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L'indennità di maternità e il trattamento parentale


Si può ora passare a considerare la tutela economica che la legge riconosce alle lavoratrici subordinate in caso di sospensione del lavoro per gravidanza e puerperio.
Detta tutela si concretizza nell'indennità di maternità, la quale stata sempre disciplinata unitamente alle forme di tutela contro le malattie comuni, in quanto diretta su venire una temporanea limitazione della capacità di produrre reddito.
La legge di istituzione del Servizio sanitario nazionale ha trasferito all'INPS il compito di erogare anche la suddetta indennità.
La prestazione non richiede requisiti minimi di assicurazione contribuzione, essendo sufficiente che rapporto di lavoro sia già in atto al momento in cui inizia il periodo di astensione obbligatoria.
Il periodo di godimento del trattamento economico in questione è considerato utile ai fini del diritto e della misura della pensione e: in altri termini, anche all'indennità di maternità accede, come prestazione accessoria, la contribuzione figurativa.
Nel settore del lavoro subordinato in regime di diritto privato l'indennità è anticipata dal datore di lavoro, che poi conguaglia e relativo importo con i contributi dovuti all'INPS.
Negli altri settori, l'INPS provvede direttamente.
Per il primo anno di vita del bambino la lavoratrice madre ha, inoltre, diritto a 2 ore giornaliere di permesso cosiddetto di allattamento, equiparato, a tutti gli effetti, a ore lavorate.
La relativa indennità, pari all'intero ammontare della corrispondente retribuzione, è a carico dell'ente previdenziale.
Sono tutelate anche le lavoratrici sospese, assenti dal lavoro o disoccupate, purché il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro abbia inizio dopo che sia decorso un termine non superiore a 180 giorni.
Il diritto di assentarsi dal lavoro per il periodo di astensione facoltativa, con relativo indennizzo, nonché durante le malattie del bambino di età inferiore a 3 anni, e, comunque, nei primi 8 anni di vita del bambino, è ora riconosciuto anche al padre lavoratore, in alternativa alla madre lavoratrice.
E, in casi eccezionali, anche il padre può avere diritto all'astensione obbligatoria, per i primi 3 mesi di vita del bambino, e al relativo trattamento economico.
A decorrere dal 1° gennaio 1988, è stata introdotta una indennità economica di gravidanza e puerperio anche a favore delle lavoratrici autonome.
Per tutto il periodo di astensione obbligatoria da lavoro compete alla lavoratrice madre un'indennità giornaliera pari al 80% della retribuzione globale media giornaliera percepita nel periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto in epoca immediatamente precedente a quella nel corso della quale ha avuto inizio l'astensione obbligatoria dal lavoro per maternità (ma molti contratti collettivi ne dispongono l’integrazione da parte del datore di lavoro fino al 100%).
Invece, per il periodo di astensione facoltativa la lavoratrice madre ha diritto ad un'indennità giornaliera pari al 30% della retribuzione.
Completa il quadro la disciplina dei cosiddetti congedi parentali.
Ai genitori di portatori di case handicap è riconosciuto il diritto di astenersi dal lavoro (fino ad un massimo di 11 mesi, cumulando le assenze di entrambe i genitori) e, per tutta la durata di tale astensione, il diritto ad una indennità corrispondente al 30% dell'ultima retribuzione, anticipata dal datore di lavoro e conguagliata con l'ammontare dei contributi dovuti all'ente previdenziale competente, nonché alla contribuzione figurativa.

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