Skip to content

Il termine modello in antropologia

La natura dei modelli

I modelli rientrano tra le finzioni ma non sono dei semplici "schemi" per vedere meglio degli oggetti che esistono "fuori di noi": essi "creano oggetti", li "costruiscono" per farceli vedere. In antropologia con il termine modello si fa riferimento a delle "costruzioni" dell'antropologo o del nativo, che in molti casi sono il frutto di una produzione congiunta di entrambi.

Modelli espliciti ed impliciti, consci ed inconsci, meccanici e statistici

Gli antropologi hanno sempre utilizzato dei "modelli" ma un vero e proprio dibattito su di essi può essere fatto risalire soltanto agli anni 1945- 50.

A. Radcliffe- Brown: è il caposcuola dell'empirismo antropologico che fa capo al cosiddetto indirizzo struttural- funzionalista secondo il quale bisogna considerare una società come localizzata nello spazio e pensare alla combinazione delle relazioni multiple colleganti ciascun individuo con tutti gli altri individui per ottenere la struttura sociale.

Agli inizi degli anni '50 il concetto di struttura sociale viene messo in discussione da C. Lévi- Strauss il quale insiste sull'utilità del termine "struttura", che però a suo giudizio non dipende dal fatto di essere un concetto denotante una realtà empirica, quanto piuttosto qualcosa di riferibile ad entità più astratte. Le posizioni di Lévi- Strauss erano già definite in un articolo sull'organizzazione sociale degli Indios bororo del Brasile centrale, che rivelava l'esistenza di una struttura diversa da quella che loro stessi presentavano spontaneamente . Lévi- Strauss rivendica la superiorità dello sguardo dell'antropologo su quello che il nativo rivolge verso se stesso ed opera un'ulteriore distinzione fra modelli consci / esplicitati ed inconsci / impliciti, che per l'antropologo hanno una diversa portata: - i modelli coscienti / norme sono già costruiti dalla cultura che egli studia e sono fra i più poveri sul piano conoscitivo, in quanto la loro funzione consiste nel perpetuare le credenze più che nel mostrare le molle segrete che muovono la società . più è netta la struttura apparente, più diventa difficile cogliere la struttura profonda a causa dei modelli consci e deformanti che si frappongono fra l'osservatore ed il suo oggetto; - i modelli inconsci / impliciti corrispondono a fenomeni il cui carattere di sistema non è stato percepito dai nativi e devono essere costruiti dall'antropologo.
Se per Lévi- Strauss il problema dell'antropologia è quello di scoprire i modelli inconsci, i quali sono esplicativi per il fatto di essere conformi alle strutture mentali, nella sua prospettiva fra modello inconscio (del nativo) e modello esplicativo (dell'antropologo) non vi è una sostanziale differenza. Il problema dell'antropologia è costituito semmai dalla possibilità che i modelli degli antropologi si appiattiscano su quelli consci (espliciti) dei nativi.

Come Lévi- Strauss anche E. Leach distingue nettamente fra il livello empirico ed i modelli, volendo privare questi ultimi di un qualsiasi potere di riflettere direttamente la realtà. Egli non opera alcuna distinzione fra modelli consci ed inconsci, quanto piuttosto fra:
- i modelli dell'osservato (regole giuridiche);
- le norme statistiche (modelli dell'osservatore) che per lui sono un'astrazione che cerca di rendere conto statisticamente del comportamento degli individui.
Secondo Leach la "verità" sta solo nella testa dell'antropologo, nel suo modello che però, a differenza che in Lévi- Strauss, si fonda sulle norme statistiche.

Lévi- Strauss negli anni '60 introduce un'ulteriore distinzione fra:
- modelli meccanici: per esempio nella società bororo i matrimoni sono prevedibili e descrivibili in base al modello di relazioni che mettono in rapporto gli individui
. possiamo dire qual è il "destino matrimoniale" di un individuo perché il nostro modello ce lo descrive con sicurezza;
- modelli statistici: in essi vengono presentate delle tendenze, per esempio un modello delle relazioni matrimoniali tipiche delle società industrializzate.

