Skip to content

Aspetti corporei della rappresentazione di sè nella relazione

Al fine di capire qual è la portata della dimensione corporea nella relazione è necesario conoscere i fondamenti della costruzione delle relazioni interpersonali.
Al di là delle differenze di cultura, di colore della pelle, di livello culturale, dominio di predilezione della psicologia sociale, la psicologia clinica ha indagato sul modo in cui nascono e funzionano le relazioni interpersonali.
Partiremo dal presupposto ormai condiviso dalla comunità scientifica che in esse sono in gioco fattori assai diversi; alcuni sono di natura psichica, altri di natura ambientale, altri ancora di natura corporea ma sono comunque fattori strettamente intrecciati a conferma dell'unità della persona.
I filosofi greci, e in seguito il cristianesimo, hanno a lungo dibattuto su questo ultimo tema, e ancora oggi, eredità della storia della nostra persona, l'uomo è spesso visto come composto da due parti distinte, quasi fossero indipendenti, appunto una mente ed un corpo.
Però negli ultimi cinquant'anni l'influenza della riflessione psicanalitica o derivante da essa ha spostato l'attenzione sulla correlazione mente-corpo.

LA NASCITA DELLA MENTE E DELLA RELAZIONE: UNA VERA CONTEMPORANEITÀ?


John Bowlby sostiene che ogni bambino necessita di una base sicura per potersi sviluppare al meglio e che la qualità delle relazioni instaurate dai caregivers con il figlio determinerà il tipo di attaccamento che costui instaurerà con loro.
La loro capacità di rispondere adeguatamente ai bisogni fisici, emotivi e psichici del bambino sarà determinante nel dare pian piano un senso alla sua esistenza e dovrà lasciare spazio al bambino perchè possa sentire e percepire le modifiche nel e del suo corpo, costruirsi un'immagine di sè, imparare a conoscere e comunicare socialmente(con il corpo prima che con la parola) i suoi bisogni e desideri.
In funzione del tipo di attaccamento conosciuto e della storia vissuta ognuno svilupperà un modo specifico di relazionarsi con l'altro.
Coloro che hanno potuto instaurare un attaccamento sicuro mostrano una maggiore capacità di adattamento relazionale e una maggiore stima di sè rispetto a queoli che hanno sviluppato un attaccamento insicuro e disorganizzato.

La vita prenatale

La tecnica ad ultra-suoni, come l'ecografia, permettono di evidenziare le relazioni tra età gestionali e il complesso funzionamento dell'attività fetale. Il bambino quando nasce, ma anche durante gli ultimi mesi della gestazione, non è una tabula rasa e possiede già una capacità percettiva che gli permette di cogliere e discriminare l'ambiente circostante.
Ipotizzare un Io prenatale significa supporre l'esistenza di qualcosa, qualcuno, cioè di noi stessi, che, puir non ancora nato, è in grado di sentire senza saperlo che sta esistendo.
È possibile abituare il feto a certi suoni e questo dimostra che è già presente una memoria anche se in assenza di consapevolezza (il feto non sa che sta memorizzando, che sta apprendendo). Sappaimo anche che sogna.
Il fatto stesso, che si possano osservare nel neonatonel neonato la preferenza verso la voce della madre, il suo latte, il suo odore, è indice di una memoria del feto. È stupefacente constatare che queste prime forme di comunicazione che si instaurano in utero sono una prima forma di relazione interpersonale.
La madre ha un ruolo di primo ordine perchè è lei che gestisce, sia consapevolmente che inconsapevolmente, gli stimoli fisici e psicologici che trasmetterà al feto. Si tratta della prima forma di relazione, vissuta da tutti noi, in cui viene anche coinvolto il patner della madre che contribuisce alla vitalità e alla creatività della sua compagna e, che, di conseguenza, parteciperà indirettamente a quella del feto.
Troppo stress, choc emotivi, situazioni familiari complicate e delicate possono infatti essere a volte individuati come in parte responsabili di gravidanza problematica.
Una memoria primaria già in uso e funzionale che potrebbe contenere un primo abbozzo, una forma primitiva di immagine di sè nella mente in costruzione, che rappresenterebbe le sensazioni ricevute e date dai movimenti della madre e del feto.
Attraverso l'apparato senso-motorio, la formazione del sistema nervoso e lo sviluppo di capacità mnemoniche, si costituirebbe un primo senso del confine di sè che apprende fisiologicamente.

