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Il pensiero politico del movimento illuminista europeo

Nel periodo che va dalla morte del re di Francia Luigi XIV fino all’inizio della Rivoluzione francese nel 1789 l’Europa vide svilupparsi un ampio movimento chiamato dei lumi, illuminismo. I concetti fondamentali erano la ragione, natura, progresso, libertà, critica, tolleranza, civiltà, giustizia. I quali erano espressi prevalentemente in francese, infatti la Francia della monarchia borbonica e Parigi furono il fulcro del movimento illuminista in Europa.

A Parigi, si sviluppò l’impresa più impegnativa del secolo, l’Encyclopédie diretta da D’Alembert e Diderot e pubblicata dal 1750 al 1765 e si organizzarono nei salons luoghi di discussione sui temi del giorno, dalla politica alla filosofia alla religione all’arte.
Terminata l’epoca delle guerre di religione, gli Stati europei si scontrarono per la supremazia in Europa e per il controllo delle terre americane e dell’India, in due guerre di successione e nella Guerra dei sette anni e assistettero alla nascita della prima democrazia moderna nella guerra di indipendenza americana. Ma al di la delle guerre, gli illuministi costituirono una repubblica delle lettere europea, nella quale la comune ricerca della verità di ragione rappresentava un motivo di identità.
Le grandi monarchie europee furono impegnate in uno sforzo di riorganizzazione interna e anche gli uomini dei lumi parteciparono come scrittori, pensatori nel tentativo di modernizzazione della vita politica europea. Questi ultimi intervennero nella vita intellettuale e politica assumendo un ruolo nuovo ed autonomo.
Dal 1715 al 1730 ci fu una critica politica alla religione. Si trattava di una richiesta di libertà nella ricerca della verità religiosa che si accompagna all’approfondirsi della polemica contro l’impostura sacerdotale. Dimostrare la falsità dei dogmi cristiani sostenuti e imposti con la coercizione dall’istituzione ecclesiastica significò elaborare un modello di politica fortemente secolarizzata e laicizzata e alternativo a quello cristiano.

Pietro Giannone, nell’Istoria civile del regno di Napoli, analizzò come la chiesa primitiva povera e priva di strumenti coercitivi si trasformò in uno stato ecclesiastico. Nella strategia di modernizzazione e laicizzazione dell’Italia gli illuministi vedevano nella collaborazione con i sovrani riformatori l’unica strada percorribile.
Con Voltaire, i temi del pensiero illuminista furono raccolti ed esposti attraverso un’attività di pubblicazione indefessa.
L’Inghilterra che Voltaire conobbe da vicino durante l’esilio e descrisse come passione nelle lettere filosofiche, rappresentava il modello di civiltà moderna e dinamica. Soprattutto la tolleranza era una condizione di prosperità economica dell’isola, e l’uguaglianza di fronte alla legge era rispettata. Di fronte a questo quadro della vita inglese, la Francia mostrava tutta la sua arretratezza civile.
Nell’Henriade, Voltaire esaltò la tolleranza religiosa di Enrico IV mentre nel Siècle de Louis XIV additò all’ammirazione dei lettori la figura del re Sole impegnato nella trasformazione della Francia in paese moderno. Attraverso il rilievo dato ai modello di sovrani assoluti V. sottolineava gli elementi di squilibrio e iniquità della società francese.
Libertà e dispotismo
Montesquieu nell’'Esprit des lois', fu influente nell’additare l’eccellenza del modello inglese ma non aveva trovato consenso unanime. Secondo l’autore il dispotismo era una forma naturale di governo, e per lui la legge costituiva il principio della sovranità, che doveva valere anche per i re e per i giudici.
Mentre per Voltaire era fondamentale la distinzione tra assolutismo e dispotismo, per lui il dispotismo era un abuso della legalità, come l’anarchia è un abuso della repubblica. E la repubblica non si fonda sulle virtù ma sull’ambizione dei cittadini.
La fisiocrazia sviluppò il suo pensiero politico sulla libertà e il dispotismo a partire dalla teoria economica formulata da Quesnay che aveva la pretesa di riconoscere l’ordine naturale della vita produttiva. Quello che i fisiocratici chiamarono <dispotismo legale> divenne l’ideale di governo, nel quale, il sovrano segue e fa seguire i dettami della natura, come la libertà personale, proprietà privata e libertà di commercio.


