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Il ricorso per cassazione secondo il codice civile


Esaminiamo le disposizioni del codice di procedura civile dalle quali si desume che il ricorso per cassazione ha questa funzione di garanzia oggettiva:
- l’art. 702 c.p.c. secondo cui il pubblico ministero deve intervenire in ogni causa davanti alla Corte di Cassazione.
Il pubblico ministero nel giudizio di cassazione interviene sempre obbligatoriamente: le parti sono poste in una posizione defilata, quasi subordinata, come a voler dimostrare che l’interesse principale che il giudizio mira a tutelare non è quello privato, ma quello pubblico;
- l’art. 363 c.p.c. che attribuisce al procuratore generale presso la Corte di Cassazione la legittimazione a proporre il ricorso nell’interesse della legge senza che le parti possano giovarsi dell’eventuale cassazione nella sentenza, ove le stesse non lo abbiano tempestivamente proposto un vi abbiano rinunciato.
L’istituto non ha di fatto trovato pratica attuazione, ma “si rivela di notevole interesse sul piano dogmatico, poiché consente di scorgere nettamente delineata la separazione tra l’interesse pubblico all’esatta interpretazione della legge e l’interesse privato alla sentenza giusta”.
Affinché la Corte possa svolgere efficacemente la funzione di normofilachia è necessario che sotto il profilo organizzativo sia un organo unitario e sia composta da un numero ristretto di giudici.
Mancando la prima condizione, la possibilità che le diverse Corti di Cassazione risolvano diversamente i medesimi problemi interpretativi impedirebbe il formarsi di unica interpretazione capace di imporsi su tutte le altre.
Tale requisito è stato soddisfatto solo nel 1923 quando furono soppresse le cinque Cassazioni regionali e fu istituita la Suprema Corte con sede unicamente a Roma.
La seconda condizione è parimenti indispensabile, posto che quanto maggiore è il numero dei giudici addetti all’organo, tanto più numerosi sono conseguentemente i collegi giudicanti e maggiore la possibilità che le stesse questioni di diritto siano decise contraddittoriamente.
La situazione ottimale sarebbe data indubbiamente da una Corte composta da un numero molto ristretto di magistrati che si riunisca e decida sempre nella stessa composizione.
Ma perché ciò possa avvenire è necessario che il numero dei ricorsi che la Corte chiamata annualmente a decidere sia limitato, dato che altrimenti è inevitabile aumentare il numero dei giudici, dei collegi, delle sezioni e quindi le possibilità di contrasti di giurisprudenza.
È pur vero, peraltro, che sono possibili in tal caso dei correttivi, che in presenza di un contrasto di decisioni sulla medesima questione di diritto tra le sezioni, intervenga all’organo della stessa Corte, le Sezioni Unite, che risolva il conflitto con decisione vincolante le sezioni semplici.
Il principale ostacolo alla realizzazione del requisito in esame consiste proprio, in Italia, nell’eccessivo numero dei ricorsi proposti annualmente alla Corte di Cassazione.
Molteplici sono i fattori che incentivano la proposizione di un numero sempre maggiore di ricorsi:
- l’inappellabilità di alcune sentenze di primo grado; l’appello svolge un’importantissima funzione di filtro sui ricorsi in cassazione: rendere inappellabile una sentenza vuol dire eliminare tale filtro, aprire immediatamente la porta al ricorso in cassazione e indurre la parte a servirsi dello stesso come garanzia soggettiva;
- la facilità con cui la stessa Corte disattende i suoi precedenti.

Un superamento dell’attuale situazione di profonda crisi della Cassazione civile sarà possibile solo se si attribuisca alla Corte di Cassazione civile il potere di selezionare i corsi su cui pronunciarsi sulla base del grado di interesse generale da essi coinvolto.
Per arrivare ad un simile risultato sono necessari una serie di interventi:
- occorre prendere atto della diversità di funzioni tra cassazione civile e cassazione penale; secondo l’art. 272 Cost. l’imputato non è considerato colpevole fino alla sentenza definitiva, quindi in penale il ricorso per cassazione assolve la funzione di massima garanzia soggettiva dell’imputato; diversamente, in civile, non si è mai dubitato della legittimità costituzionale della anticipare l’esecutività della sentenza rispetto al momento del suo passaggio in giudicato, di qui la possibilità di configurare in civile il ricorso per cassazione non come garanzia soggettiva incomprimibile, bensì come garanzia oggettiva.
Una simile presa di consapevolezza dovrebbe indurre quantomeno a distinguere nettamente la cassazione civile dalla cassazione penale;
- rivitalizzare la Corte d’appello quale organo giudiziario deputato ad assicurare e tendenzialmente ad esaurire le esigenze di garanzia soggettiva dell’impugnazione;
- prendere atto dell’estrema problematicità di attribuire in via di legge ordinaria alla cassazione civile il potere di selezionare i ricorsi sulla base del grado di interesse generale da essi coinvolto e delle conseguenti necessità di una modifica dell’art. 111 Cost.;
- procedere ad una radicale revisione dei criteri di scelta dei giudici della cassazione civile, allo scopo di assicurare al massimo l’autorevolezza dell’organo che sarebbe richiamato all’esercizio di poteri sostanzialmente discrezionali.

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