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La tutela per il caso di invalidità


L’assicurazione generale obbligatoria protegge il lavoratore, innanzitutto, nel caso in cui medesimo subisca una menomazione della propria capacità lavorativa.
Perché sorga il diritto alla prestazione, oltre al verificarsi dell'evento dedotto l'assicurazione, è necessario che si realizzino, in capo all'interessato, determinati requisiti di anzianità assicurativa e contributiva.
Quanto al requisito biologico, la vigente disciplina distingue innanzitutto l'invalidità dalla inabilità.
È invalido il lavoratore "la cui capacità di lavoro sia ridotta in modo permanente a causa di difetto fisico o mentale a meno di 1/3".
È, invece, inabile colui "il quale si trovi nella assoluta è permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa".
Rispetto alla previgente disciplina sono stati introdotti anche un più rigoroso requisito di "attualità contributiva" (precisamente 3 anni di contribuzione nel quinquennio precedente alla domanda, anziché 1, fermo il requisito assicurativo minimo di 5 anni) e più articolata e severa procedura di revisione della permanenza delle condizioni giustificative delle prestazioni in corso di erogazione.
In altri termini, il legislatore non si accontenta del fatto che, prima del prodursi dell'evento, il rapporto assicurativo abbia avuto una determinata durata (5 anni, appunto), ma richiede anche che vi sia una contiguità temporale tra eventuale interruzione del rapporto assicurativo e verificarsi dell'evento invalidante; in difetto anche di uno solo dei suddetti requisiti "amministrativi" il diritto alla prestazione non matura.
La disciplina attualmente vigente ha accolto il principio che l'invalidità preesistente alla instaurazione del rapporto assicurativo è (il cosiddetto rischio precostituito) dà egualmente diritto alla prestazione previdenziale, purché "vi sia stato successivo aggravamento o siano sopraggiunte nuove infermità".
Le prestazioni sono differenziate per natura e regime, a seconda che si tratti di invalidità oppure di inabilità.
Nel primo caso, l'assicurato acquista il diritto all'assegno ordinario di invalidità: che è prestazione economica mensile; non reversibile ai superstiti; temporanea (salva conferma periodica triennale e definitiva attribuzione dopo la terza conferma); commutabile in pensione di vecchiaia al compimento dell'età pensionabile.
Nel secondo caso, viene erogata la pensione ordinaria di inabilità: che è prestazione reversibile ai superstiti; di importo determinato in base a criteri diretti a favorire le forme più precoci di inabilità; incompatibile totalmente con ogni forma di retribuzione e compatibile solo parzialmente con la rendita da infortunio sul lavoro.
La rinunzia alla retribuzione ed ad ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della stessa è, peraltro, semplice condizione di erogabilità del trattamento stesso, in relazione ad un diritto già sorto è riconosciuto per effetto dei soli requisiti medico legale e contributivo: il che significa che l'eventuale reddito da lavoro sospende il diritto alla prestazione, non lo estingue.
Il pensionato acquista, inoltre, titolo alla prestazione aggiuntiva, denominata assegno mensile per l'assistenza personale e continuativa, quando si trovi nell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore, ovvero non sia in grado di compiere gli atti quotidiani della vita senza una assistenza continua.
A conferma del trattamento privilegiato che l'ordinamento riserva nel caso in cui l'evento protetto derivi dallo svolgimento dell'attività lavorativa (causa di servizio), la legge stabilisce che, quando l'invalidità o l'inabilità risultino "in rapporto causale diretto con finalità di servizio", competono all'assicurato, anche in assenza dei requisiti minimi di assicurazione e contribuzione, rispettivamente, l’assegno privilegiato di invalidità e la pensione privilegiata di inabilità.

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