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PRIMAVERA DI PRAGA


Nel gennaio ’68 il segretario del partito, lo staliniano Novotny, viene rimosso e sostituito da Dubcek, comunista dissidente. La Cecoslovacchia vive una stagione di radicale rinnovamento politico e di esaltante fermento intellettuale. Dubcek, pur non avendo intenzione di uscire dal patto di Varsavia, costituisce una minaccia per l’URSS, preoccupata per gli effetti sugli altri stati del blocco orientale. Il momento culminante della cosiddetta primavera di Praga ha luogo il 21 agosto 1968, quando le truppe sovietiche occupano Praga ed il resto del paese ® è fortemente simbolica l’immagine dei carri armati che affrontano la protesta studentesca. Per giustificare l’intervento delle forze armate si usa la DOTTRINA BREZNEV o DOTTRINA DELLA SOVRANITA’ LIMITATA, secondo cui è necessario intervenire nei paesi satelliti qualora essi siano minacciati da forze ostili al socialismo; inoltre a nessuna nazione è consentito lasciare il Patto di Varsavia o disturbare il monopolio del potere da parte del partito comunista.
Durante l’incontro a Mosca del maggio 1972 Breznev e Nixon prendono accordi per procedere alla Conferenza per la sicurezza e la collaborazione in Europa (CSCE) e ai negoziati sulla mutua e bilanciata riduzione delle forze (Mutual and Balanced Force Reductions, MBFR). Mentre i negoziati procedono per due anni, Nixon si dimette dal suo incarico nell’agosto 1973 a seguito dello scandalo Watergate (scoperta di attività illegali da parte dell'amministrazione Nixon durante la campagna elettorale presidenziale del 1972, e conseguente tentativo di ostruzione della giustizia da parte dello stesso Presidente). Così è il successore FORD ad incontrare Breznev alla CONFERENZA DI HELSINKI del 1° agosto 1975, durante la quale viene firmato l’Atto Finale della Conferenza per la Sicurezza e la Collaborazione in Europa, considerato da molti come coronamento della distensione. Le proposte sottoposte alla conferenza vengono divise in 3 categorie o CESTI:
1. riconoscimento formale dell’inviolabilità delle frontiere e dell’integrità territoriale di ogni stato sovrano in Europa (= riconoscimento degli stati così come sono usciti dalla seconda guerra mondiale). Il primo cesto rappresenta il principale trionfo del blocco comunista, che ottiene il riconoscimento delle acquisizioni territoriali postbelliche di Polonia, Cecoslovacchia e Unione Sovietica, nonché l’annessione di Estonia, Lettonia e Lituania del 1940;
2. insieme di provvedimenti per l’estensione della collaborazione intereuropea per il commercio, l’industria, la scienza e la tecnologia, pensati per ridurre le tensioni tra Est e Ovest;
3. difesa dei diritti umani e rispetto delle libertà politiche quali la Carta Atlantica e la Dichiarazione sull’Europa liberata ® in cambio del tanto desiderato riconoscimento da parte dell’Occidente dello status quo territoriale europeo, il Cremlino è costretto al rispetto dei diritti umani.
Le dimissioni forzate di Nixon non fermano il progresso dei negoziati sul controllo delle armi strategiche: Ford, che ha poca esperienza negli affari esteri, mantiene in carica il Segretario di stato Kissinger, il quale vola a Mosca nel gennaio 1976 per presentare la proposta finale per il trattato SALT II. I negoziati vengono però rallentati da varie questioni: Kissinger protesta per la presenza sovietico-cubana in Angola, mentre Mosca è risentita per la sua esclusione dai negoziati di pace in Medio Oriente; inoltre alcune proposte dell’amministrazione Ford per il controllo degli armamenti si rivelano inaccettabili per i sovietici (es. aumentare il limite di missili Cruise, velivoli in miniatura privi di pilota che superano il controllo radar, ma che i russi non sono ancora riusciti a perfezionare). Nel frattempo all’interno degli Stati Uniti si cerca di impedire all’amministrazione di fare ulteriori concessioni nel campo del controllo degli armamenti, tanto che il repubblicano Reagan accusa la politica estera “Ford-Kissinger” di mettere a repentaglio la sicurezza nazionale statunitense ignorando l’aggressività dell’Unione Sovietica. Colpito dagli attacchi del suo stesso partito e timoroso di apparire debole di fronte all’URSS, nel marzo 1976, mentre si prepara a lanciare la propria campagna elettorale, Ford annuncia che sta per abbandonare il termine “distensione”, e in aprile decide di interrompere in negoziati SALT II per il resto del suo mandato. L’elezione del Presidente CARTER nel gennaio 1977 porta alla Casa Bianca un uomo con un’esperienza di politica estera ancora minore rispetto a quella di Ford. Carter rimprovera Nixon di aver danneggiato l’immagine degli USA e per questo già durante la sua