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Il Caracazo del 1989


La vicenda politica dell’odierno Venezuela ha inizio con il Caracazo dell’89, esplosione di rabbia delle classi meno abbienti di Caracas verso il programma economico neoliberale imposto dal presidente Perez.
Durante il governo del suo predecessore Lusinchi la crisi economica raggiunse l’apice. Dopo 20 anni di spese deficitarie crescenti e corruzione le riserve valutarie nazionali si erano prosciugate e quando Lusinchi lasciò la sede del governo il suo ultimo atto fu sospendere i pagamenti dei debiti esteri.
Quando Perez divenne capo dell’esecutivo era nella sua seconda esperienza governativa. La popolazione si ricordava di lui quando nel suo primo incarico negli anni 70 si era trovato a capo del “Venezuela Saudita”, un sogno di arricchimento della nazione grazie ai proventi dell’esportazione del petrolio. In quel periodo fu decisa la nazionalizzazione delle compagnie di astrazione e il denaro ricavato fu investito a favore dello sviluppo industriale. Ma qualche tempo dopo le cose iniziarono ad andare male. Il  settore astrattivo pubblico divenne meno efficiente e non competitivo, i grandi progetti furono abbandonati e il paese iniziò ad accumulare debiti esteri fino alla gestione Lusinchi. La popolazione volle dargli nuova fiducia.
Dopo alcune settimane sostenne che per risanare l’economia bisognava adottare riforme economiche neoliberali. Proprio quelle ricette prescritte dall’FMI contro cui si era scagliato nel suo precedente mandato.
Le imprese statali dovevano essere privatizzate, il governo non sarebbe dovuto intervenire per assicurare la crescita del Pil affidandosi solo sull’espansione del settore privato. Eliminazione delle restrizioni al commercio, riduzione delle tariffe di scambio, liberalizzazione dei prezzi, ampie decentralizzazioni e privatizzazioni, riforme fiscali e una applicazione dei principi di quello che sarebbe stato definito il Washington Consensus. Tra le misure previste c’era anche l’aumento del prezzo del petrolio e fu questa decisione che scatenò le proteste popolari. Conseguenza immediata della crescita del prezzo del petrolio fu l’incremento del biglietto dell’autobus. Fu un disagio che diede origine a una rivolta popolare scoppiata nel 89 conosciuta come Caracazo. Per 2 giorni la capitale fu scossa da ogni tipo di violenza e un centinaio di persone rimasero uccise.
10 anni dopo, la crisi delle politiche neoliberali esplose in tutta l’America latina.
In Brasile nel 2003 fu eletto Lula da Silva, candidato del partito dei lavoratori e in lotta contro la globalizzazione.
In Bolivia il presidente in carica dovette fuggire e mettersi al sicuro e nel 2005 fu eletto Evo Morales che nazionalizzò le risorse energetiche per sottrarle al controllo delle società straniere.
L’Argentina fu sconvolta da continue rivolte popolari dovute alla crisi economica e dalle proteste sociali in cui il paese è precipitato per il fallimento delle politiche neoliberali. È emerso Kirchner eletto nel 2003 per concretizzare il cambiamento.
In Colombia ancora oggi c’è una gueriglia civile iniziata negli anni 50 e condotta da guerriglieri marxisti delle farc e dell’Eln

Tratto da AMERICA LATINA E STATI UNITI di Filippo Amelotti
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