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Il problema della psicogenesi nella malattia mentale (1919)


In quegli anni le ricerche psichiatriche , quando non sono impegnate in questioni di diagnosi e classificazione, si occupavano principalmente di problemi anatomici. Dunque lo psichiatra considera l’etiologia fisica d’importanza primaria mentre quella psicologica come secondaria, vi è infatti una tipica sottovalutazione dell’importanza del fattore psicologico.
I medici seguivano rigidamente la loro fede nella causa fisica e natura fisica della malattia, non considerando di esaminare le condizioni psichiche del paziente. Strettamente connesso era il fatto che né psichiatri né neurologi avessero una preparazione che fosse diversa da quella scientifica, ma le conoscenze psicologiche erano cmq davvero indispensabili. Infatti, il punto di vista psicologico nell’anamnesi, nella diagnosi e nel trattamento veniva trascurato, nonostante fosse importante nel campo delle malattie mentali.
Quando Jung parla della psigenesi delle malattie mentali, pensava innanzitutto a quelle numerose forme che al tempo venivano definite con il termine di “dementia praecox”. In essa erano compresi tutti gli stati allucinatori, catatonici, ebefrenici e paranoidi che non presentavano processi organici di distruzione cellulare che si trovavano: nella paralisi generale, nella demenza senile ed epilettica, intossicazioni croniche che non appartenevano al gruppo maniaco-depressivo.
Però se si confrontano i sintomi abituali della dementia praecox con i disturbi che compaiono nelle malattie organiche del cervello, vi erano delle differenze! Nella dementia precox non esiste un unico sintomo abituale che si poteva definire organico.

Tratto da LA SCHIZOFRENIA di Carla Callioni
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