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Effetti dell’accoglimento dell’impugnazione immediata


Nel 1950 allo scopo di disciplinare tali effetti, fu disposto, per un verso, che la sentenza d’appello di riforma estendesse i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti della sentenza non definitiva di primo grado riformata, per altro verso, che tale efficacia caucatoria si manifestasse solo dal momento del passaggio in giudicato e non da quello della pubblicazione della sentenza d’appello di riforma.
La posticipazione al momento del passaggio in giudicato negli effetti caducatori della sentenza d’appello di riforma era coerente con l’esigenza di evitare l’assurdo che, ove contro tale sentenza fosse proposto ricorso per cassazione ed il ricorso fosse accolto, l’attore vittorioso in cassazione fosse costretto ad instaurare ex novo il giudizio di primo grado.
Allo stesso tempo, consentendo la sospensione del giudizio di primo grado anche su istanza di parte, offriva al convenuto vittorioso in appello sufficienti garanzie.
A seguito della novella del 1990, il problema si è notevolmente complicato, in quanto il legislatore ha disposto che la sentenza appello di riforma estende i suoi effetti agli atti o provvedimenti dipendenti dalla sentenza di primo grado riformata dal giorno della pubblicazione e non più da quello del passaggio in giudicato della sentenza riformata.
La modifica è stata motivata non dalla volontà di incidere sulla disciplina dei problemi posti dalla appellabilità immediata delle sentenze non definitive, bensì unicamente dalla volontà di incidere sulla diverso problema degli effetti della sentenza d’appello di forma di sentenza provvisoriamente esecutiva di primo grado, in ordine agli atti di esecuzione spontanea o coatta avvenuti sulla base di tale sentenza.
Ne segue, attraverso una non semplice interpretazione, che la soluzione oggi preferibile è quella di continuare a ritenere che gli effetti della sentenza d’appello di riforma di sentenza di primo grado non definitiva si producono sugli atti e provvedimenti dipendenti da tale sentenza solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza riformata.
E fondare tale soluzione sull’art. 129 bis disp. att. c.p.c. che, prevedendo la possibilità di sospensione del giudizio di primo grado a seguito di ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza d’appello di riforma di sentenza di primo grado non definitiva, presuppone in modo inequivoco che la sentenza d’appello di riforma non produce la immediata caducazione degli atti e dei provvedimenti dipendenti della sentenza di primo grado, ma continua a richiedere che a tale effetto la sentenza di riforma sia passata in giudicato.

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