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L’assemblea dei soci


Dobbiamo ancora dare uno sguardo all’Organo dei soci, e quindi all’Assemblea di società a responsabilità limitata.
Il tema dell’assemblea nell’ambito delle spa e delle srl, grosso modo viene trattato sotto tre profili fondamentali:
- Il profilo delle competenze dell’Assemblea;
- Il profilo del procedimento assembleare;
- Il profilo che potremmo chiamare della patologia, dell'invalidità delle deliberazioni assembleari.
Ora il prof si soffermerà su alcuni profili che sono peculiari delle Srl.
Se si esamina la dottrina soprattutto la dottrina un pochino più risalente, in tema di assemblea di S.p.A., un interrogativo che normalmente si pone è questo: l'assemblea della S.p.A. è un organo sovrano? A prima vista la risposta sembrerebbe essere positiva, l'assemblea è l'espressione dei soci e sostanzialmente l'espressione di coloro che dovrebbero essere al primo posto diciamo nella gerarchia del potere nell'ambito della società per azioni. Quindi la risposta potrebbe essere "si certo l'assemblea è l'organo sovrano"; e l'organo di vertice e al disotto si pone l'organo amministrativo. Questa risposta è sicuramente corretta se si prende in considerazione la disciplina, l'organizzazione della S.p.A. delineata dal codice di commercio del 1882. Se prendiamo in considerazione il cosiddetto modello ottocentesco della S.p.A. o come si chiamava allora, sicuramente l'assemblea era l'organo e gli amministratori erano visti come un organo esecutivo della volontà assembleare. L'evoluzione della disciplina della S.p.A. da fine ottocento in avanti che poi in gran misura e l'evoluzione dello stesso capitalismo, società per azioni e capitalismo sono realtà strettamente collegate: la società per azioni è lo strumento che ha usato il capitalismo, bene l'evoluzione della struttura interna della S.p.A. nella prassi è stata proprio quella di una sorta di affrancamento dell'organo gestorio all'assemblea. Fino ad arrivare al codice del 1942, che il prof direbbe che in misura ancora più netta alla riforma societaria, gli pare che la riforma societaria sotto questo profilo ha accentuato quello che era già la soluzione dato dal codice del 1942, laddove assemblea e organo amministrativo vengono poste entrambe al vertice della struttura della società per azioni come organi se vogliamo, nei loro ambiti sovrani; nel senso che l'assemblea aveva dei compiti, ha dei compiti molto importanti: di nomina dei componenti degli altri organi e soprattutto degli amministratori e di controllo sul loro operato, ma la gestione della società spetta esclusivamente agli amministratori. Ricordiamo quello che si diceva parlando della S.r.l. facendo un parallelo con l'S.p.A., nelle S.p.A. abbiamo una nettissima distinzione di ruolo tra assemblea e organo amministrativo. L'assemblea ha questi tanti e importantissimi compiti di nomina, di controllo ma non gestisce, l'assemblea non gestisce l'impresa sociale, gli amministratori sono in via esclusiva i gestori dell'impresa sociale; con la conseguenza che l'assemblea non può dare direttive sulla gestione agli amministratori.
Adesso il prof ripropone la stessa domanda nell'ambito delle Srl, l'assemblea nell'ambito delle Srl è l'organo sovrano? Qui, se ricordiamo quello che si diceva a proposito dei soci gestori, la risposta crede (il prof) vada articolata. Non può essere una risposta secca. Bisogna distinguere, bisogna valutare le scelte effettuate dai soci nell'atto costitutivo; se l'assemblea viene attuata in conformità a quanto prevede il legislatore, l'assemblea non è l'organo sovrano, perché il legislatore disegna i rapporti tra assemblea e amministratori sostanzialmente nello stesso modo in cui li disegna nell'ambito della S.p.A. Anche qui l'assemblea ha il compito di nomina e di controllo, mentre la gestione spetta esclusivamente agli amministratori. Stando al disegno legislativo l'assemblea delle Srl ha praticamente lo stesso ruolo dell'assemblea del S.p.A.: organo di nomina e  di controllo, non organo gestorio. C'è una differenza notevolissima con la S.p.A.; nell'ambito delle S.p.A. questo sistema è inderogabile, qui ( nelle srl) è derogabile dai soci. Quindi i soci possono creare un'assemblea gestoria, possono attribuire all’ assemblea ampi, amplissimi poteri gestori sottraendoli agli amministratori. A questo punto di fronte un'assemblea con ampi, amplissimi poteri gestori di fronte ad amministratori che abbiano competenze gestorie ridotte e quindi in gran parte si limitino ad eseguire le semplici decisioni dell'assemblea, in questo caso per volontà dei soci ci troviamo di fronte alla possibilità di un'assemblea gestoria sovrana ed ad amministratori sostanzialmente ridotti al ruolo di esecutori della volontà dell'assemblea. Questo è un primo rilevantissimo profilo di differenza tra la società per azioni e la S.r.l.: la possibilità di avere un'assemblea gestoria con ampi poteri gestori e quindi degli amministratori esecutori dell'ampia volontà dell'assemblea. Gli unici compiti non sottraibili agli amministratori sono pochissimi, sono:
- La redazione del progetto di bilancio;
- La redazione del progetto di scissione e diffusione.
