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L’inquadramento dell’attacco all’Iraq nella legittima difesa preventiva e l’illiceità di quest’ultima


La dottrina Bush prevede che, di fronte alle nuove minacce derivanti dagli “Stati canaglia” e da gruppi terroristici e all’alta probabilità che essi usino armi di distruzione di massa contro gli Stati Uniti, questi possono agire con la forza armata in via preventiva per eliminare queste minacce. Secondo questa dottrina la possibilità di ricorrere alla forza non è affatto subordinata al verificarsi di un attacco contro gli USA e neppure alla chiara e sicura previsione di un simile attacco.
Gli “Stati canaglia” sarebbero gli Stati che hanno (o hanno l’intenzione di acquistare) armi di distruzione di massa, sponsorizzando il terrorismo internazionale, che sono retti da regimi dittatoriali, respingono i fondamentali valori umani e odiano gli Stati Uniti.
A parte l’assenza di alcuna prova di un presunto coinvolgimento dell’Iraq in attività terroristiche e del possesso di armi di distruzione di massa, è la stessa dottrina della legittima difesa preventiva che appare in pieno contrasto con il diritto internazionale.
In passato il Consiglio di sicurezza con la risoluzione n. 487 del 1981 condannò severamente il bombardamento effettuato da Israele contro un impianto nucleare in costruzione in Iraq, al fine di eliminare una minaccia contro il proprio territorio.
Va rilevato ancora che, alla stregua del diritto internazionale generale, l’uso della forza in legittima difesa deve rispettare i limiti della necessità e della proporzionalità.
La dottrina Bush rappresenta un notevole ampliamento rispetto alla teoria secondo la quale il ricorso alla forza sarebbe eccezionalmente consentito anche per difendersi da un pericolo, reale e imminente, di un attacco armato, suscettibile di pregiudicare l’esistenza stessa dello Stato.
Il caso classico sarebbe la guerra dei sei giorni del 1967, iniziata da Israele di fronte a una mobilitazione dei Paesi arabi e a dichiarazioni dei loro governi che potevano far temere per la sopravvivenza dello Stato di Israele; ma se nel caso di Israele sussiste una minaccia precisa e localizzata di un attacco armato comportante il rischio di distruzione di uno Stato, nella dottrina Bush il pericolo può essere vago e indeterminato, risultare da semplici intenzioni di uno Stato e il suo accertamento è lasciato alla valutazione del tutto soggettiva e incontrollabile dello Stato che si sente minacciato.

Tratto da L'ONU E LA CRISI DEL GOLFO di Alice Lavinia Oppizzi
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