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Le scritture contabili



Le Scritture contabili sono appunto i documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitativi e/o monetari, dei singoli atti di impresa, della situazione del patrimonio dell’imprenditore e del risultato economico dell’attività svolta.
La tenuta delle scritture contabili è tuttavia elevata ad obbligo ed è legislativamente disciplinata per gli imprenditori che esercitano attività commerciale.
La disciplina delle scritture contabili prevista dal codice civile non si applica ai piccoli imprenditori e quindi anche ai piccoli imprenditori che esercitano attività commerciale.
Le società commerciali (tutte tranne la società semplice) devono ritenersi obbligate alla tenuta delle scritture contabili anche se non esercitano attività commerciale.

Le scritture necessaria per un’ordinata contabilità variano a seconda del tipo di attività, delle dimensioni e dell’articolazione territoriale dell’impresa. Il legislatore ha fatto tesoro di tale insegnamento ed ha optato per una soluzione di tipo misto fissata dall’art. 2214.
La norma pone il principio generale che l’imprenditore deve tenere tutte le scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa. Stabilisce inoltre che in ogni caso devono essere tenuti determinati libri contabili: il libro giornale e il libro degli inventari. Devono essere ordinatamente conservati, per ciascun affare, gli originali della corrispondenza commerciale ricevuta e le copie di quella spedita.
Il libro giornale è un registro cronologico-analitico. In esso devono essere indicate giorno per giorno le operazioni relative all’esercizio dell’impresa.
Il libro degli inventari è invece un registro periodico-sistematico. Deve essere redatto all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamente ogni anno. L’inventario ha la funzione di fornire il quadro della situazione patrimoniale dell’imprenditore. Deve perciò contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività dell’imprenditore, anche estranee all’impresa. L’inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite.
La scelta in concreto delle altre scritture da tenere è peraltro rimessa alla discrezionalità dell’imprenditore, sia pure nei limiti segnati dalle norme tecniche e dalla prassi di una ordinata contabilità. In pratica tale principio è largamente disatteso e soprattutto in sede fallimentare spesso si chiude un occhio, dato che il precetto legislativo si ritiene sempre e cmq soddisfatto purchè siano state tenute le scritture obbligatorie specificamente indicate.
Per garantire la veridicità delle scritture contabili ed in particolare per impedire che le stesse siano successivamente alterate, è imposta l’osservanza di determinate regole formali e sostanziali nella loro tenuta.
Tutte le scritture contabili devono essere poi tenute secondo norme di una ordinata contabilità e, in particolare, senza spazi in bianco, senza interlinee, senza abrasioni ed in modo che le parole cancellate restino leggibili.
L’inosservanza di tali regole rende le scritture irregolari e quindi giuridicamente irrilevanti.
Le scritture contabili non sono di regola soggette ad alcuna forma di controllo esterno.
L’obbligo di tenuta delle scritture contabili non è assistito da alcuna sanzione generale e diretta, salvo quelle previste dalla legislazione tributaria. Non mancano, però, sanzioni eventuali ed indirette.

Le informazioni sulla vita dell’impresa desumibili dalle scritture contabili non sono accessibili ai terzi in quanto l’interesse dell’imprenditore al segreto riceve tutela preferenziale.
Eccezioni: il bilancio deve essere reso pubblico mediante deposito presso l’ufficio del registro delle imprese. Il diritto al segreto contabile cede di fronte alle esigenze conoscitive della pubblica amministrazione, finalizzate ad accertamenti di carattere tributario o alla repressione di reati anche di natura economica.
Le scritture contabili, siano o meno regolarmente tenute, possono sempre essere utilizzate dai terzi come mezzo processuale di prova contro l’imprenditore che le tiene. Il terzo che vuol trarre vantaggio dalle scritture contabili di un imprenditore non può però scinderne il contenuto; non può cioè avvalersi solo della parte a lui favorevole. L’imprenditore potrà inoltre dimostrare con qualsiasi mezzo che le proprie scritture non rispondono a verità.
Condizioni previste perché l’imprenditore possa utilizzare le proprie scritture contabili come mezzo processuale. Si deve innanzitutto trattare di scritture regolarmente tenute. Per garantire la parità di trattamento, è ulteriormente necessario che la controparte sia a sua volta un imprenditore e che la controversia sia relativa a rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa. È rimesso all’apprezzamento del giudice riconoscere valore probatorio alle scritture contabili.
Il giudice può chiedere, di ufficio o su istanza di parte, solo l’esibizione di singole scritture contabili, ovvero di tutti i libri ma solo per estrarne le registrazioni concernenti la controversia in esame. In tre casi tassativi il giudice può ordinare la comunicazione alla controparte di tutte le scritture contabili: controversie relative allo scioglimento della società, alla comunione dei beni e alla successione per causa di morte.

Tratto da DIRITTO DELL'IMPRESA di Enrica Bianchi
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