Tutte le altre competenze possono essere sottratte agli amministratori ed attribuite all'assemblea o anche, se ricordate, ai singoli soci come diritti particolari.
Un secondo profilo, qui passiamo agli aspetti procedurali, riguarda le modalità di svolgimento dell'assemblea dei soci o meglio le modalità con cui i soci possono assumere le loro decisioni. Nell'ambito delle S.p.A. troviamo un modello rigido che è quello delle deliberazioni collegiali; il prof ci ricorda che ha già cercato di illustrare questo profilo, deliberazioni collegiali vuol dire deliberazione adottata previo convocazione di tutti i legittimati, in questo caso di tutti i soci, da parte dell'organo amministrativo in un certo luogo il certo tempo. Quindi l'assemblea delibera in presenza di una convocazione presso un certo luogo, in un certo momento e con un certo ordine del giorno. Poi il prof, pensa, di averci anche detto che il principio di collegialità è rispettato anche qualora non vi sia la presenza fisica dei soci ma la presenza solamente virtuale attraverso i mezzi di video e telecomunicazione.
Nell'ambito delle S.r.l., lo abbiamo già visto per gli amministratori, anche per i soci vi è la possibilità di adottare forma di formazione della volontà sociale diverse dall'applicazione del principio di collegialità. È la cosiddetta collegialità attenuata o come si esprime il legislatore la raccolta del consenso attraverso la consultazione scritta o il consenso espresso per iscritto. Il legislatore parla appunto di consultazione scritta o di consenso espresso per iscritto. È quello che viene anche denominato metodo referendario, cioè la possibilità di esprimere la volontà dei soci senza una previa convocazione, quindi senza la cosiddetta unità spazio temporale, ma attraverso la raccolta del consenso separatamente nel tempo e nello spazio. Consenso, questo è molto importante, che deve essere raccolto interpellando tutti i soci; quindi deve essere effettuata la raccolta attraverso l'interpello di tutti i soci.
I metodi alternativi rispetto a quello collegiale, i metodi della consultazione scritta o del consenso espresso per iscritto, danno luogo certamente ad una semplificazione: è possibile in questo modo evitare la convocazione, è possibile in questo modo raccogliere i consenso tra persone non presenti che sono in luoghi diversi, in tempi diversi. E in questo senso possono essere degli strumenti sicuramente utili di semplificazione. Il prof non sapeva fossero strumenti anche divertenti, ma gli pare di si. Il problema o la serie di problemi che però si pongono, non sono di poco conto e richiedono a chi redige lo statuto una particolare attenzione. Perché? perché il legislatore ha da un lato creato una serie, gli pare al prof, di inutili complicazioni e dall'altro ha lasciato in bianco tutto l'iter della procedura. Siccome il tema è assolutamente aggrovigliato ci fa un esempio così possiamo constatare quali possono essere alcuni problemi. Comunque di seguito vi scrivo l'esempio esemplificativo che il prof ci regala:
Immaginiamo che si debba convocare l'assemblea per l'approvazione del bilancio, quindi convocazione necessaria almeno una volta all'anno e assolutamente appartenente alla ordinaria amministrazione. Convocazione di tipo collegiale, supponiamo che vi siano 10 soci e immaginiamo che ci sia un consiglio di amministrazione di tre amministratori non soci, e allora che cosa si fa? Si deve radunare il consiglio di amministrazione ed è il consiglio di amministrazione che delibera la convocazione dei soci fissando un luogo, per esempio la sede della società, un tempo che deve essere ad una certa distanza dal giorno in cui si riceve la comunicazione, un’ora  un ordine del giorno che riporta ad esempio: -comunicazioni del presidente,-approvazione del bilancio,-varie ed eventuali. Ci saranno dei soci che andranno all'assemblea, ci saranno dei soci magari impediti (ad andare), ci saranno dei soci che in assemblea voteranno a favore, dei soci che voteranno contro e dei soci astenuti; alla fine se la maggioranza, che ovviamente è una maggioranza in base alla partecipazione, è ottenuta il presidente dell'assemblea proclamerà una deliberazione. Quindi il presidente dell'assemblea illustrerà le linee del bilancio, darà la parola a chi vuole intervenire, aprirà le votazioni e una volta terminate le operazioni di voto proclamerà il risultato e dirà se la deliberazione è approvata oppure no. Poi il verbale viene redatto e viene poi iscritto nel registro, nel particolare libro dei verbali e delle deliberazioni dell'assemblea;poiché è un verbale di approvazione del bilancio è soggetto a pubblicità e  deve essere trasmesso/trascritto presso il registro delle imprese.
