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Stato, società e la rappresentanza politica


Le trasformazioni dello Stato, con il primato del calcolo economico sulle forme della politica, hanno profonde ripercussioni sulla struttura della rappresentanza politica. Il diritto è nient’altro che la riproduzione di un interesse attraverso regole giuridiche create dagli stessi operatori del mercato. Questo è lo scenario delle democrazie contemporanee.
Il caso italiano presenta, persino, forme caricaturali. E’ difficile riscontrare in altri sistemi la stessa immediatezza della congiunzione di economia e politica.
La mediazione delle forme politiche prima era indispensabile per conferire potere a certi interessi particolari. Ora l’economico investe in politica senza ricorrere all’apporto di altre mediazioni e non c’è più bisogno delle tre forme della modernizzazione: la fabbrica, la sezione, il ministero. Ora gli interessi si fanno direttamente potere politico grazie alla disponibilità di media e denaro.
In Italia persiste la parvenza di una società pluralista con interessi molteplici che hanno un rapporto con il ceto politico ma mediato da partiti, organizzazioni, lobby. Il pericolo è di entrare in uno scivoloso meccanismo unico in cui la politica torna a funzionare come comitato d’affari della borghesia.
Al vertice del post-moderno si troverebbe così la tara occulta del potere di classe. Tutto l’incivilimento formale che lo Stato democratico di diritto ha costruito, all’improvviso si rivela un’immensa super-struttura vuota e grottesca che non ha strumenti per tutelarsi dalla volontà di potenza di un imprenditore che ha guai con la giustizia e tramuta i suoi problemi privati in questioni di Stato.
I partiti erano al centro della vita pubblica ma esisteva un grado di autonomia relativa dei sindacati, dei soggetti sociali, della burocrazia. L’impianto della partitocrazia era quello di un neocorporativismo che ricorreva a figure eterogenee, coinvolgeva nelle scelte gruppi svariati. La periferia veniva ascoltata e premiata con pratiche di scambio contrastanti, caotiche, prive di programmazione. Nel caos corporativo c’era però un centro. Oggi il centro manca e tutto è periferia.
Il codice del post-moderno è quello spregiudicato dei costi e dei benefici. Istituzioni, scuola, prestazioni pubbliche, sanità, cultura sono sottoposte al rigido calcolo dei costi. La tendenza di oggi è di rendere tecnici gli stessi termini della decisione politica e di introdurre le asettiche considerazioni privatistiche nel campo del pubblico trasformando i decisori in manager indifferenti ai fini.

Tratto da RAPPRESENTANZA POLITICA E GOVERNABILITÀ di Laura Polizzi
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