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Sviluppo dell’iter del processo d'appello

 
Esaurite le attività preliminari il primo possibile sviluppo dell’iter processuale è il seguente: se non deve essere svolta attività istruttoria, nonché ove insorgano questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, idonee, se fondate, a definire il giudizio, il giudice, sempre nel primo caso, e a seguito di una delibazione preventiva delle questioni nel secondo, invita le parti a precisare immediatamente le conclusioni e il processo entra in fase decisoria.
Un secondo possibile sviluppo del processo si ha quando venga disposta l’assunzione di nuove prove o la rinnovazione totale o parziale dell’assunzione già avvenuta in primo grado.
Chiusa l’istruzione, il giudice invita le parti a precisare le conclusioni e il processo entra, come nel primo possibile sviluppo, in fase decisoria.
È da osservare che la scelta modellare la disciplina della fase decisoria del giudizio di appello in totale aderenza a quella prevista per il giudizio di primo grado di competenza del tribunale può comportare inutili appesantimenti dell’iter procedurale: è infatti obbligatorio concedere alle parti un termine per le difese scritte, anche quando, non essendo necessario provvedere ad attività istruttoria, la causa, previa immediata discussione orale, potrebbe essere subito trattenuta dal collegio per la decisione.

L’art. 344 c.p.c. dispone che “nel giudizio d’appello è ammesso soltanto l’intervento dei terzi che potrebbero proporre opposizione a norma dell’art. 404 c.p.c.”.
Da tale disposizione la dottrina e la giurisprudenza deducono che in appello è possibile solo l’intervento volontario nei limiti dell’art. 344 c.p.c., ed è esclusa qualsiasi possibilità di intervento coatto su istanza di parte o su ordine del giudice.
Alla base di tale opinione vi è il convincimento che l’intervento in appello contrasterebbe con il principio del divieto di domande nuove.
A mio avviso l’intervento coatto andrebbe ammesso anche in appello ogniqualvolta sia diretto unicamente a provocare la partecipazione al processo di un terzo titolare di un rapporto giuridicamente dipendente soggetto all’efficacia riflessa della sentenza, senza comportare la proposizione di alcuna domanda nei confronti del terzo.
Quanto all’intervento volontario disciplinato dall’art. 344 c.p.c., l’intervento dei terzi legittimati alla proposizione dell’opposizione di terzo ordinaria, cioè dei terzi titolari di diritti autonomi e incompatibili, comporta sempre proposizione di domanda nuova: la deroga al divieto di domande nuove in appello e al principio del doppio grado di giurisdizione trova la sua spiegazione nella circostanza che analoga perdita del doppio grado sarebbe determinata dal rimedio successivo dell’opposizione di terzo.
Quanto all’intervento dei terzi legittimati all’opposizione di terzo revocatoria, e cioè di terzi titolari di rapporti giuridicamente dipendenti, non sorge problema alcuno poiché l’intervento di tali pezzi non comporta proposizione di alcuna domanda.

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