Immaginiamo che la stessa cosa venga effettuata attraverso la tecnica della consultazione scritta e immaginiamo che l'atto costitutivo si limiti a prevederlo, perché il prof si è dimenticato di dirci una cosa: se lato costitutivo non dice nulla la regola è quella della collegialità; perché si applicano le tecniche semplificate della consultazione scritta, di consenso espresso per iscritto occorre una clausola statutaria in questo senso. Quindi immaginiamo una clausola statutaria che consenta questo tipo di meccanismo senza però dire nulla. Proviamo a porci qualche domanda, qualche problema operativo. Qui non si tratta di convocare l'assemblea, si tratta di effettuare una sorta di consultazione scritta probabilmente sarà il consiglio di amministrazione e quindi il consiglio di amministrazione incaricherà il presidente di trasmettere ai soci la richiesta di prende posizione di approvare o provare il bilancio. Quindi il presidente del consiglio di amministrazione invierà probabilmente a ciascun socio il bilancio e invierà a questa richiesta di esprimere il loro voto. Bisogna ricordarsi che il legislatore impone che la consultazione avvenga per iscritto e quindi la risposta, l'espressione del voto, deve essere scritta e quindi bisogna ricordare ai soci che non è sufficiente che telefonino o dicano al presidente qual'è il loro voto, devono mettere per iscritto. E lo trasmettono a chi? Al presidente probabilmente, con quale mezzo? Se non è previsto con una lettera, con una lettera a mano, un fax, un e-mail……..? E ancora quali sono i tempi, la consultazione non può essere aperta senza un limite di tempo e quindi bisognerà dare ai soci un termine oltre il quale la consultazione si intende chiusa, un termine finale magari anche un termine iniziale; cosa succede se un socio non ha espresso la sua adesione, il suo voto pro o contro nel termine indicato? Quel socio come si considera? Assente? Dissenziente? Astenuto? È se un socio particolarmente veloce nel decidere, esprime il voto per esempio esprime un voto favorevole e poi prima che scatti il termine che scada il termine cambia idea, perché ha incontrato altri soci che lo hanno convinto che quel bilancio ha dei grossi elementi di criticità, può prima del termine revocare il proprio voto ed esprimere un voto diverso? Alle deliberazione dell'assemblea partecipano gli amministratori, cui ovviamente gli amministratori non sono presenti, se i soci vogliono avere ulteriori informazioni dovranno chiedere al presidente o agli altri amministratori; alle deliberazioni dell'assemblea partecipano i sindaci, i sindaci sono totalmente tagliati fuori da questa procedura? Oppure quando viene viene messa in moto questa raccolta del consenso il presidente del consiglio di amministrazione deve dare informazione sul fatto che si raccolga il consenso anche ai sindaci? una volta il consenso è pervenuto al presidente del consiglio di amministrazione che cosa succede? Come si fa a sapere qual è l'esito della votazione? Si deve creare una comunicazione a tutti i soci, ai sindaci in cui si dice qual è l'esito? Probabilmente si. E il verbale? Il verbale è un elemento essenziale. Come si redige il verbale? Chi redige il verbale? cosa dice il verbale? Chi lo scrive? I voti dati per iscritto quindi le consultazioni, vanno allegate al verbale? Possono far sorridere queste cose, ma ci assicura che quando ci si trova davanti a questi problemi, davanti ad un contenzioso ad un'impugnativa della deliberazione perché si dice che la deliberazione è viziata, questi problemi diventano rilevanti. Tant’è che al prof viene un dubbio sul fatto che questa sia una semplificazione e si chiede se in tanti casi non sia molto più semplice procedere con gli schemi della deliberazione collegiale. Ci ricorda ora un fatto personale in modo da legarlo un po' a quanto detto: chi è stato chiesto di illustrare in un contesto pubblicistico, quindi in un contesto di ente pubblico che aveva delle partecipazioni in srl, di illustrare queste modalità diverse dalla collegialità perché appunto questo ente pubblico doveva porre in essere start-up in diverse società e quindi si preoccupava di redigere l'atto costitutivo nel miglior modo possibile. Un problema era proprio questo della collegialità piena o della collegialità attenuata volendo semplificare l'orientamento, lui parlava agli uffici legali di questo ente pubblico, era quello di utilizzare la collegialità semplificata e quindi in sostanza gli avevano chiesto di illustrare il meccanismo della collegialità semplificata. E lui l’ha illustrato! Ha illustrato tutti problemi e il risultato è stato che alla fine tutti sono stati d'accordo e hanno stabilito di utilizzare la collegialità tradizionale, nessuno ha inserito il sistema semplificato perché tutti hanno capito che è talmente complicato che forse è più semplice quello tradizionale. Poi il prof di certo non esagerare che potrebbe darsi che in alcuni casi funzioni bene, ma in quelli visti da lui creano più problemi di quanti ne abbia risolti. Anche perché ha lasciato alla fine l'aspetto più insidioso, cioè il legislatore non solo non ha fornito elementi per delineare questo iter, ma tutto sommato basta un po’ di buona  volontà e tutti i problemi che ci ha illustrato possono essere risolti in una clausola statutaria e i Notai hanno già predisposto delle clausole molto articolate che risolvono questi problemi. Però il legislatore ci ha messo un po’ del suo e ha creato qualche notevole e ulteriore difficoltà e questa è più difficile da risolvere. Perche? Il modello qui è sicuramente quello Francese e in alcune parti si vede proprio che la norma italiana è quasi una traduzione delle norme Francesi. Però il legislatore Francese è stato molto più magnanimo e ha consentito queste modalità alternative in tutti i casi, o quasi tutti i casi. Invece il legislatore italiano ha messo due paletti che sono abbastanza problematici.
