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Limiti generali all'ammissibilità in concreto della tutela di mero accertamento


Ciò che invece la prassi giurisprudenziale ha sempre sottolineato è il fatto che il problema principale posto dalla norma di tutela in esame non consiste tanto nell'individuare l'ammissibilità in via generale, quanto nell'individuare i limiti di ammissibilità in concreto.
Ammesso che qualsiasi diritto possa essere oggetto di una domanda di mero accertamento, per poter legittimamente pretendere dal giudice una sentenza che accerti l'esistenza o l’inesistenza del diritto, non è sufficiente l'affermazione della titolarità, perché il processo è funzionale alla tutela dei diritti e quindi presuppone un bisogno di tutela che emerge (dalla violazione o) dalla contestazione.
Il filtro è costituito dall'art. 100 c.p.c. che, operante soprattutto per la tutela di mero accertamento, richiede la sussistenza di un interesse ad agire: tale requisito si pone come requisito extraformale, generalissimo, per agire in giudizio, in mancanza del quale il giudice dovrà respingere la domanda con sentenza definitiva di rito.
Il grosso problema riguardante la possibilità di individuare i limiti all'ammissibilità della tutela di mero accertamento non può comunque considerarsi risolto per il tramite della disposizione testè esaminata: l'unico riferimento all'interesse ad agire, non supportato da alcun principio direttivo, rischia di tradursi in una apertura eccessiva all'esercizio di poteri fortemente discrezionale da parte del giudice.
Sotto il profilo in esame, il disposto dell'art. 34 c.p.c. non è così risolutivo come lo è per l'attribuzione del carattere generale alla tutela di mero accertamento.
Infatti, il principio di economia dei giudizi dovrebbe consentire di escluderne l'ammissibilità ogni qual volta l'attore sia già in grado di domandare ed ottenere la più incisiva tutela di condanna.
Un altro principio generale che gioca nello stesso senso è il principio di effettività della tutela giurisdizionale: in teoria anche questo principio dovrebbe tendere ad escludere l'ammissibilità della tutela di mero accertamento ogniqualvolta l'attore possa ottenere forme di tutela più incisive.
Se dal profilo teorico si passa, però, a quello pratico, il ruolo giocato dai principi generali richiamate di segno opposto a quello prospettato: l'incertezza in ordine all'ammissibilità in via generale della condanna in futuro e della cosiddetta condanna inibitoria, la mancata previsione di misure coercitive rendono molto difficile negare che il titolare di un diritto possa avere interesse ad ottenere una sentenza che, seppur limitata al mero accertamento, costituisca almeno un punto fermo in ordine all'esistenza dei propri diritti e dei corrispondenti obblighi della controparte.
In base alle considerazioni fatte mi sembra risulti estremamente difficile, non potendo ricorrere né al diritto positivo né ai principi generali operanti nell'ordinamento, individuare un criterio direttivo idoneo a ridurre l'ampio margine di discrezionalità attribuito al magistrato nell'applicazione diretta di una norma in bianco, quale è l'art. 100 c.p.c. in tema di interesse ad agire.

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