscritto e sottoscritto da tutti gli arbitri.
Il contenuto del lodo è ricalcato sul contenuto della sentenza, con una sola notevole differenza che il lodo non è pronunciato “in nome del popolo italiano”, ma in forza del compromesso o della clausola compromissoria.
Dalla data dell’ultima sottoscrizione “il lodo ha gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria” e comincia a decorrere il termine annuale di decadenza per la proposizione dell’impugnazione per nullità innanzi alla Corte d’appello.
È al momento dell’ultima sottoscrizione del lodo che l’arbitrato cessa di essere sorretto unicamente dalla autonomia privata ed entra nel circuito della giurisdizione statale.
Queste efficacia di sentenza è unicamente l’efficacia di accertamento (o costitutiva), non anche l’efficacia esecutiva.
L’esecutività del lodo è infatti subordinata ad un decreto del tribunale che accerti la regolarità formale.

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