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Soggetto ed Agency

Dal servizio sessuale alla prostituzione. Una ricerca etnografica tra prostitute francesi e migranti .Soggettività e sofferenza nelle migrazioni delle donne richiedenti asilo in Italia

1) Prostituzione: rappresentazione della donna come vittima ("vittima di tratta"/ Protocollo di Palermo del 2000) in mano a trafficanti maschi.

2) Migrazione: le donne richiedenti asilo appaiono come un'umanità bisognosa di aiuto, come una soggettività omogenea e non sfumata nelle singole esperienze, come soggetti femminili da formare ed integrare, sprovviste di un loro senso di autonomia e responsabilità. Il loro passato è riconosciuto solo come un insieme di violenze che hanno prodotto traumi e sofferenze, mentre il futuro è incanalato dentro a programmi che riproducono gli immaginari sulle donne immigrate; il presente è caratterizzato da situazioni di attesa (di documenti, lavoro, ricongiungimenti,…) che fanno apparire queste donne imprigionate in una temporalità sospesa ad aspettare che qualcosa succeda per realizzare altre cose.



Riproduzione degli stereotipi di genere:
femminilità = fragilità costitutiva;
mascolinità = esercizio della violenza, irruenza sessuale.

1) Le donne che si prostituiscono in Europa (le "putes", non le "salopes" che esercitano la prostituzione come mezzo di sopravvivenza e quindi non godono di autonomia) accostano alla vendita di prestazioni sessuali i contenuti emancipatori attribuiti al lavoro (concetto di sex work) e convertono lo stigma di "puttana" in immagine positiva, in possibilità concreta di libertà ed autonomia femminile anche se una parte delle Femministe considera la prostituzione violenza contro le donne e perpetuazione del dominio maschile e rifiuta qualsiasi tipo di regolamentazione (movimento abolizionista). Le prostitute gestiscono il proprio tempo e l'accesso al proprio corpo (vendono una prestazione sessuale) e, definendo la tariffa, stabiliscono il proprio potere di contrattazione; considerano l'abbigliamento un travestimento e recitano un ruolo diverso a seconda del cliente → padroneggiano la propria attività e vita, inserendo la prostituzione in un progetto più ampio che mette in gioco sogni e desideri di ognuna. Nel contesto di ristrutturazione del mercato del lavoro post-fordista il corpo femminile è diventato una risorsa produttiva: l'espansione del terziario ed i cambiamenti avvenuti nei rapporti fra i sessi hanno aumentato la domanda di prestazioni femminili di cura e di assistenza e richiedono spesso un uso sessuato del corpo (mercato della ristorazione e dell'intrattenimento).
La trasgressione dei limiti posti al tipo di prestazione ed alla tariffa è assimilata allo stupro, così come la minaccia per ottenere prestazioni gratuite → lo stigma di "puttana" rappresenta le prostitute come donne sempre e comunque disponibili ed accessibili sessualmente, inoltre colpisce la donna quando si pone come soggetto della transazione, ovvero quando trasgredisce le norme che regolano il genere e si sottrae al controllo ed alla tutela maschili. In questo senso la distinzione fra "donne perbene" e "donne permale" sfuma, mostrando allo stesso tempo la sua funzione ideologica. Né la contropartita monetaria, né la molteplicità dei partners sessuali bastano a definire la prostituzione perché questo continuum sessuo-economico è piuttosto il fondamento del rapporto di appropriazione degli uomini sulle donne, dove queste sono fatte oggetto di scambio attraverso la ricompensa materiale resa ai loro servizi non solo sessuali ma anche domestici, affettivi e psicologici. Tale scambio è dunque ineguale: viene realizzato da soggetti di sesso maschile, presuppone ed allo stesso tempo produce una differenza di statuto fra sessualità maschile e femminile. La divisione sessuale del lavoro, che determina l'impegno delle donne nel campo della riproduzione e della cura delle relazioni, contribuisce alla trasformazione della sessualità femminile in servizio, insieme all'esercizio sempre possibile, praticabile e praticato, della violenza maschile. La criminalizzazione delle prostitute di strada e dei loro clienti si accompagna spesso all'acquisto di prestazioni sessuali come parte di un progetto di potere connotato al maschile e realizzato dagli stessi soggetti che ne promuovono la penalizzazione in luogo pubblico.

Le immigrate spesso considerano la prostituzione un'attività temporanea e strategica per liberarsi in fretta del debito accumulato con la migrazione e per rispondere alle responsabilità nei confronti dei familiari lasciati nel Paese d'origine. Essendo legate a rapporti di dipendenza con terzi, le donne migranti non hanno una gestione pienamente autonoma della loro attività; alla base di una buona capacità di contrattazione sta quindi anche la regolarità della propria condizione nel Paese d'arrivo
→queste prostitute spesso usano strategicamente la relazione con il cliente cittadino per ricavare spazi di vita al di fuori della prostituzione o per sposarsi poiché il matrimonio ancora oggi è la forma più esplicita di legittimazione femminile e di riconoscimento della donna in quanto cittadina.

2) C'è un continuo scarto fra l'immagine di sé che le donne migranti hanno costruito nel corso della loro vita e nelle loro esperienze nella città di arrivo e quella che strutture e contesto di accoglienza rimandano. Essere vulnerabili sotto molti punti di vista e dipendenti per necessità non significa essere soggetti passivi ed irresponsabili; è la fantasia (ciò che si vorrebbe essere o diventare) che incide sulla costruzione di sé ed esprime una spinta per il cambiamento.

Nei centri di accoglienza da una parte la cultura dell'assistenza mira a costruire soggetti femminili autonomi e moderni, dall'altra ripete la gerarchia dei ruoli fra i generi e quella del mercato del lavoro a cui sono destinate le donne immigrate (lavori di cura oppure attività legate ad un femminile tradizionalista), senza interrogarsi sugli orizzonti esperienziali e sociali di queste donne e di quali altri modelli di emancipazione sono portatrici.

Concludendo:
-le prostitute sono capaci di operare strategicamente all'interno del sistema di costrizioni in cui si inserisce la loro attività, traendone il massimo vantaggio;
-le migranti individuano strategie per occuparsi di sé e per ricostruire le loro esistenze dopo la fuga.



Al di là degli stereotipi di genere le donne sono soggetti attivi (agency).

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