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La politica diventa virtuale: le elezioni del 1994


Nella campagna del 1994 il tentativo di creare un evento mediante il traino esercitato dai sondaggi venne effettuato senza alcun ritegno. Si ebbe una creazione virtuale, iconica dell’immagine per cui il non-luogo televisivo prevalse sui luoghi ormai vuoti del politico. Grazie alla diffusione a pioggia di sondaggi, Berlusconi ottenne un trattamento che nessun soggetto può vantare in una democrazia: quello di avere a disposizione spazi televisivi enormi sulla base non dei voti già ottenuti e dei seggi presenti in Parlamento ma delle intenzioni di voto registrate con interviste telefoniche a un campione.
Sul piano istituzionale le conseguenze di questa forzatura furono enormi: le precedenti elezioni reali furono dissolte in un prodotto solo virtuale, le intenzioni di un sondaggio furono promosse sul campo come elezioni reali con effetti politici e giuridici considerevoli.
L’elezione reale assunse l’inconsistente peso di un sondaggio mentre il sondaggio indossò le vesti di una consultazione elettorale effettiva.
Le conseguenze sulla partecipazione politica interna alle organizzazioni, sulla capacità della politica di sfidare gli umori più regressivi della gente, sono piuttosto evidenti. Problemi sorgono anche in merito alla qualità della democrazia in un sistema politico che fa del sondaggio la sua istituzione distintiva.
La forza descrittiva del sondaggio non può essere negata: non è il reale che le manca, ma è il tempo ormai trascorso il suo unico referente. Ogni sondaggio descrive ciò che non è più e non è detto che si ripresenti nelle stesse dimensioni quantitative.
Sempre più labile diventa il confine tra reale e virtuale.

Tratto da RAPPRESENTANZA POLITICA E GOVERNABILITÀ di Laura Polizzi
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