campagna elettorale annuncia di voler riportare moralità nella politica estera statunitense (i suoi slogan sono: “no more Watergate, no more Vietnam”). Così si gioca subito la carta dei diritti umani: per costringere l’Unione Sovietica a rispettare i diritti umani è però necessario che gli Stati Uniti stessi li rispettino ;  per questo gli USA devono mettere pratica la politica dei diritti umani con tutti, amici e nemici, e ciò si realizza tagliando gli aiuti economici e militari ai paesi che violano i diritti umani, smettendo di abbracciare qualsiasi dittatore purchè anticomunista. La politica dei diritti umani e della distensione è fortemente sostenuta dal Segretario di stato Vance, ma si scontra con il sostegno ad un ritorno della politica del contenimento da parte del Consigliere per la Sicurezza Nazionale Brzezinski, un emigrato polacco che vede l’URSS come una potenza intrinsecamente espansionista, che approfitta della fase di distensione per allargarsi sulle periferie. Carter non riesce a creare sinergia tra queste due visioni opposte. Il SALT II, firmato il 18 giugno 1979, non viene ratificato dal Senato a causa di un mutamento dello scenario internazionale che accresce il senso di vulnerabilità e di perdita di prestigio nel mondo, e che spinge Carter a considerare vincenti le posizioni di Brzezinski:
nel 1977 Carter fa approvare il TRATTATO DEL CANALE DI PANAMA, che ne restituisce la sovranità ai panamesi (l’ultima nave statunitense passa nel 1999);
l’11 novembre 1975 l’ANGOLA si dichiara indipendente. Nonostante una fazione sia appoggiata da soldati cubani, il Senato americano rifiuta di aiutare le fazioni oppositrici: la nuova Repubblica popolare dell’Angola rende pubblico il suo orientamento marxista e l’8 ottobre 1976 firma un trattato ventennale di amicizia con l’Unione Sovietica. Ciò non rappresenta necessariamente una vittoria sovietica, tanto che gli investimenti statunitensi in Angola non vengono ostacolati; tuttavia l’amministrazione Ford interpreta la guerra civile angolana nella peggiore luce possibile, descrivendo la forza di spedizione cubana come emanazione di Mosca e condannando l’intervento sovietico in quanto violazione dello spirito di distensione. La preoccupazione maggiore è che il successo sovietico in Angola spinga altri movimenti di liberazione nel Terzo Mondo a cercare il sostegno sovietico; 
quando nel ’78 Brzezinski annuncia la fine della distensione, si riferisce alla vicenda africana del conflitto tra Etiopia e Somalia nel CORNO D’AFRICA, sostenendo che “la distensione è affondata nelle sabbie dell’Ogaden”: l’imperatore etiope Selassiè, a lungo sostenitore degli Stati Uniti, viene rovesciato da un colpo militare che pone al potere, nel febbraio 1975, il colonnello Mengistu, il quale vira nettamente a sinistra chiedendo supporto a Mosca e all’Avana. Nel frattempo la Somalia decide di sfruttare la caotica situazione etiope per rivendicare la provincia etiope dell’Ogaden, abitato da una maggioranza di etnia somala. Poiché la Somalia ha firmato nel 1974 un trattato di amicizia con l’Unione Sovietica, quest’ultima si trova nell’imbarazzante situazione di decidere chi appoggiare nel crescente conflitto nel Corno d’Africa. Quando le truppe somale invadono l’Ogaden nella primavera del ’77, Breznev opta per appoggiare l’Etiopia, presumibilmente per la sua popolazione più numerosa e per le dimensioni maggiori. Di conseguenza la Somalia effettua una brusca inversione della propria politica estera, espellendo tutti i consulenti sovietici e cubani, ripudiando il trattato di amicizia somalo-sovietico e chiedendo il supporto statunitense: gli USA esitano ad appoggiare la Somalia, consapevoli di ricevere la richiesta dell’aggressore ;  Brzezinski propone di inviare una forza navale nella regione per evitare l’espansione sovietica, mentre per Vance i sovietici non hanno mire espansionistiche, considerando la vicenda come una crisi locale. In questa fase Carter appoggia Vance, anche se sono forti le preoccupazioni per la minaccia sovietica. Su richiesta di Mosca le forze etiopi interrompono la controffensiva evitando di sconfinare in territorio somalo, ed il conflitto finisce nel ’78 con entrambi i regimi al potere e nessun cambiamento territoriale;
