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Il campo di applicazione dell’art. 2 c.p.


Per quanto riguarda il campo di applicazione dell’art. 2 c.p. si è sicuri riguardi tutte le norme che prevedono reati, dalle forme di manifestazione alle conseguenze punitive.
Ma esistono altre norme che incidono significativamente sulle sorti del reo prima, durante e dopo l’eventuale processo e sono:
- misure di sicurezza, cui si applica l’art. 2 c.p.
- misure di prevenzione pre-crimine, cui si applica l’art. 2 c.p.
- norme sull’esecuzione penitenziaria, cui non si applica l’art. 2 c.p.
- norme processuali, cui non si applica l’art. 2 c.p.
Per l’applicazione dell’art. 2 c.p. è fondamentale stabilire il momento esatto in cui un certo reato è stato commesso.
Tacendo il legislatore, la giurisprudenza ritiene che tale attimo è quello in cui la condotta del reo entra nella previsione della fattispecie.
Esistono anche situazioni in cui un reato richiama, nella sua fattispecie astratta, un altro reato come elemento essenziale per la sua sussistenza, come avviene ad esempio nel reato di calunnia che si ha quando un soggetto incolpa un terzo di un “reato” che non ha commesso.
In questi casi le modifiche alla fattispecie “secondaria”, cioè quella richiamata all’interno di quella “principale” su cui verte il giudizio, si può dire che, nonostante la norma incriminatrice “principale” resti immutata, ad esse si applichi l’art. 2 c.p. concedendo la retroattività delle modificazioni favorevoli al reo: se il reato di cui si accusa ingiustamente taluni viene abrogato non si può più essere incriminati di calunnia.
Infine capita spesso che alla formale abrogazione di una legge penale sussegua la promulgazione di una nuova norma in sostituzione, in tali casi assume fondamentale importanza la classificazione della nuova fattispecie come modificazione della precedente o come fattispecie a se stante definendo la vecchia come abrogata, in quanto ai due casi sono applicati commi diversi dell’art. 2 c.p. che comportano retroattività diverse.

Sono stati elaborati tre criteri di distinzione tra modificazione e abrogazione:
- criterio del fatto concreto, se il fatto costituisce reato sia con la norma precedente che con quella successiva si ha modificazione, altrimenti abrogazione.
Spesso così, però, il legislatore modifica il disvalore della vecchia norma con la nuova nonostante questa sia applicabile al fatto precedente;
- criterio della continuità del tipo di illecito, quando una norma successiva tutela lo stesso bene dallo stesso tipo di illecito si ha solo modificazione, altrimenti abrogazione.
Anche così, però, il contenuto di disvalore non assume rilevanza nella distinzione;
- criterio del rapporto strutturale, se la norma successiva comprende un sottoinsieme di situazioni comprese da quella precedente o, viceversa, comprende una categoria più ampia di cui la norma precedente costituiva un sottoinsieme, siamo di fronte a modificazione, altrimenti abrogazione.
Il perno di questo criterio è il rapporto strutturale tra le due leggi.
In questo modo è più probabile che il contenuto di disvalore sia rimasto lo stesso, pur con la possibilità di qualche eccezione.

Tratto da DIRITTO PENALE: PRINCIPI E DISCIPLINA di Stefano Civitelli
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