N.B. Per Lévi- Strauss i modelli meccanici si avvicinano di più al modello dell'inconscio in quanto riproducono lo schema oppositivo binario su cui si fonda il funzionamento dello "spirito" umano, sono in una certa misura coincidenti con la "verità" dell'inconscio, mentre per Leach la verità sta solo nelle norme statistiche e le regole giuridiche hanno a che vedere soprattutto con l'aspetto esplicito del modello.

Modelli rappresentazioni ed operativi, modelli "di" e modelli "per"

- Modelli rappresentazionali: corrispondono al modo in cui gli individui pensano che le cose stiano;
- modelli operazionali: riflettono il modo in cui gli individui agiscono sul piano pratico in risposta a determinate situazioni.
Non si può escludere che gli individui possiedano consapevolmente più modelli d'azione utilizzabili in contesti differenti.

Il modello rappresentazionale dell'antropologo ha la pretesa di essere esplicativo e deve prendere in considerazione i dati empirici (osservazioni + informazioni) e la relazione fra questi ed i modelli rappresentazionali ed operazionali. Il modello esplicativo è più ricco di quello operazionale perché non è "nella testa" del nativo, bensì in quella dell'antropologo ed il compito di quest'ultimo è costruire il modello che spiegherà la struttura operazionale di una società per poi collegarla ad altre. La possibilità di costruire un modello esplicativo si connette direttamente con il problema dell'oggettività di ciò che il modello descrive e qui per oggettività non si deve intendere qualcosa di assolutamente esistente di per sé, quanto piuttosto qualcosa che dipende dalla possibilità di stabilire delle relazioni di tipo causale fra i termini che lo costituiscono. Le relazioni di tipo causale sono riconosciute come tali quando risultano essere produttive, nel senso di generative. Nell'ambito della cultura, tuttavia, la questione dell'oggettività non si pone in termini di relazioni causali e produttive; se confrontassimo quanto avviene nel campo delle scienze naturali da una parte e nelle scienze sociali dall'altro, dovremmo riconoscere che mentre nel primo caso ciò che garantisce l'oggettività è da ricercarsi nei dati empirici, nel secondo caso tale oggettività viene "cercata" nei modelli rappresentazionali. Questo perché in caso di controversie è il nativo stesso ad appellarsi alla autorità del modello rappresentazionale, il quale viene presentato come "la verità". La distinzione fra modelli rappresentazionali ed operazionali, quindi, nelle scienze umane è relativa perché negli esseri umani c'è sempre una discrepanza fra norma e comportamento, tra nozioni ed azioni. Ne consegue che l'oggetto dell'antropologia non può essere distinto in un dominio nozionale (simbolico) ed in un dominio dell'azione (pratico). Una distinzione che contribuisce a rendere meno rigida l'opposizione fra modelli rappresentazioni ed operazionali, oltre che fra norma ed azione, è quella proposta da Geertz fra: - modelli di: forme simboliche finalizzate all'apprendimento di una "realtà" (esempio: rendere conto della dinamica sociale attraverso una rappresentazione della società) . stiamo "rappresentando"; - modelli per: per esempio se segmentiamo il tempo e lo calcoliamo con una meridiana per determinare la distribuzione dell'acqua, stiamo usando "modelli per", stiamo "agendo".

