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La Casa Bianca e le strategie per fermare la deriva latinoamericana: la legge sull’immigrazione del 2006


Spinta dalla necessità di rispondere alla crescente disaffezione dell’America Latina verso gli Usa, nel 2006 la Rice annunciò che centinaia di diplomatici statunitensi sarebbero stati spostati dall’europa all’Asia, l’Africa, il Medio Oriente e l’America Latina. Terminata la guerra fredda si intendeva dare priorità ad altre zone del mondo.
Dopo i contrasti del 2002 e 2003 con Fix riguardo la richiesta di legalizzare 3 milioni di immigrati irregolari latinoamericani presenti nel suolo americano, Bush decise di affrontare di nuovo il problema proponendo l’approvazione di una riforma. A suo giudizio si dovevano rafforzare i controlli alle frontiere rimandando indietro gli immigrati che avessero tentato di entrare illegalmente negli Usa. Tali provvedimenti andavano affiancati da soluzioni adeguate per permettere agli immigrati che entravano nel paese per lavorare di farlo legalmente e ottenere le migliori garanzie per tutelare il loro status. La Camera dei Rappresentanti approvò una legge che definì reato l’immigrazione illegale e stanziò fondi da usare per la costruzione di un muro di 700 miglia tra Messico e Stati Uniti. La Cmera aveva dato ascolto solo alle richieste di sicurezza degli americani lasciando in secondo piano sia le strategie di politica estera del presidente verso le nazioni sudamericane sia i voti degli immigrati latinos. Fox espresse preoccupazione verso le misure militari decise per controllare i confini e verso il muro previsto dalla legge sull’immigrazione.

Tratto da AMERICA LATINA E STATI UNITI di Filippo Amelotti
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