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Regole attinenti alla determinazione del costo dei beni relativi all’impresa. Art.110 c.1.


Il costo è un valore che il bene assume al momento del suo ingresso nel patrimonio dell’impresa, e che è destinato a conservare sino alla sua uscita dal patrimonio medesimo, in guisa da fornire il parametro di riferimento per la quantificazione della variazione intervenuta nella entità di detto patrimonio.
Il costo non è immutabile. Ogni sua variazione de però essere il prodotto, o di un investimento aggiuntivo sul medesimo cespite, o di un fatto cui la normativa ricollega la capacità di dare luogo a componenti positivi o negativi di reddito.
A volte però la rilevanza ai fini impositivi dei mutamenti dei valori fiscalmente riconosciuti si esprimono all’interno di regimi sostitutivi (con aliquota agevolata). Ne sono un esempio le leggi di rivalutazione. Queste discipline sono fattori di flessibilità del sistema, perché permettono di riallineare, dietro pagamento dell’imposta sostitutiva, il valore civile col valore fiscale.
Art.110 c.1
Lett.a): stabilisce che il costo deve essere al lordo dell’ammortamento già dedotto. Questo serve solo per non andare ad influire sul calcolo delle quote d’ammortamento dei futuri esercizi che dovranno sempre riferirsi al costo senza tenere in conto gli ammortamenti.
Lett.b): nel costo sono compresi gli oneri accessori di diretta imputazione, e cioè tutte quelle spese che sono sostenute in connessione all’acquisto del bene, sia nella sua fase propriamente negoziale sia nella sua fase esecutiva. Tali spese sono infatti di competenza di tutti gli esercizi in cui il bene entra nel ciclo produttivo e non solo nell’esercizio in cui sono sostenute.
Art.96: non sono comprensive nel costo le spese generali e gli interessi passivi.
Deroghe:
- per i beni materiali e immateriali strumentali in cui si inseriscono anche gli interessi passivi  iscritti in bilancio per effetto di disposizioni di legge.
- immobili prodotti internamente: si inseriscono tra i costi gli interessi passivi per i prestiti contratti per la loro costruzione o ristrutturazione.
Lett.c): le plusvalenze iscritte, non partecipando di regola alla formazione del reddito, non determinano un incremento del costo, salvo quando sono escluse dalla formazione del reddito in base a specifiche disposizioni di legge. L’ininfluenza sul costo delle plusvalenze iscritte non si estende alla generalità dei beni relativi all’impresa. Non riguarda infatti i beni-merce in senso stretto e, tra i beni-merce per assimilazione, le obbligazioni e i titoli similari. Le plusvalenze iscritte sulle partecipazioni sociali e sui titoli assimilati non incidono, invece, sul costo, anche se questi beni non costituiscono immobilizzazioni finanziarie. La legge finanziaria per il 2008 ha modificato le regole per le società che applicano i principi contabili internazionali. In questo caso le plusvalenze e le minusvalenze relative alle obbligazioni e ai titoli similari concorrono alla formazione del reddito dell’esercizio solo se non sono immobilizzazioni finanziarie. In caso contrario saranno ininfluenti sull’imponibile.
Costo dei beni acquistati: il nucleo centrale del costo è costituito dal valore del corrispettivo, e cioè dalla somma di denaro pagata, ovvero dal valore normale del bene dato in permuta più o meno l’eventuale conguaglio in denaro.
Se il corrispettivo riguarda indistintamente un insieme di attività, o un complesso di attività e passività, la distribuzione del prezzo di acquisto tra gli elementi in questione deve essere fatta in base ad una ragionevole stima dei rispettivi valori economici. Se invece ci sono i presupposti per l’applicazione del transfer price, il costo del bene sarà costituito dal suo valore normale al momento dell’operazione.
Art.65 c.3 bis: disciplina, limitatamente ai beni strumentali, l’immissione nella sfera aziendale di beni provenienti dalla sfera privata. È in questo caso rilevante il costo sostenuto dall’imprenditore nel momento del loro acquisto. Per gli altri beni non c’è una disciplina specifica e continua a profilarsi l’alternativa tra valorizzazione al costo o al valore normale. Sembra migliore la seconda alternativa perché permette di assoggettare alla normativa sui redditi solo gli incrementi e i decrementi di valore che si verificano successivamente all’ingrasso dei beni nella sfera aziendale.
La trasformazione, la fusione e la scissione della società non causano alcuna rottura nel legame intercorrente tra bene e patrimonio aziendale e quindi non sono idonee a provocare dei mutamenti nel costo dei beni.
Costo dei beni autoprodotti: il nucleo centrale del costo è da individuare applicando le pertinenti regole contabili. È composto dalla somma di tutti i costi direttamente imputabili alla sua fabbricazione, come le quote di ammortamento dei beni strumentali e i costi delle materie prime e sussidiarie, dei servizi, della mano d’opera utilizzata nella produzione e nella integrazione del bene nel ciclo produttivo.
Violazioni delle regole appena illustrate: si presentano due casi:
- il contribuente imputi integralmente all’esercizio di sostenimento spese ed oneri che la legge gli prescrive di capitalizzare. In questo caso l’Ufficio può rettificare la dichiarazione del contribuente perché la deduzione di quelle spese e di quei costi deve essere giudicata illegittima.
- Il contribuente capitalizzi, aggregando il loro importo al costo, spese ed oneri che la legge gli impone di dedurre integralmente nel predetto esercizio, e comunque di considerare autonomamente. In questo caso l’Ufficio può ridurre il costo attribuito al bene, e può quindi rettificare le dichiarazioni relative agli esercizi in cui compaiono elementi di reddito la cui quantificazione è stata condizionata dalla maggiorazione del costo, ricalcolando gli stessi sulla base del costo corretto.

Tratto da MANUALE DI DIRITTO TRIBUTARIO di Andrea Balla
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