Il ruolo dei "carevigers" alla nascita

La nascita rappresenta grandi cambiamenti immediati.
E. Bick spiegava come il bambino, non abituato alla gravità in utero si ritrova a lottare contro le angosce primitive di cadute.
Questa angoscia di caduta, dovuta al non essere più immerso nel liquido amniotico, si associa a quella della luce accecante dopo il buio esperito in utero, a quella del primo respiro e dell'aria fredda che entra nei polmoni, a quello del grido così bello per i genitori, ma anche segno di uno sconforto del bambino nel suo ambiente nuovo e definitivo.
Sarà attraverso le cure della madre/caregivers e i suoi gesti – l'avvolgere il bambino, portarlo in braccio, dargli il seno – che queste angosce saranno contenute prima di diventare in seguito un ricordo inconscio.
Pian piano imparerà a conoscere il suo corpo e i suoi ritmi, ma la soddisfazione di questi bisogni non dipenderà – almeno durante i primi mesi – soltanto da lui, ma dalla modulazione che di questi ne farà il caregivers.
Abbiamo visto che il funzionamento mentale del neonato alla nascita è soggetto al funzionamento fisiologico: esiste una dipendenza totale della mente dal corpo.
Per uscirne è necessario l'apprendimento mentale del proprio funzionamento fisiologico.
Per quanto riguarda il suo corpo il neonato disporrà di due tipi di informazioni provenienti da due fonti diverse: quelle che risultano da percezioni interne e quelle che provengono da percezioni esterne.
Grazie a queste due fonti di informazione il bambino acquisisce una conoscenza del suo corpo e può costruirsene una rappresentazione psichica, lo schema corporeo appunto, indispensabile per cominciare a riconoscere sè e l'altro.

Le prime tappe di sviluppo dello schema corporeo

Dai 0 ai 5 mesi
Il bambino prima di tutto deve imparare a distinguere tra le due fonti di informazione che entrano in gioco nella costruzione dello schema corporeo.
Durante i primi mesi le sensazioni interne (ritmo cardiaco, sensazioni digestive e della bocca) dominano rispetto alle sensazioni esterne (percezioni visive o uditive). Le sensazioni provenienti dalla zona della bocca (zona orale) sono quelle principali e stimolano i comportamenti seguenti: la suzione, il gioco con la saliva, il pollice in bocca, ecc.
Dai due mesi in avanti le sensazioni tattili sono in primo piano e il bambino esplora il proprio corpo toccandosi, strofinandosi, ecc.
Verso i 3 mesi la vista si affina e il bambino osserva le sue proprie mani, verso i 5 mesi si tocca i piedi.
Tutte le percezioni non sono però ancora unificate e il bambino possiede solo una percezione frammentaria del proprio corpo.
Dai 5 mesi a 1 anno
Il bambino riconosce parte del proprio corpo ma anche gli oggetti esterni.
Dopo 5-6 mesi è maggiormente in grado di prendere e manipolare gli oggetti.
Verso 10 mesi incomincia a distinguere le sensazioni originate dal proprio corpo da quelle originate da oggetti esterni.
Da 1 anno in poi
Si osserva un cambiamento importante nello sviluppo psicomotorio collegato sia alla maturazione del sistema nervoso e dalla struttura fisica, sia ad un migliore controllo motorio degli arti inferiori e superiori: la prensione degli oggetti si affina, il bambino sta in piedi e può cominciare a transitare dal gattonare al camminare.

IL PASSAGGIO DALLO SCHEMA CORPOREO ALL'IMMAGINE CORPOREA NELL'OTTICA PSICANALITICA

Le modalità con cui rappresentiamo il nostro corpo nella nostra mente sono un tema che è stato introdotto precocemente in psicanalisi.
Nel 1923 Schilder, medico psichiatra, pubblicò un primo articolo sullo schema corporeo. Dal 1918 egli fece parte del gruppo di Freud e nel 1919 duventò membro della società viennese di Psicanalisi. L'obiettivo di Schilder era di integrare i fenomeni organici e le teorie dell'organismo in una concezione globale e unitaria della personalità e di collegare la patologia cerebrale e i fenomeni psichici.
Schilder è il primo psicanalista ad aver introdotto lo schema corporeo e l'immagine corporea come concetti nella teoria psicanalitica. Secondo Schilder "con l'espressione immagine corporea intendiamo il quadro mentale che ci facciamo del nostro corpo, vale a dire il modo in cui il corpo appare a noi stessi".
L'immagine del corpo sarebbe allora l'immagine cosciente che abbiamo del nostro corpo.
Schilder non si fermerà alla dimensione intra-psichica – cioè strettamente individuale – ma insisterà sull'importanza della dimensione relazionale e sociale.

