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I paradossi della previdenza complementare


A conclusione della "carrellata", non può omettersi di evidenziare, sia pur per schematici accenni, alcuni aspetti, apparentemente paradossali, relativi alle varie problematiche che interessano la previdenza complementare.
Innanzitutto, la previdenza complementare in ambito comunitario si sottrae alle misure di coordinamento, che, infatti, la fonte primaria riserva esclusivamente ai sistemi nazionali di sicurezza sociale: "di base".
L'unica ipotesi di scontata applicazione della normativa del coordinamento comunitario alla previdenza complementare è quella rappresentata dai regimi complementari sostitutivi di quelli legali.
Tale impostazione implica, indubbiamente, un vuoto all'effettività del principio di libera circolazione dei lavoratori, considerata l'inapplicabilità ai regimi di previdenza complementare delle regole della totalizzazione dei periodi presi in considerazione dalle varie legislazioni nazionali e del principio di esportabilità delle prestazioni.
Va peraltro dato atto di una recente ripresa di attenzione per la materia da parte delle istituzioni comunitarie.
Già nella raccomandazione 442/92, relativa alla convergenza degli obiettivi e delle politiche sociali, il Consiglio ha invitato gli Stati membri "a favorire, qualora necessario, la messa a punto delle condizioni di acquisizione dei diritti alla pensione di quiescenza, in particolare alla pensione complementare, al fine di eliminare gli ostacoli della mobilità per i lavoratori dipendenti".
Ma l'interesse risulta più vivace soprattutto in relazione all'aspetto finanziario.
Non per nulla si sottolinea che i fondi pensione svolgono una funzione essenziale non solo per la promozione della coesione sociale, ma anche per il finanziamento dell'economia europea.
Altro aspetto che può apparire paradossale è rappresentato dal fatto che la previdenza complementare, seppure inequivoca espressione, di per sé considerata, di solidarietà sociale, ha motivo di sfuggire all'applicazione del diritto della concorrenza soltanto nelle ipotesi (invero marginali) in cui il relativo regime non sia gestito a capitalizzazione.
Ma anche in tal caso, la previdenza complementare appare poter far assegnamento su di un'altra "carta", attraverso la quale "recuperare" sui condizionamenti derivanti dal diritto della concorrenza e dalla angusta nozione di solidarietà che, almeno al proposito, appare ispirare la giurisprudenza comunitaria.
Si tratta delle ipotesi (e sono frequenti) in cui il regime complementare trovi la sua fonte nella contrattazione collettiva: i prodotti di questa, infatti, restano immuni dalle regole di concorrenza.
Infine, per quanto riguarda specificatamente il nostro Paese, una situazione nuova, sulla quale riflettere, anche a proposito del presente argomento, è certamente rappresentata dall'attribuzione della previdenza complementare, in esito alla recente riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, alla competenza legislativa concorrente delle Regioni; in qualche modo in controtendenza con le indicazioni provenienti dall'Unione europea.

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