Un primo paletto sta nell’oggetto della deliberazione, cioè non tutte le deliberazioni assembleari possono essere adottate con il metodo della collegialità attenuata. Vale la collegialità piena, quindi la deliberazione assembleare e la convocazione dei soci nel caso delle deliberazioni che abbiano per oggetto modifica dell’atto costitutivo. Fin qui la scelta legislativa è abbastanza comprensibile, sono modificazioni di notevole rilievo che richiedono un verbale notarile e quindi si richiede la collegialità piena ovvero la presenza contestuale dei soci. Non è neanche difficile quando una deliberazione modifica l’atto costitutivo.
Molto più insidiosa è l’ulteriore riserva sulla collegialità applicata a quelle strane  competenze assembleari di cui ci siamo già occupati e cioè quelle operazioni, quelle scelte gestionali attribuite all’assemblea quando hanno  un particolare intento, cioè di modificare sostanzialmente l’oggetto sociale e quindi l’attività della società oppure di modificare in modo rilevante i diritti particolari dei soci. Ora capite che quando una scelta gestionale viene sottratta ai soci, agli amministratori e attribuita all’assemblea perché ha questa influenza indiretta o sull’oggetto sociale o sui diritti particolari dei soci è veramente difficile. Detto in termini molto terra terra, nessuno sa con esattezza quale siano queste scelte. Il legislatore prevede che in questo caso valga la collegialità piena, competenza dell'assemblea è competenza a collegialità piena. Il che vuol dire che di fronte ad alcune scelte che non si sa bene quale siano, l’eventuale uso della collegialità attenuata significa deliberare in modo non corretto e quindi porre in essere una deliberazione non valida. Il professore si permetteva di suggerire, siccome poi i casi dubbi sulla necessaria collegialità piena o possibilità di collegialità attenuata ce ne sono anche altre che non ci sta ad illustrare, si permette di suggerire si vuole introdurre la collegialità attenuata di imitarla a dei casi certi. Quindi per esempio dire che la collegialità attenuata valga per l'approvazione del bilancio, la nomina degli amministratori, dei sindaci o dei revisori, almeno sono delle competenze che certamente possono essere adottate a collegialità attenuata e dire che in tutti gli altri casi vale la collegialità piena.
Un'altra insidia che il legislatore ha introdotto, il professore direbbe un'altra vera complicazione, è il diritto indisponibile, pensa il prof poiché il legislatore dice “in ogni caso” , il diritto attribuito a ogni singolo amministratore oppure a tanti soci che rappresentino un terzo del capitale sociale di richiedere la collegialità piena anche se lo statuto, l'atto costitutivo, prevede la collegialità attenuata. Quindi ciascun amministratore può imporre che una certa decisione sia presa a collegialità piena oppure tanti soci che rappresentino il 33% del capitale sociale possono imporre questa scelta. Il che complica. Se torniamo al nostro discorso, all'iter che ci ha proposto, in realtà non va bene perché c'è ancora questa possibilità, allora è chiaro che se c’è una convocazione o meglio se c'è l'apertura di questa procedura da parte del Consiglio è da sperare che se c'è qualche amministratore che vuole la collegialità piena lo dica subito; ma nulla esclude che un amministratore cambi idea ad un certo punto richieda la collegialità piena, come nulla esclude che i soci che rappresentano un terzo del capitale sociale possano imporre la collegialità piena. Quindi l’iter diventa più complicato; ritorniamo al nostro esempio. Il presidente manda ai nostri 10 soci una bella e-mail con il bilancio e la richiesta di esprimersi entro 10 giorni ed a un certo punto un amministratore alza il ditino o i soci che rappresentano il 33% del capitale sociale, allora bisogna interrompere tutto, si blocca tutto. Gli eventuali voti dati dopo non contano, i voti dati prima non contano e bisogna convocare l'assemblea. Quindi questo va ancora a complicare la cosa, che al professore gli sembra abbastanza inutile.
Vediamo ora l'ultimo profilo, cioè quello della patologia.
