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La nozione di giurisdizione


Le norme costituzionali si rivelano, già di per sé, sufficienti per una prima individuazione della nozione di giurisdizione.
Da queste si desume che la giurisdizione è una funzione statuale, espressione diretta della sovranità popolare (art. 1011-2 cost.), il cui esercizio è necessariamente "diffuso" fra una pluralità di giudici i quali sono soggetti soltanto alla legge (art. 1012 cost.) e sono caratterizzati dalla terzietà ed imparzialità (art. 1112 cost.).
Il contenuto della giurisdizione civile e poi chiaramente individuato dall'art. 24 cost., nella "tutela giurisdizionale" dei diritti soggettivi.
Accanto alla giurisdizione ordinaria e costituzionale, la Costituzione prevede la giurisdizione amministrativa, contabile e militare, nonché la possibilità di sopravvivenza delle giurisdizioni speciali esistenti alla data di entrata in vigore della Costituzione, purché adeguatamente "revisionate", cioè messe ad unisono con le esigenze di indipendenza affermata dalla Costituzione stessa (si pensi per tutte alla giurisdizione tributaria).
In questo variegato contesto nel quale il principio della giurisdizione unica emerge solo come valore tendenziale, tramite il divieto di istituzione di nuovi giudici straordinario speciali (art. 1022 cost.), la giurisdizione ordinaria assume carattere privilegiato: infatti le modalità, anche organizzative, della autonomia e indipendenza dei magistrati addetti alla giurisdizione ordinaria sono previste nei loro principi generali da norme di rango costituzionale.
Dall'art. 1 c.p.c. e dell'ordinamento giudiziario, si desume che la giurisdizione civile è esercitata dai giudici ordinari.
La fonte primaria della legittimazione democratica dei giudici ordinari che amministrano la giustizia in nome del popolo si rinviene nella professionalità tramite la quale si realizza la soggezione del giudice soltanto alla legge.
Espressione di queste scelte di fondo è la regola enunciata nell'art. 1061 cost. secondo cui i giudici ordinari sono selezionati tramite concorso.
Eccezionali rispetto a questa regola sono la previsione di partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia (art. 1023 cost., valido per le Corti d'Assise in materia penale) e la possibilità di "nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli e", cioè per tutte le funzioni di cosiddetta giustizia minore.
Il modello italiano di ordinamento giudiziario si distingue da quelli che trovano attuazione negli altri paesi di analoga struttura politico-costituzionale (ed in specie da quello francese e tedesco) principalmente:

  • per il riconoscimento del potere giudiziario come autonomo ed indipendente da ogni altro potere (art. 104 cost.);
  • per la garanzia di tale autonomia ed indipendenza realizzata attraverso l'attribuzione delle funzioni amministrative, ma strumentale all'esercizio della giurisdizione, ad un organo a struttura democratica e pluralistica quale il Consiglio Superiore della Magistratura;
  • per il riconoscimento del pluralismo nell'esercizio delle funzioni giudiziarie che è implicito nell'adozione del principio di "precostituzione" del giudice (art. 25 cost.);
  • per l'esclusione di ogni gerarchia di tipo burocratico tra i "giudici" (art. 107 cost.) e di ogni dipendenza nei confronti di qualunque altra autorità che non sia quella della "legge";
- per l'attribuzione al Ministro della giustizia solo della facoltà di promuovere l'azione disciplinare e della responsabilità relativa all'organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.

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