Immagine corporea – schema corporeo

Schilder non distingue bene tra schema corporeo e immagine corporea e non mette in rilievo il carattere inconscio di essa. Quasi cinquant'anni dopo, U. Galimberti riprende il tema in modo più articolato.
Se lo schema corporeo rappresenta il corpo come è, l'immagine corporea comprende uno spazio allargato in gran parte inconscio. Come spiega lo psicanalista Gèrard Guillerault, gli autori che hanno trattato la distinzione tra schema corporeo e immagine corporea non sono mai arrivati ad una sintesi definitiva, perchè ognuno ha scelto arbitrariamente terminologie e definizioni corrispondenti, prendendo spunto in generale dall'opera di Schilder che non è sempre chiara su questo aspetto.
Oltre a Schilder, una psicanalista francese, Francoise Dolto, ha utilizzato l'immagine corporea come fondamento della sua pratica analitica.
Lo studio del bambino e la cura del piccolo paziente le permettono un'osservazione immediata del suo comportamento, del suo aspetto psichico, dell'interazione con il suo ambiente e saranno la sua fonte di ispirazione quando svilupperà il concetto di immagine corporea.
Francoise Dolto fa un po' di chiarezza riguardo alla distinzione – e alla relazione – tra lo schema corporeo e l'immagine corporea. Il primo corrisponde a quello che può determinarsi neurologicamente dalla conoscenza del corpo. Possiamo avvicinarlo alla somatognosia (elaborazione dellop schema corporeo che dipende dal lobo parietale che assicura l'integrazione spazio-temporale delle afferenze prorpiocettive e vestibolari che fondano lo schema posturale e cinetico)e vederlo parte dello sviluppo biologico, dello svolgimento del programma neuro-anatomico.
Lo schema corporeo è solamente evolutivo, oggetto di un'evoluzione programmata.
Il secondo, quello di immagine corporea, testimonia come il corpo è parte di un'altra rete multipla, relazionale, affettiva, libidica, sociale (simbolica).
Parliamo qui di storia emotiva e relazionale.
L'immagine del corpo si costruisce solo tramite la relazione, è specifica per ogni essere umano e racconta la sua storia. Indica il corpo nella singolarità di quello che ha vissuto e lo soggettiva.
Non si tratta più del corpo come rappresentante della specie ma della rappresentazione simbolica di se stesso. Le risposte dei caregivers daranno un colore emotivo all'esperienza piacevole-sgradevole percepita dal bambino che, tramite il funzionamento del suo apparato cognitivo-sensoriale, diventerà capace di costruire pian piano delle rappresentazioni psichiche che sono correlate alle sue esperienze corporee. Le rappresentazioni di queste esperienze corporee sono assimilate gradatamente in una rappresentazione corporea più integrata, l'immagine corporea appunto.
Il neonato deve fare i conti con l'attesa per il seno o il biberon, con le sensazioni corporee, prodotte dalla fame , dalla sete...
Ma non necessita soltanto di cibo concreto bensì di un nutrimento emotivo che gli offra la possibilità di trasformare un'esperienza corporea sconosciuta, piacevole o dolorosa, in un'emozione e, infine, in un sentimento.
D. Stern ha sviluppato il concetto di sintonizzazione affettiva tra il bambino e la persona che se occupa, definendola come una forma di imitazione più specifica e complessa che si manifesta circa 9 mesi sotto forma di un gioco-risposta che si instaura tra il caregiver e il bimbo.
In tali scambi non è sufficiente una risposta verbale o non-verbale contestualmente corretta da parte dell'adulto poichè egli, oltre che rispondere, deve contemporaneamente permettere al bambino di creare uno spazio mentale prorpio e coerente al suo stato corporeo.
Tale funzione psichica che così si realizza costituisce il primo passo che porta il bambino a rappresentarsi in una situazione di incontro con l'altro e a far sì che il suo sè-corpo si soggettivizzi fino a diventare aspetto conosciuto e consapevole del sè, fonte di capacità d'azione nell'interazione.
Di conseguenza, se la sintonizzazione affettiva è distorta, l'iimagine di sè non si costruirà complementariamente all'altro e potranno subentrare modalità difensive corporee specifiche pronte a riattivarsi ogniqualvolta l'individuo incontrerà delle difficoltà significative.

Ritmi del corpo e mente

D. Marcelli sottolinea la presenza nella vita di ognuno di macro-ritmi, quelli relativi alla nutrizione e alla pulizia, e di micro-ritmi principalmente quelli ludici.
Dal momento che il neonato raggiunge una discriminazione psichica dei suoi bisogni e dei sentimenti che li segnalano, egli deve gradualmente interagire con sua madre per definire ed eventualmente modificare i tempi di risposta.
Testa in questo modo la sua volontà attraverso le risposte all'ambiente ai propri bisogni corporei.
Perchè la mente del bambino si strutturi e cresca, è necessario occuparsene tenendo presente che la personalità dei genitori, la loro storia, la relazione tra di loro, sono dei fattori che influenzano l'interazione con il loro bambino. I genitori che si occupano solo dei bisogni fisiologici non gli permettono di sperimentare una relazione dove egli può crescere in armonia.
Analogamente nella relazione infermiere-paziente sappiamo che è importante essere attenti al significato emotivo del ricovero o della cura.
In ambito ospedaliero i macro-ritmi potrebbero essere imposti dalla struttura (orari pasti, medicazioni, visite,...) e i micro-ritmi quelli che si instaurano nei gesti quotidiani tra il curante e il paziente.
Il vero prendersi cura è qui nella capacità dell'infermiere di stare con l'altro in sincronia con il suo stato emotivo.

Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.