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Il debito pubblico


Se un governo spende più di quanto raccoglie con le imposte si indebita con il settore pubblico per finanziare il proprio deficit di bilancio. L’accumulazione dei deficit passati è il debito pubblico.
Storicamente la causa prevalente degli aumenti del debito pubblico sono le guerre. Il rapporto debito/PIL aumenta rapidamente durante i conflitti più importanti, e diminuisce lentamente in tempo di pace.

I problemi di misurazione
Il disavanzo del bilancio dello Stato è pari alla differenza tra spesa pubblica ed entrate tributarie, ed equivale all’aumento di debito che lo Stato deve mettere per finanziare la propria attività. Gran parte del dibattito sulla politica fiscale sorge proprio da problemi relativi alla misurazione del deficit di bilancio. Alcuni economisti sono convinti che il deficit non misuri accuratamente né l’effetto della politica fiscale sullo stato attuale dell’economia né l’onere che essa colloca sulle spalle delle future generazioni di contribuenti.
I problemi legati alla misurazione corrente del disavanzo di bilancio sono 4:
L’inflazione. la quasi totalità degli economisti concorda sul fatto che l’indebitamento pubblico debba essere misurato in termini reali, non nominali. Il disavanzo di bilancio, cosi come viene normalmente misurato non è corretto per l’inflazione. Supponiamo che il debito pubblico in termini reali sia stabile (ovvero che il bilancio sia in pareggio), in questo caso il debito nominale aumenta allo stesso tasso d’inflazione. Quindi: ΔD/D = π (dove π = tasso d’inflazione; D = stock di debito pubblico) -> ΔD = πD. (il governo rileva una variazione del debito nominale ΔD e segnala un disavanzo di bilancio di πD)
Una altro modo per giungere alla medesima conclusione: il deficit è pari alla differenza tra spesa pubblica ed entrate tributarie. Parte della spesa pubblica è costituita dagli interessi del debito pregresso. La spesa dovrebbe includere solo gli interessi reali corrisposti dallo Stato, rD, e non gli interessi nominali iD. Poiché i – r = π , il disavanzo di bilancio è sovrastimato di πD.
I beni capitali. Molti economisti ritengono che una valutazione accurata del disavanzo del bilancio dello Stato debba pendere in considerazione non solo le passività patrimoniali ma anche le attività;  in particolare, il debito pubblico è la differenza tra la variazione del debito dello Stato e quella del patrimonio.
la procedura che contabilizza sia le attività che le passività è detta contabilità patrimoniale, poiché prende in considerazione le variazioni del patrimonio.
La maggiore difficoltà posta dalla contabilità patrimoniale è quella di determinare quali tra le spese sostenute dallo Stato siano in conto capitale.
Le passività non contabilizzate. Secondo alcuni economisti le attuali valutazioni del deficit di bilancio sono fuorvianti, poiché non contabilizzano alcune importanti passività (es. pensioni dei dipendenti pubblici). Passività particolarmente difficili da calcolare sono le c.d. passività contingenti, ovvero quelle che insorgono a fronte di eventi specifici
Il ciclo economico.  Molte variazioni del deficit del bilancio pubblico insorgono automaticamente, in risposta alle fluttuazioni dell’economia. Queste variazioni automatiche del deficit non sono errori di misurazione in senso stretto, perché il governo si indebita effettivamente a fronte di minori ricavi e maggiori spese. Il deficit può aumentare o diminuire indipendentemente da ogni decisione del governo, semplicemente a causa della mutata congiuntura economica. Per risolvere questo problema si può provvedere al computo di quello che viene comunemente detto deficit di bilancio aggiustato per il ciclo (noto anche come deficit di bilancio di piena occupazione); esso si basa sulla stima di quali sarebbero state  la spesa pubblica e le entrate tributarie se l’economia si fosse trovata al tasso naturale di disoccupazione e al livello naturale di produzione. Questo valore è di grande utilità, perché depura il risultato degli interventi di politica economica da quelli dovuti all’evoluzione del ciclo economico.

L’interpretazione ricardiana del debito pubblico.
L’interpretazione tradizionale del debito pubblico si fonda sul presupposto che, quando il governo abbatte le imposte, finanziando la spesa con un deficit di bilancio, i consumatori reagiscono al maggior reddito disponibile aumentando la spesa.
Un’interpretazione alternativa, detta equivalenza ricardiana, secondo la quale i consumatori son previdenti e, perciò, basano la loro spesa non solo sul reddito disponibile attuale ma anche sul reddito futuro atteso. L’interpretazione ricardiana del debito pubblico applica la logica del consumatore previdente all’analisi degli effetti della politica fiscale.
La logica alla base dell’equivalenza ricardiana. Il principio generale è che il debito pubblico equivale a tasse future, e se i consumatori sono sufficientemente previdenti, le tasse future sono diverse dalle tasse attuali. Dunque finanziare la spesa pubblica con il debito non ha effetti diversi dal finanziarla con l’imposizione fiscale (equivalenza ricardiana).
L’implicazione dell’equivalenza ricardiana è che un taglio di imposte finanziato con il debito lascia inalterato il consumo: gli individui risparmiano il reddito disponibile aggiuntivo per coprire i futuri obblighi contributivi impliciti nell’abbattimento attuale delle imposte. L’aumento del risparmio privato compensa la diminuzione del risparmio pubblico: il risparmio nazionale (risparmio publico più risparmio privato) rimane inalterato e la riduzione delle imposte non ha alcuno degli effetti previsti dall’interpretazione nazionale.

Tratto da MACROECONOMIA di Alessia Chiovaro
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