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Le attenuanti nei casi di violenza sessuale


Art. 609 bis3 c.p.
Tutte e quattro le figure viste di violenza sessuale sono soggette all’attenuante dei “casi di minore gravità”, in quanto gli atti sessuali di minore gravità, prima collocati nella fascia inferiore degli atti di libidine, sarebbero, a seguito dell’unificazione di congiunzione carnale e atti di libidine entro la violenza sessuale, altrimenti puniti con un minimo edittale di pena che è comunque consistente e sproporzionato (5 anni).
I problemi più gravi sono dati dalla individuazione dei “casi di minore gravità”, non potendosi riproporre l’astratta distinzione tra le tipologie di congiunzione carnale e atti di libidine.
La soluzione è una valutazione caso per caso degli aspetti oggettivi del fatto tipico.
Essendo, perciò, così legata al fatto materiale, l’attenuante, se sussiste, vale per tutti gli eventuali concorrenti.
I criteri sembrano facilmente riconducibili all’art. 133 c.p. e cioè:
- gravità dell’offesa, a cui è riconducibile la vecchia distinzione tra congiunzione carnale e atti di libidine;
- modalità della condotta;
- gravità del danno, sia fisico che psichico riportato dalla vittima;
- intensità del dolo;
- capacità a delinquere del reo.

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