Uomini dell’Encyclopédie


Alla realizzazione dell’opera più significativa dell’Illuminismo europeo parteciparono alcuni filosofi come Montesquieu e Voltaire e soprattutto molti intellettuali. Insieme a Diderot e d’Alembert, ideatori e coordinatori dell’opera, collaborarono Rousseau, Turgot, Deleyre che interpretarono le idee illuministiche negli anni 60 e 70.
I principi essenziali dell’opera erano: la scelta della verità raggiunta con la ragione contro i dogmi della fede religiosa, la necessità di godere della più ampia libertà di indagine, di espressione e di stampa, la volontà di intrecciare un dialogo con il potere monarchico e le sue istituzioni per realizzare le riforme necessarie nella società francese.
Gli oppositori del progetto furono gli ambienti religiosi, gesuiti e giansenisti, i quali influivano la corte.
Per d’Alembert, gli illuministi dovevano costituirsi in gruppo orgoglioso delle proprie capacità e competenze e da questa posizione di indipendenza collaborare alla trasformazione culturale e politica degli Stati: consolidarsi come élite dirigente della monarchia.
Ma qual è la migliore forma di governo? Se la libertà del popolo era considerata la condizione necessaria alla felicità dello Stato, l’enciclopedista non si avventura nella definizione di meccanismi istituzionali che la garantissero. E anzi gli articoli come Souverains e Tyrans parevano perfino offrire un’eco ai miti fisiocratici del dispotismo legale, dei sovrani guidati dalla pura ragione per il benessere dei sudditi, anche se sempre ricompariva la coscienza della natura espansiva per cui la monarchia è in costante pericolo di degenerare in cieca oppressione.
La conclusione della riflessione è che si dovranno richiedere a tutti i cittadini che hanno proprietà nello Stato e sono perciò direttamente interessati al buon governo della cosa pubblica di partecipare come elettori ed eventualmente come deputati all’assemblea che rispecchi l’insieme degli interessi della nazione. Il modello di fondo era il sistema inglese, corretto dalla parità di prerogative tra clero, nobili, magistrati, commercianti e proprietari terrieri. Solo così la concordia e l’equilibrio regneranno nello stato e il sovrano potrà regnare secondo giustizia.

Il radicalismo e l’utopia nell'illuminismo


Definizione di radicalismo:

il radicalismo è una corrente ideologica sorta nel XVIII secolo all'interno del movimento liberale. I "radicali" rappresentavano la sinistra dello schieramento liberale e, dunque, l'estrema sinistra dello schieramento politico. Essi proponevano riforme politiche appunto radicali in senso egualitario, tra le quali l'introduzione del suffragio universale, l'abolizione dei titoli nobiliarie, taluni, la repubblica. I radicali inoltre sostenevano la libertà di stampa e la rigida separazione fra Stato e Chiesa.

Helvétius, nel suo trattato “De l’esprit”, impostò un’analisi della natura umana in termini di sensismo radicale e di utilitarismo sociale. La politica, per l’autore, è la capacità di identificare l’interesse personale con quello della comunità politica nella quale si vive. Ma sulla strada di questo processo di riforma politica e morale della società, si vedevano due ostacoli: il fanatismo religioso e il dispotismo.
Secondo Helvétius, l’adozione di un sistema educativo egalitario sarebbe stato il primo passo nella rigenerazione della società francese. Mentre nell’opera “De l’homme”, per la Francia immaginò la graduale trasformazione in una federazione di repubbliche. E’ evidente nell’autore un radicalismo speculativo.

Morelly in “Il Code de la nature”, delineò il modello di una società comunista perfettamente egualitaria, basata sull’uniformità tra ordine fisico e ordine morale: abolizione della proprietà privata, suddivisione del popolo in famiglia, tribù e città e partecipazione di tutti i capi di famiglia al senato.

Dom Deschamps immaginò, nel suo trattato “Le vrai système”, una condizione umana di armonia, quiete e riposo realizzata sulla comunità dei beni, e la chiamò stato dei consumi.

Quindi divenne evidente agli ambienti illuministi, che la causa di questa inadeguatezza delle istituzioni europee stava nella religione dominante e che solo un’aperta rivendicazione del ruolo normativo della ragione umana nella vita pubblica avrebbe salvato l’Europa dalla crisi.

Per Diderot e d’Holbach a salvare l’ordine politico dovevano essere la ragione e filosofia.
D’Holbach teorizzò una politica fondata sulla concezione materialista e deterministica della realtà: il trono e l’altare, la tiranna politica e l’oppressione religiosa sono strettamente legati e secondo lui esiste un interesse dei sovrani e del clero a tenere le popolazioni nell’ignoranza e nella superstizione. Quindi secondo lui l’assolutismo e il dispotismo, alla fine, finivano per coincidere.

Per Diderot il vero sovrano e il vero legislatore è il popolo. Il diritto all’insurrezione nel caso in cui il sovrano violi la legge è previsto come primo articolo.
I principi fondamentali nella politica di Diderot doveva basarsi sul consenso dei cittadini, sull’edificazione di un sistema educativo pubblico, sull’esercizio della giustizia secondo criteri di umanità e rigore.
Diderot fu accusato di spirito sovversivo dal sovrano-filosofo Federico II di Prussia, il quale contestò l’evoluzione costituzionale e liberale della discussione politica illuminista e difendendo la monarchia ereditaria, la nobiltà, la chiesa come elemento di stabilità e i pregiudizi come garanzie dell’obbedienza dei popoli.

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