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Dalla R&S all’innovazione


Nonostante l’obiettivo dell’UE sia quello di unificazione economica, tra le varie regioni dell’UE rimane una significativa disparità, che ha indotta a degli studi riguardo la tecnologia e l’innovazione, per spiegare la mancata convergenza in queste regioni.
Tutti sono d’accordo nel ritenere che questi fattori sono la chiave del’innovazione e crescita economica perché l’investimento in R&S è la strategia fondamentale per raggiungere alti standard di tecnologia nelle regioni e nelle imprese; quindi più alti livelli di reddito e crescita, anche se non tutte le aree hanno la stessa capacità di raggiungere risultati significativi.
La questione è se queste politiche siano opportune nelle regioni periferiche. In particolare:
• Modello neoclassico di Solow: ritiene che la crescita della produttività sia una conseguenza dell'aumento della quantità di capitale per ogni lavoratore disposto a lavorare. Però all’aumento del capitale per ogni lavoratore diminuisce la sua produttività marginale, a causa della diminuzione dei rendimenti del capitale e con essa la possibilità di incrementi nel rapporto K/L. il risultato che si prevede è una convergenza tra regioni e paesi e quindi gli investimenti aggiuntivi nelle regioni centrali non sono più efficaci mentre si opta per quelli nelle regioni periferiche.
Questa teoria è stata criticata dagli studiosi che mettono in evidenza la necessità di introdurre la tecnologia come fattore endogeno che alimenta la crescita economica. Secondo loro i rendimenti relativi agli investimenti aumentano grazie alla tecnologia.Le regioni centrali maggiormente sviluppati hanno + capacità di generare innovazioni rispetto alle periferiche perchè godono di un'appropriata capacità di apprendimento che permette loro di trasformare il loro investimento in R & S in tecnologie innovative nel modo più appropriato.
Uno dei problemi è che le attività di R&S sono piuttosto care e richiedono tempi relativamente lunghi prima di generare progresso tecnologico e crescita economica. Per le regioni periferiche la spesa in R&S può avere solo un leggero impatto sul loro progresso economico. Anche la mancanza delle necessarie condizioni socio-economiche in grado di generare innovazione genera dubbi su queste politiche.
Rodriguez parla di FILTRI SOCIALI che danno a ogni regione una diversa capacità di trasformare le attività di R&S in attività economiche, in modo da avere:
- società propensa all'innovazione, capaci di trasformare la loro R&S in innovazione e crescita;
- società avverse all'innovazione che non riescono in questa innovazione. La presenza di lavoratori specializzati è il meccanismo + idoneo per la trasmissione di conoscenza rispetto alla ricerca universitaria o industriale. La situazione del mercato del lavoro è fattore che influenza il processo di innovazione perchè bassi livelli di occupazione e di attività sono caratteristiche delle società avverse all'innovazione.
Anche la struttura economica di 1 regione è basilare: una regione prevalentemente agricola è meno propensa all'innovazione anche perchè l'agricoltura non tende a essere innovativa come in altri settori. E' difficile concludere se le regioni periferiche devono investire in R e S.
Vi sono 2 fasi:
1° fase diretta a stabilire una relazione tra investimento in R&S e l'innovazione nei settori privati, pubblici e dell'altra formazione.
2° fase analizza l'impatto dell'innovazione sulla crescita economica.
L’analisi è ambientata negli anni 90, che hanno visto la nascita della “New Economy”: economia che utilizza in modo intensivo la nuova tecnologia innovativa: quindi il motore della crescita economica è rappresentato da innovazione e professionalità tecnologica.
Da un punto di vista politico gli anni 90 registrano un ulteriore passo verso il processo europeo di integrazione economica e politica; i trattati di Maastricht e Amsterdam hanno segnato la creazione di una UE come entità politica, il passo verso una unione economica e monetaria, e l’aumento delle risorse allocate nei Fondi strutturali, soprattutto per assistere le regioni periferiche. I dati utilizzati nell’analisi provengono dal database EUROSTAT. Ma bisogna premettere che se le informazioni a livello nazionale sono soddisfacenti, a livello regionale non esistono o sono incomplete. Ciò fa si che l’analisi non possa essere dettagliata e molti studi che mettono a confronto le diverse regioni sono solo un tentativo. Comunque i risultati delle analisi hanno indicato che c’è una correlazione positiva tra il livello iniziale di ricchezza, di competenze, dei settori ad alta tecnologia di una regione e la loro capacità di produrre brevetti.
Ciò si spiega col fatto che le regioni maggiormente sviluppate hanno una adeguata capacità di apprendimento che permette sia di trasformare i loro investimenti in R&S in innovazione si di utilizzare la tecnologia esterna.
Però non tutti i settori di ricerca sono produttivi. La ricerca fatta nel settore privato presenta tassi di rendimento più elevato rispetto alla ricerca in altri settori. Questo anche perché la ricerca finanziata dai privati è più una ricerca applicata, più orientata al mercato e poiché l’innovazione è misurata dal n° di brevetti che hanno un forte orientamento verso il mercato.
I risultati sono diversi quando si distinguono le regioni periferiche da quelle non periferiche. Per queste ultime, la ricerca finanziata dai privati è il motore principale dell’innovazione. Per quelle periferiche, oltre alla ricerca privata, vi è quella condotta nelle università che porta al raggiungimento di rendimenti positivi in grado di generare innovazioni forse perché la ricerca universitaria ha un ruolo fondamentale nelle regioni periferiche.
Comunque in entrambi i casi la R&S pubblica sembra non contribuire effettivamente all’innovazione, forse perché la ricerca pubblica tende a essere una ricerca di base e produce minori effetti sul numero di brevetti. L’analisi ha dimostrato anche che l’investimento in R&S ha un impatto sull’innovazione condizionato dalle condizioni socio economiche della regione, soprattutto l’effetto negativo deriva dall’esistenza di una popolazione poco istruita e ciò spiega le modeste innovazioni.

Tratto da POLITICA ECONOMICA di Alessandro Remigio
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