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Gli accantonamenti a fondi


Consentono di anticipare l’imputazione temporale di ben individuati componenti negativi, spostandola dall’esercizio in cui sorge il debito, o si produce la perdita, a quello in cui si realizza un evento che consente di valutare come certo o probabile il decremento patrimoniale, che però resta incerto sotto il profilo del quantum o sotto quello del quando.
Gli accantonamenti ai fondi vengono stanziati ai fini di una corretta determinazione del risultato dell’esercizio secondo il principio di prudenza, e vanno distinti nettamente da eventuali accantonamenti di utili.
Il legislatore ha stabilito dei tetti massimi alla deducibilità nel calcolo del reddito d’impresa di determinati accantonamenti imputati al conto economico, in modo da precludere la nascita di controversie tra Fisco e contribuenti. Da un altro punto di vista ha invece optato per escludere la rilevanza di accantonamenti diversi da quelli espressamente regolati.
Tra gli accantonamenti previsti vengono anzitutto in rilievo quelli ai fondi per indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente, tutti deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio. Questi accantonamenti si differenziano dagli altri per riferirsi a debiti certi sia nell’an che nel quantum.
Dato che i fondi sono costituiti a fronte di spese di ammontare incerto, è possibile che si verifichino degli scarti fra gli importi dei fondi e le spese a fronte delle quali sono stati effettuati gli accantonamenti; se la differenza tra i primi e i secondi risulta di segno positivo, si origina una sopravvenienza attiva.
L’adozione dei PCI può precludere l’effettuazione di alcuni accantonamenti previsti in precedenza.

Tratto da MANUALE DI DIRITTO TRIBUTARIO di Andrea Balla
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