La disciplina delle Srl è abbastanza simile a quella del S.p.A., per non dire che è molto simile, con qualche variante alcun un po' strane altre più facili da giustificare. Nell'ambito delle S.p.A. e delle Srl il legislatore della riforma è intervenuto in modo massiccio e ha sostanzialmente perseguito in maniera più accentuata una finalità che era già ben presente nel sistema anteriore. E cioè la finalità di mantenere in vita le deliberazioni assembleari nel maggior numero di casi possibili. E quindi di ridurre le ipotesi in cui la deliberazione dovesse essere “cancellata” ad ipotesi più circoscritte possibili. Il professore afferma che noi ricordiamo loro studio del diritto privato, che di fronte ad un contratto, il discorso vale anche per gli atti unilaterali, che presenti delle anomalie dei vizi il legislatore prevede due tipi di reazioni che astrattamente o almeno secondo l'impostazione tradizionale, l'impostazione originaria codicistica erano nettamente contrapposte. Uno strumento blando che è quello della annullabilità e uno strumento più incisivo che è quello della nullità. L’ annullabilità ovviamente vale per vizi considerati meno gravi, la nullità vale per i vizi considerati più gravi. L'annullabilità, ricordiamo, significa che il contratto o l'atto producono effetto nonostante il vizio ma questo effetto può essere cancellato attraverso l'annullamento l'azione di annullabilità. Ora il prof ha dichiarato di volersi spiegare. L'annullabilità vuol dire che il contratto produce effetto ma è un effetto che può essere cancellato attraverso un'azione giudiziaria di annullamento che appunto un'azione diretta a eliminare il difetto è quest'azione può essere promossa da determinati soggetti. Qual è l'idea di fondo che il legislatore ha e direbbe la ratio che ci permette di comprendere il senso tale meccanismo? Ci troviamo di fronte a dei vizi meno gravi, a dei vizi che potrebbero aver pregiudicato una parte o anche non averla pregiudicata; allora il legislatore consente che l'atto provochi effetto e che la parte pregiudicata, strettamente pregiudicata, possa valutare se permettere che il contratto continui a produrre i suoi effetti o l’atto continui a produrre i suoi effetti oppure intervenire cancellando questi effetti quando ritiene di essere stato pregiudicato. Le ipotesi sono per esempio quella della incapacità o di vizi del consenso, per errore, dolo e violenza. Quindi il soggetto pregiudicato si trova di fronte ad un atto che produce effetto e alla valutazione: - non faccio nulla, - cancello l'effetto con l'azione di annullamento se ritengo che quel contratto quell'atto mi ha pregiudicato. La nullità, invece, è uno strumento per vizi di molto grave. Nel caso della nullità dell'atto non produce effetto, perché si ha nullità quando l'atto manca di un elemento essenziale e l'azione di nullità non è un'azione diretta a cancellare l'effetto poiché l'effetto non si produce. L'azione di nullità è solo un'azione che accerta che l'effetto non si è prodotto, che c'è quel vizio e l'effetto non si è prodotto. Per fare un esempio immediato: una vendita immobiliare fatta oralmente è un atto pubblico perché la forma scritta è richiesta come elemento essenziale. Quindi la vendita immobiliare fatta oralmente non produce nessun effetto. Se l'acquirente intende proporre l'azione di nullità lo fa solo per far accettare dal giudice che in effetti manca la forma scritta che quella vendita non ha prodotto effetti. L'azione di annullamento cancella un effetto prodotto; l'azione di nullità accerta la mancata produzione di un effetto.
