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La traslazione e l’accollo di tributi

La traslazione e l’accollo di tributi


Economicamente può esistere l’interesse di spostare il carico tributario dal soggetto passivo del tributo (o contribuente di diritto) ad un altro (contribuente di fatto) sul quale l’onore finanziario viene ad essere riversato dal soggetto tenuto per legge, e ciò è possibile attraverso varie tecniche.
Un metodo molto semplice è quello della c.d. traslazione occulta che si verifica tutte le volte in cui il contribuente di diritto in sede di rapporti economico-giuridici con il contribuente di fatto riesca ad inglobare nella prestazione gravante su quest’ultimo una quota corrispondente all’entità dell’obbligazione impositiva cui per legge è tenuto.
Esempio: Sul ricavato della vendita di un bene il venditore dovrà pagare delle imposte. Per tenersi indenne dal pagamento di queste imposte aumenterà il prezzo in base alla quota che immaginerà essere quella del tributo. Questo meccanismo non funziona sempre poiché il venditore non sempre sarà in grado di valutare di quanto aumentare il prezzo ed è anche possibile che le imposte stesse dipendano dal prezzo.
Si può fare ricorso anche ad un altro meccanismo di c.d. traslazione palese il cui metodo principale è l’accollo. In questo caso il contribuente di diritto, attraverso una specifica clausola contrattuale recante “oneri tributari a carico di…”, conviene con il contribuente di fatto affinché quest’ultimo si accolli l’onere delle prestazione tributaria.
La validità ed efficacia di tali clausole è stata in passato a lungo contestata. Una parte della dottrina e della giurisprudenza si era opposta sulla legittimità di tali clausole ritenendole in contrasto con l’art. 53 Cost., poiché attraverso l’accollo si eluderebbe tale norma imperativa spostando il carico tributario su un soggetto diverso dall’effettivo titolare della capacità contributiva.
Secondo altra parte della dottrina gli accolli sarebbero stati validi  poiché l’art. 53 Cost. andrebbe inteso come norma di garanzia rivolta allo Stato senza limitare la libertà negoziale dei privati di poter trasferire l’onere tributario ad altri soggetti .
Attualmente la questione è stata superata dal disposto dell’art. 8, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente il quale ha espressamente affermato la validità di accolli d’imposta senza liberazione del contribuente . Tale norma non ha però risolto il problema se per effetto dell’accollo l’amministrazione tributaria acquisti un diritto nei confronti del terzo. Tale questione non trova ancora oggi soluzione.
Il tenore letterale della norma afferma che “è valido l’accollo di imposte” sembrando così escludere la possibilità di accolli di tasse e tributi. Sicuramente tale norma non disciplina l’accollo di sanzioni previsto dall’art. 11, comma 6, del D.Lgs. n. 472/1997. In realtà non esiste alcuna ragione per cui dovrebbe essere consentito l’accollo di imposte e non quello di tasse, di conseguenza la soluzione più accreditata sarebbe quella per cui si tratti solo di una imprecisione terminologica.

Tratto da APPUNTI DI DIRITTO TRIBUTARIO di Luisa Agliassa
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