il teatro della svolta è però l’Asia: il 25 dicembre 1979 l’Unione Sovietica invade l’AFGHANISTAN, rovesciando Amin (il cui governo non era considerato scomodo dagli USA) e insediando il governo filocomunista di Kemal à è il primo intervento sovietico armato in uno stato non satellite, un paese libero e non allineato, ma nonostante sia un’aggressione, essa non è espressione di una politica espansionistica, bensì di una politica di sicurezza: Amin attua una politica vicina alla Cina, al Pakistan e di riavvicinamento agli USA, ma l’URSS non vuole perdere l’Afghanistan come stato amico, per la sua importanza in quanto stato cuscinetto. Mentre i sovietici insediano il nuovo governo, una coalizione di fondamentalisti islamici organizza un’insurrezione contro il governo Karmal: ciò determina la diserzione di un terzo dell’esercito afgano in favore dei ribelli e dunque richiede lo spiegamento di ulteriori truppe sovietiche, fino a raggiungere le 100 mila unità nella primavera del 1980. il governo statunitense reagisce con indignazione, informando Breznev che la presenza di forze sovietiche in quel paese avrebbe danneggiato ciò che restava dello spirito della distensione. Il Cremlino ignora gli avvertimenti, pensando che gli USA avrebbero acconsentito tacitamente come in Ungheria nel 1956 e in Cecoslovacchia nel 1968: invece gli Stati Uniti si uniscono a Egitto, Pakistan e Cina per fornire assistenza militare coperta alla resistenza islamica (scompare la priorità per la difesa dei diritti umani); impongono sanzioni all’URSS (embargo alle esportazioni di grano, restrizioni all’accesso alle acque statunitensi adibite alla pesca e alle esportazioni di alta tecnologia); propongono il boicottaggio i Giochi Olimpici di Mosca del luglio 1980 (sono per lo più i paesi del Terzo Mondo a boicottare, eccetto i paesi africani che non erano stati appoggiati dagli USA nel boicottaggio di 4 anni prima contro l’apartheid). Carter aumenta il budget per la difesa, rinvia la ratifica del SALT II e porta la questione in seno alle Nazioni Unite à il Consiglio di Sicurezza non riesce a esprimersi per il veto sovietico, ma l’Assemblea Generale chiede il ritiro dell’Unione Sovietica, e ciò è interessante perché esprime la volontà di molti paesi di nuova indipendenza, che evidentemente temono che si sia creato un pericoloso precedente (appoggiano i sovietici solo i paesi ad essa allineati e l’India). Carter considera ormai l’operazione militare sovietica come l’ultima goccia di una serie di atti di aggressione per mezzo dei quali l’Unione Sovietica cerca di sfruttare “l’era dei buoni sentimenti”, così nel gennaio 1980 egli svela la DOTTRINA CARTER: gli Stati Uniti considerano il Golfo Persico così importante per la propria sicurezza che da ora in poi negheranno a qualsiasi potenza straniera il controllo della regione, con ogni mezzo necessario, incluso l’intervento militare. Al momento di lasciare la Casa Bianca nel 1981, Carter si è trasformato, da strenuo sostenitore dei diritti umani e della distensione, in un acceso oppositore della minaccia dell’espansionismo sovietico. Le truppe sovietiche vengono bloccate in una fase di stallo dai mujaheddin musulmani, che continuano a ricevere armi statunitensi e cinesi attraverso il Pakistan. L’amministrazione Reagan aumenta il coinvolgimento militare statunitense fornendo il più avanzato missile manuale, lo Stinger. Con l’aumentare delle vittime sovietiche molti osservatori iniziano a riferirsi alla situazione afghana come alla versione sovietica del Vietnam. Gorbacev informa privatamente Reagan della sua intenzione di ritirarsi dall’Afghanistan durante il loro primo incontro al summit di Ginevra del novembre 1985: nel febbraio 1988 il Cremlino annuncia pubblicamente l’intenzione di ritirarsi entro un anno, e nel febbraio 1989 l’ultimo soldato sovietico lascia il paese;
un altro duro colpo accusato dagli Stati Uniti proviene dall’IRAN: nel gennaio 1979 lo shah lascia il paese, e il potere va nelle mani dell’ayatollah Khomeini, che trasforma il paese da monarchia laica e moderna in repubblica fondamentalista islamica. Tutti i legami tra Iran e Stati Uniti vengono troncati di colpo; i vasti interessi economici statunitensi vengono confiscati; il personale militare e di intelligence statunitense viene espulso; i membri filostatunitensi della vecchia èlite politica e militare che non riescono a fuggire vengono imprigionati o uccisi: Teheran non avrebbe più ricoperto il ruolo di surrogato degli USA nel Golfo Persico assegnatogli da Nixon; al contrario, l’Iran avrebbe guidato i gruppi islamici contro il cosiddetto “Grande Satana”. Quando militanti iraniani sospettano un complotto statunitense per rimettere lo shah sul trono, il 4 novembre 1979 centinaia di essi si precipitano all’ambasciata statunitense a Teheran, prendendo in ostaggio 69 membri del personale diplomatico e consolare. La CRISI DEGLI OSTAGGI consuma l’amministrazione Carter per il resto del suo mandato, fino a quando non vengono liberati nel gennaio 1981, con l’insediamento di Reagan.

Tratto da STORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Alice Lavinia Oppizzi
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