Il legislatore si trova di fronte ad una deliberazione dell'assemblea; se viene applicato il metodo collegiale si parla di deliberazione, nel caso della consultazione scritta si parla di decisione. In ogni caso deliberazione o decisione possono avere dei vizi. Il legislatore intende far sì che nel maggior numero di casi possibili le deliberazioni/decisioni rimangano in piedi e non vengano attaccate con azioni di annullamento o di nullità e quindi costruisce un sistema relativo all’ annullabilità e alla nullità, termine di sintesi è l’invalidità con cui si intende appunto nullità e annullabilità, in modo tale da far sì che il maggior numero possibile di deliberazioni non vengano colpite da queste azioni. Qual è la scelta di fondo per raggiungere questo obiettivo? Scelta di fondo presente nel sistema ante riforma, scelta di fondo decisamente accentuata nel nuovo sistema. Semplicemente questo: cioè la differenza tra la disciplina dei contratti e la disciplina delle deliberazioni assembleari o decisioni assembleari; notiamo che sono atti unilaterali ma sarebbero disciplinati dalle norme in tema di contratti, se non ci fossero una disciplina ad hoc è questa; quelle che per il diritto dei contratti sarebbero ipotesi di nullità, vengono degradate ad ipotesi di semplice annullamento. Cioè il legislatore in materia di deliberazione/decisioni assembleari allarga grandemente le ipotesi di annullabilità, quindi quasi tutti i vizi danno luogo a semplice annullabilità, mentre restringere notevolissimamente le ipotesi di nullità. Questa è la peculiarità della disciplina dell'invalidità delle deliberazioni dell'assemblea di S.p.A. o delle deliberazioni/decisioni dell'assemblea di Srl: l’aumento delle ipotesi di annullabilità e la restrizione notevolissima delle ipotesi di nullità. Quindi i vizi dell'assemblea, i vizi delle decisione dei soci tendenzialmente sono vizi che danno luogo a semplice annullabilità e quindi la deliberazione ha effetto salvo che intervenga l'azione diretta a cancellare l’effetto, ad annullarlo. Questa azione può essere promossa solo da certi soggetti e può essere promosso solo entro un termine piuttosto circoscritto. Precisamente l'articolo 2479 ter primo comma, recita: “Le decisioni dei soci che non sono prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo - quindi potremmo dire viziate - possono essere impugnate – il prof dice che dire impugnabili equivale a dire che sono annullabili - dai soci che non vi hanno consentito – cioè dai soci che non hanno votato a favore, e in altre parole dai soci assenti,dai soci dissenzienti e dai soci astenuti, questa è la prima categoria di soggetti che possono impugnare e chiedere l’annullamento delle deliberazioni assembleari viziate - da ciascun amministratore – seconda categoria e quindi i singoli amministratori e  non il consiglio, i singoli amministratori possono far valere l’azione di annullamento -  e dal collegio sindacale – è la terza categoria; quindi non basta che vi sia un singolo sindaco, occorre che sia il collegio sindacale e quindi l’organo nel suo complesso che delibera di impugnare la deliberazione assembleare -  entro tre mesi dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci”. Quindi l'impugnativa può essere fatta da questi soggetti, da queste tre categorie di soggetti: soci che non hanno votato a favore, singoli amministratori e collegio sindacale nel termine perentorio di 90 giorni decorrenti dalla trascrizione del verbale della deliberazione nel libro delle decisioni dei soci. La deliberazione nonostante l'impugnazione produce effetto e chi la impugna può ottenere dal tribunale un provvedimento immediato che sospenda l'effetto: naturalmente se l'impugnativa appare fondata e se l'esecuzione della deliberazione pone in atto un pregiudizio alla società. Questa è l'ipotesi della semplice annullabilità che, come abbiamo visto, vale sostanzialmente per tutti i vizi delle deliberazioni assembleari. Quindi quando una deliberazione, una decisione dei soci è viziata, qualunque sia il vizio, vale questo regime; il che significa che solo certi soggetti possono far valere il vizio, ma soprattutto possono farlo valere in un tempo molto breve: passati i 90 giorni se nessuno agisce in giudizio quella deliberazione è inattaccabile. In questo modo vediamo in che senso il legislatore vuole mantenere in vita il maggior numero possibile di deliberazioni. E i vizi gravi? I vizi gravi sono solo due:c’è un vizio grave e c’è un vizio gravissimo. Quindi sono le due ipotesi in cui è quindi sono le due ipotesi in cui è possibile agire con un'azione di nullità. Allora, i vizi gravi sono quelli indicati nel 3° comma dell'articolo 2479 ter, e sono: “Le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile” , cioè le decisioni che hanno contenuto illecito o impossibile; a parte l’ipotesi del contenuto impossibile che è abbastanza scolastica, ovviamente è importante l’ipotesi della decisione con un contenuto illecito e quindi contrario a norme imperative. È il caso per esempio di una  deliberazione che modifica l’atto costitutivo che preveda una clausola contraria a una norma imperativa oppure l'approvazione di un bilancio in violazione delle norme di legge. Pensiamo ad una deliberazione dell’assemblea ordinaria che approvi il bilancio che non è chiaro, che non è veritiero o non corretto o che viola la struttura e i criteri di valutazione previsti dal legislatore. Qui abbiamo una deliberazione che ha contenuto illecito, contrario a norme imperative. Oppure pensiamo ad una deliberazione che modifichi