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Elementi per un giudizio di colpevolezza: le scusanti


I fattori che incidono sulla capacità di auto-determinarsi in un caso concreto e, se presenti, possono escludere un giudizio di colpevolezza.
Può accadere che soggetti capaci e consapevoli dei precetti siano condizionati da fattori psichici straordinari tali da escludere la possibilità che si possano conformare al comportamento richiesto dal diritto.
Queste c.d. scusanti danno voce a quei processi motivazionali soggettivi che possono spingere un soggetto capace e consapevole a delinquere, abbandonando la fredda presunzione di colpevolezza data dalla presenza dei due fattori di imputabilità e scientia iuris.
Le scusanti possono riguardare:
- intensità della motivazione a delinquere, non ogni motivazione molto intensa è scusante del reato che porta a commettere.
Non è stata lasciata carta bianca ai giudici nel valutare questi casi ma si è adottato un sistema di previsione legislativa della obbiettiva situazione accompagnata da un accertamento concreto da parte del giudice del nesso motivazionale.
Così il reato di ingiuria non è punibile se commesso a seguito di un ingiustizia (obbiettiva situazione definita dal legislatore nella previsione normativa) e conseguentemente allo stato d’ira da questa comportato (nesso motivazionale che il giudice dovrà accertare).
Sono casi, questi, in cui si ritiene che il comportamento conforme al diritto non è esigibile dall’ordinamento in virtù del c.d. principio di inesigibilità.
Sempre al livello della intensità della motivazione vengono fatti ricondurre i casi di conflitto di doveri, cioè quando un soggetto si trova di fronte a un duplice obbligo e può adempiere a uno soltanto, come ad esempio il condannato con l’obbligo di firma può trovarsi nel conflitto tra il presentarsi in caserma e soccorrere un ferito.
Si deve adempiere al dovere che tutela il bene giuridico più importante, se i beni sono di ugual importanza si può scegliere.
Il reato che si compie non adempiendo ad uno degli obblighi è scusato in virtù dell’intensità motivazionale che ha spinto a compierlo, praticamente l’adempimento di quel dovere è inesigibile dall’ordinamento.
Se non prevista espressamente come scusante, l’intensità della motivazione a delinquere non può influire sulla sussistenza della colpevolezza, ma può incidere sulla commisurazione della pena;
- qualità della motivazione a delinquere, si tratta di motivazioni “positive” o “negative” oppure di motivazioni “buone” o “cattive”.
Il nostro ordinamento non ritiene che un motivo “buono” o “cattivo” possa incidere sulla possibilità di motivarsi in conformità col diritto per un soggetto capace e cosciente, bensì solo l’intensità della motivazione, e solo in alcuni rari casi, può influirvi e fungere da scusante.
In virtù di ciò nel nostro ordinamento i motivi “buoni”, ossia quelli di particolare valore sociale o morale, e quello “cattivi”, cioè quelli abbietti o futili, fungono solo, rispettivamente, da attenuanti comuni o da aggravanti comuni.

Tratto da DIRITTO PENALE: PRINCIPI E DISCIPLINA di Stefano Civitelli
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