Modelli decisionali e generativi


La ricerca delle motivazioni "indigene" ha offerto lo spunto per elaborare tentativi di modernizzazione generalmente validi: - modelli decisionali: sono quelli possibili da delineare mediante una descrizione etnografica orientata in senso dell'attore e fondata sulle categorie della cultura che viene studiata (descrizione emica). Dovrebbero consentirci una visione più penetrante dei differenti principi che sottostanno alla gamma delle variazioni nel comportamento degli individui e ci consentono di valutare il modello sulla base di osservazioni future. Questi modelli sono costruiti su parametri culturali e non fanno riferimento a "strutture profonde" (come nel caso dei modelli lévi- straussiani); - modelli generativi: sono modelli di organizzazione sociale elaborati dall'antropologo per descrivere il comportamento degli individui in rapporto ai fattori dello status e del ruolo alla luce delle strategie ed alle scelte da essi operate in riferimento a tali valori. In questo modo la descrizione dell'organizzazione sociale non corrisponde più ad una descrizione di relazioni ma di scelte e strategie le quali, proprio perché orientate dalle motivazioni degli individui, possono generare nuovi modelli di organizzazione sociale. Se una scelta si rivela adeguata nel confermare lo status o nel migliorarlo, infatti, tenderà a generare comportamenti analoghi.

Lo statuto dei modelli


Fra tutti i modelli presenti nella letteratura antropologica il modello segmentario è quello per il quale sono state rivendicate maggiormente delle capacità di "aderire alla realtà", di essere cioè una descrizione oggettiva (reale), benchè modellizzata, delle dinamiche sociali, politiche e rappresentazionali comprese dal modello stesso. Può essere inteso come: - modello rappresentazionale: nessuno può negare che il modello segmentario sia un'immagine (per quanto schematica) della realtà vissuta dagli stessi attori in quanto essi dichiarano di attuare determinate scelte in base ai criteri regolativi del modello stesso, il principale dei quali è la prossimità genealogica degli individui e dei segmenti sociali; - modello operativo: una volta che una certa relazione fra due gruppi è stata tradotta in termini genealogico- segmentari, essa può servire da "mappa d'orientamento" per il comportamento pratico; - modello esplicativo: in quanto presentato dagli antropologi, esso ha una pretesa esplicativa. La natura strettamente ed esclusivamente rappresentazione del modello segmentario è sostenuta da quanti hanno sottolineato le discrepanze fra il modello stesso ed il comportamento reale degli individui.

Per quanto riguarda lo statuto del modello segmentario gli antropologi sembrano fare capo a due prospettive principali:

1) per gli uni (come Peters) il m. segmentario non sarebbe altro che un insieme di rappresentazioni della realtà e della pratica sociale largamente privo di rapporti con queste ultime . la struttura lignatico- segmentaria è qui un semplice modello, qualcosa che si riferisce ad un insieme di idee, un complesso di nozioni svincolate dalla realtà. Ne consegue che ci troviamo di fronte ad una doppia realtà sociologica, quella sociale e quella empirica, e si è costretti ad assegnare ad una delle due una priorità sull'altra;

2) per gli altri (come Gellner) il m. segmentario sarebbe la rappresentazione di fatti empirici . il modello ha un referente tanto nel dominio nozionale quanto in quello dell'azione. Gli individui ed i gruppi, anche quando sostengono di "essere segmentari", non seguono sempre (talvolta mai) questo modello ma valutano altri fattori come elementi decisivi per orientare il loro comportamento. Quest'ultima prospettiva ha dominato lungamente il campo degli studi in quanto è quella che nacque e si rafforzò con lo studio delle "società segmentarie" in un contesto di tipo africanistico.

Secondo alcuni antropologi la maggior parte dei problemi inerenti allo studio delle società segmentarie deriva dal fatto che tale modello non ha fatto altro che mettere in ombra altri principi di funzionamento dei sistemi sociali, ergendosi ad unico modello esplicativo. Secondo altri gli antropologi avrebbero privilegiato l'aspetto concettuale (quello di segmento) di un'entità , il gruppo, che sarebbe invece stato meglio avvicinare nei suoi aspetti dinamici concreti. Per altri, infine, la maggior parte delle difficoltà nell'uso del modello segmentario deriva dal fatto che il problema è stato concepito come quello di descrivere come una società è strutturata, invece di descrivere che cosa avviene in una società.

Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.