l’atto costitutivo e che preveda che i soci non abbiano diritto agli utili. Anche qui si va a toccare un diritto previsto dal legislatore con norma imperativa e quindi è una deliberazione che viola norme imperative. Allora primo caso di vizio grave è quello di una deliberazione che abbia un contenuto illecito e impossibile, detto in termini più evidenti, che abbia un contenuto contrario a norme imperative. Un secondo caso di vizio grave è invece relativo alla procedura ed è una deliberazione  che sia stata adottata, per usare la formula del 3° comma dell’articolo 2479 ter “ in assenza assoluta di informazione” è una formula oscura, per evitare probabilmente un qualcosa di più semplice, cioè una deliberazione adottata senza che siano stati convocati tutti i soci. Notiamo che se sono stati convocati in modo irregolare la deliberazione è solo annullabile; per essere nulla deve mancare la convocazione di uno o più soci: viene adottata una deliberazione, ci sono 10 soci 2 perché sono brutti e cattivi non sono convocati. La deliberazione è nulla ed è in presenza di un vizio grave. Allora i vizi gravi sono: - o vizi di contenuto, quando la deliberazione viola norme imperative ; - o l’unico vizio di procedura quando manca la convocazione di uno o più soci. Se la deliberazione è nulla per un vizio grave, che cosa succede? Se la deliberazione è nulla per uno di questi due vizi gravi, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse quindi la nullità può essere fatta valere, per esempio in questo caso, dagli stessi soci che han votato a favore e chiunque vi abbia interesse oppure da non soci, dagli stessi creditori e il termine per farla valere è di tre anni dalla trascrizione sempre nel registro dei soci. Quindi non più novanta giorni, ma 3 anni. Ancora abbiamo il vizio gravissimo. Il vizio gravissimo consiste in una modificazione dell’atto costitutivo che preveda un oggetto, qui vuol dire, un’attività svolta dalla società illecita o impossibile. Quindi l’ipotesi in cui venga modificato l’oggetto sociale, venga modificata l’attività della società prevedendo un’attività illecita. È un’ipotesi assolutamente scolastica e si spera che non si verifichi mai; dobbiamo pensare che le modificazioni dell’atto costitutivo sono adottate attraverso una deliberazione che viene verbalizzata e controllata dal Notaio, quindi sembra strano al prof che il Notaio non operi il dovuto controllo e quindi venga iscritto sul Registro delle Imprese una deliberazione di modificazione dell’atto costitutivo che preveda un’attività addirittura illecita. Il prof. (continua…) a pensare che il controllo notarile impedisca sempre un’ipotesi di questo genere che è configurabile ,immagina, solo in casi assolutamente residuali dove potrebbe esserci qualche dubbio sulla liceità o illiceità di certe attività: per esempio se queste attività sono monopoli dello stato oppure no. Questo caso di radicale nullità, di nullità per vizio gravissimo, qual è la disciplina? Può essere fatta valere per chiunque abbia interesse, senza alcun limite di tempo.
La disciplina delle Spa presenta una differenza, secondo Cagnasso incomprensibile; o meglio la disciplina delle Srl presenta una differenza rispetto alla disciplina delle Spa, sempre secondo Cagnasso incomprensibile, che è questa : nell’ambito delle Spa i motivi di nullità grave sono uno in più. I vizi di procedura sono oltre che la mancata convocazione, la mancanza del verbale; nell’ambito delle Srl la mancanza del verbale non è un vizio di nullità ma di semplice annullamento, perché la mancanza del verbale nell’ambito delle Spa sia un vizio di nullità e nell’ambito delle Srl sia un vizio di semplice annullabilità, rappresenta un quesito che molti si sono posti, ma a cui il prof crede che nessuno abbia saputo dare una risposta plausibile. Viene  il dubbio che sia una semplice mancanza di coordinamento tra le norme.
Piuttosto troviamo una differenza interessante che è questa: nell’ambito delle Spa l’impugnativa di deliberazione annullabile può essere adottata solo dai soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale; se non rappresentano queste % non possono impugnare la delibera ma solo chiedere il risarcimento del danno. Una norma simile non c’è nella Srl.
Conclude con una domanda che ci si pone e a cui è difficile dare una risposta; lui ce ne propone una, che non è che sia sicurissimo sul fatto che sia la risposta giusta o quella che verrà ascoltata dalla giurisprudenza, ma gli sembra una risposta di buon senso. Torniamo al discorso di prima, così magari ci resta meglio fissato nella mente. Annullabilità vuol dire che il contratto o l’atto produce effetto ma questo effetto è cancellabile. Nullità vuol dire che l’atto non produce effetti e il giudice, attraverso l’azione di nullità, si limita a verificare che l’atto non ha prodotto effetti. Allora non c’è dubbio che l’azione di annullabilità prevista del legislatore, nel nostro caso, è un’azione di deroga all’annullabilità: l’atto/la delibera produce effetti se viene impugnata con l’azione di annullamento, questo effetto è cancellato; non c’è dubbio perché è lo stesso legislatore che dice che si può ottenere una sospensione cautelare, una sospensione immediata dell’effetto, il che vuol dire che l’effetto lo produce. Non avrebbe, il prof, nessun dubbio che l’azione di nullità per il vizio brevissimo è un’azione di nullità in senso tecnico, cioè laddove venisse per strane ipotesi adottata una deliberazione che introduca un oggetto illecito, questo è un vizio previsto di nullità, la deliberazione