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Cause inscindibili


L’art. 331 c.p.c., sotto la rubrica “integrazione del contraddittorio in cause inscindibili”, detta: “se la sentenza pronunciata fra più parti in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti non è stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio, fissando il termine entro il quale la notificazione deve essere fatta e, se necessario, l’udienza di comparizione. L’impugnazione è dichiarata inammissibile se nessuna delle parti provvede all’integrazione nel termine fissato”.
In materia di cause inscindibili, se la impugnazione è proposta nei confronti di una sola delle parti che avevano partecipato al giudizio di primo grado o di alcune solo delle stesse parti, il legislatore reputa che questa impugnazione è illegittima, dato che al giudizio di secondo grado debbono partecipare necessariamente tutte le parti che avevano partecipato al giudizio di primo grado.
Il legislatore prevede che questo vizio possa essere rilevato ad opera del giudice, il quale, nella prima udienza di trattazione, ha il compito di verificare l’integrità del contraddittorio e, ove rilevi l’esistenza di un vizio, deve mettere in moto un meccanismo di sanatoria consistente nella fissazione di un termine perentorio entro il quale le parti devono integrare il contraddittorio.
Se il contraddittorio è integrato, il vizio originario viene sanato con efficacia ex tunc ed il processo prosegue; se invece il contraddittorio non è integrato nel termine perentorio fissato dal giudice, la conseguenza è, non l’estinzione del giudizio, ma la dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione, provvedimento di mero rito che chiude il giudizio e che comporta il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

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