non produce nessun effetto. Quindi la società non è che tranquillamente può iniziare a porre in essere un’attività illecita; l’eventuale azione di nullità è diretta solo ad accertare questa mancanza di effetto. Avrebbe, il prof, dei grossi dubbi e sarebbe propenso a ritenere che non sia grave che l’azione di nullità, così com’è prevista oggi dal legislatore, per i vizi gravi sia veramente un’azione di nullità. Avrebbe  dei grossi dubbi, cioè che si possa dire che la deliberazione nulla per vizi gravi, sia una deliberazione che non produce effetti e che i soci abbiano o comunque chiunque interessato, abbiano tre anni  per far accertare questa mancanza di difetti. Avrebbe  il dubbio per questa ragione: gli sembra un assurdo ritenere che la deliberazione non produca effetti, poi passati tre anni siccome non si può più effettuare l’azione di accertamento, come un fungo (allucinogeno) produca effetti. Capiamo che gli sembra un assurdo. Riterrebbe più plausibile che pur parlando di nullità, in realtà in questo caso la delibera produca effetti, ma sono effetti che possono essere eliminati non più solo da alcuni soggetti, ma da chiunque vi abbia interesse; e sono effetti che possono essere eliminati non più nei 90 giorni ma nei tre anni. Quindi gli sembra in realtà un’azione di semplice annullamento però estesa non più ad alcuni soggetti ma a tutti i soggetti  che sono interessati e con un termine di decadenza non più breve ma abbastanza lungo. D’altra parte questo, se si esamina oggi nell’ambito del diritto civile e del diritto privato l’utilizzo che fa il legislatore delle azioni di nullità e di annullabilità si vede che le categorie tradizionali sono veramente altalenanti perché tendenzialmente l’annullabilità dovrebbe essere concessa per certi soggetti e la nullità per tutti gli interessati, mentre abbiamo nullità cosiddette relative concesse solo ad alcuni soggetti e delle annullabilità concesse ad una categoria indeterminata di soggetti. Quindi possiamo anche non scandalizzarci del fatto che il legislatore forse parla di nullità, applicando il tema tradizionale della norma anteriore; molto probabilmente si tratta di una regola di annullabilità che può essere fatta valere da chiunque in un lungo termine di tre anni.
Tutti i temi che affronteremo in questa lezioni si riflettono sulle S.r.l. Anche se non sono espressamente previste per questa tipologia di soggetto.
Un primo tema riguarda alcuni profili della disciplina  degli amministratori con particolare attenzione agli obblighi gravanti dagli amministratori e alla conseguente responsabilità.
Il prof. Ha cercato già di insistere su alcuni temi che oggi toccheremo. Oggi il legislatore, nell'ambito della disciplina delle società per azioni, ha qualificato meglio i parametri di riferimento della diligenza per gli amministratori che vengono qualificati nella natura dell'incarico e nelle specifiche competenze. La diligenza richiesta agli amministratore non è la diligenza dell'uomo ordinario ma è una diligenza accentuata che fa riferimento alla natura dell'incarico. La natura dell'incarico si riferisce in primo luogo alle dimensioni della società e al tipo di oggetto della società. Ovviamente la diligenza chiesta per un'impresa di piccolissime dimensioni è diversa da quella richiesta da una società di grandissime dimensioni. La diligenza richiesta per un'attività produttiva può essere diversa dalla diligenza richiesta per un'attività bancaria ed assicurativa. Inoltre la natura dell'incarico è particolarmente importante anche in riferimento al ruolo assunto dall'amministratore all'interno dell'organo gestorio. La diligenza richiesta all'amministratore delegante non delegato è diversa dalla diligenza dell'amministratore delegato che gestisce quotidianamente la società. Voi capite che la diligenza richiesta a chi fa parte di un consiglio di amministrazione che si riunisce 5/6 volte all'anno è diversa  rispetto a quella di chi giorno per giorno come amministratore delegato segue la società.
Altro parametro fa riferimento alle specifiche competenze. Qui si fa riferimento alle specifiche competenze dell'amministratore. Di fronte ad una questione giuridica si richiederà una particolare attenzione alle competenze dell'amministratore.
Altro profilo di grande rilievo su cui il Prof ha insistito è la rilevanza degli obblighi facenti capo agli amministratori nello svolgimento dell'attività istruttoria o preparatoria alle scelte di gestione.  Per ogni scelta di gestione debbono essere preparate ovvero istruite attraverso l'acquisizione di una serie di informazioni e di documentazione che dimostri che la scelta sia consapevole e ponderata. Lo svolgimento di questa attività assume particolare e fondamentale rilievo e nello svolgimento di questa attività gli amministratori devono agire con la diligenza richiesta misurata a seconda della natura dell'incarico e alle proprie competenze. Non solo ma come già vi ricordavo il legislatore almeno per le S.P.A (nell'ambito delle S.R.L non è ripetuta la stessa norma ma forse almeno fino ad un certo livello dimensionale vale la stessa norma) impone la creazione di sedi organizzative adeguate e quindi in particolare impone la creazione di procedure, per lo  svolgimento delle attività istruttorie e preparatorie, di tipo standardizzate. Per le scelte più importanti, quindi, si impone non solo di agire con diligenza ma anche di preordinare il tipo di attività istruttoria.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Andrea Balla
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