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Il modello di Steiner-Khamsy



Steiner-Khamsy propone la raffigurazione di un modello socio-dinamico che spieghi simbolicamente le modalità che possono farci comprendere le tendenze che i gruppi differenti seguono nell’avanzare loro richieste e rivendicazioni: si tratta di uno slittamento dalla periferia verso il centro, lo spostamento assomiglia ad una guerra di posizione che porta a guadagnare maggiori riconoscimenti. Ogni gruppo manifesta questa tendenza al volersi affermare con la propria identità distinta guadagnando un centro, una posizione diversa rispetto alla periferia per salvaguardare gli interessi del proprio gruppo. Lo spostamento al centro raffigura l’acquisizione di strumenti migliori per rafforzarsi e per avere poteri decisionali. Il continuo slittamento alimenta conflitti e lotte, tali diventano l’arma della rivendicazione.

• IL MODELLO ASSIMILATORIO: posizionarsi in un centro idealizzato significa il più delle volte assorbire l’equivalente della mentalità del centro escludendo ugualmente gli altri. Colui che si è allontanato dalla propria periferia tende ad omogeneizzarsi agli altri e fondersi nel modello maggioritario. Sempre Steiner-Khamsy  afferma che questo processo è particolarmente evidente quando si parla di immigrazione, e l’assimilazione diventa un processo di apprendimento che consente il passaggio dalla periferia al centro, luogo dove è possibile partecipare attivamente alla produzione del lavoro, del sapere e del potere.
Nel passaggi dalla periferia al centro affiorano una serie di atteggiamenti di razzismo che ad oggi si presenta con nuove varianti. È velato, è nascosto cioè non è dichiarato dunque non va a portare ad un’ostilità aperta, si presenta piuttosto con numerose ambivalenze, sospetti, enunciazioni, allusioni. La volontà di dominare rimane inconsciamente così come è perdurante l’idea nociva circa le contaminazioni.

Il moderno razzismo europeo non si basta più sull’odio razziale bensì sullo sviluppo di una politica di esclusione (degli immigrati) e il controllo delle minoranze. Tale prende di mira soprattutto lo straniero immigrato, le minoranze etniche, le comunità non native, non enfatizza la razza bianca ne attribuisce l’inferiorità alla razza per giustificarsi. Il razzismo moderno è piuttosto da associare alla frammentazione, alla xenofobia, all’ostilità e all’esclusione. I concetti di nazione ed etnicità nonché di innata superiorità vengono invece utilizzati come giustificanti tanto che Mc Laughlin lega il razzismo moderno allo sviluppo dell’identità e della cittadinanza nazionali. Tornano ineguaglianza ed identità nazionali volti all’esclusione, si punta verso concetti di esclusività, selettività ed espulsione. Tale neo razzismo ha diversi livelli di funzionamento, diverse varianti interne. L’antipatia razziale ad esempio è una variante indipendente dal concetto di superiorità innata. Secondo Blum tale è semplicemente un’avversione forte colorata di ostilità verso gruppi o individui a causa della loro razza, non ha componenti ideologiche forti e non nasce dall’odio razziale. L’intercultura nei processi di formazione ha generalmente la tendenza a focalizzare gli assetti ideologici del razzismo non affrontando sufficientemente invece il ruolo che tale razzismo ha nelle società moderne, come esso agisce, con quali pratiche e come si diffonde a partire dalla comprensione dei più banali conflitti o incidenti. Nei programmi d’insegnamento per combatterlo ci si affida alla forza morale, che però secondo Blum (il sovraccarico morale) non riesce da solo a contrastare il razzismo.

Il razzismo è inibito da numerose formule occorre perciò approfondire i numerosi significati e le sue varianti, approfonditi e non trattati come una problematica morale, ciò al fine di elaborare punti per la formazione anti-razzista. L’educazione culturale deve poi muoversi in un’ottica di maggiore concretezza introducendo nei contesti di lavoro formativo un insieme di pratiche sociali ed educative utili per scoprire le varie modalità con cui agiscono i tanti fattori che veicolano il razzismo e le sue varianti.  Piuttosto che reprimere o indicare etiche di contrasto a tale razzismo l’educazione interculturale dovrà operativizzarsi individuando gli ambiti e i contesti in cui è più evidente lo scontro tra modelli socio culturali diversi. Offrire occasioni concrete ed esporre i soggetti. Non basta elencare pregiudizi e stereotipi per l’individuazione del razzismo, servono modelli pragmatici che evidenzino le forme velate e ambigue, le strategie per una educazione antirazzista dovranno considerare come indicatori imprescindibili, tra loro variamente combinabili, alcuni elementi dinamici che agiscono per discriminare e opprimere, gli elementi che entrano in gioco nel razzismo contemporaneo sono: identità, disuguaglianza ed esclusione. L’individuazione anche di un solo di questi elementi chiave chiama la riflessione interculturale.
Stereotipi o pregiudizi sono forme di discriminazione che bloccano o incanalano la comunicazione verso una direzione, ma volendo, tali possono essere stimolo di conoscenza su un approccio che considera non la cultura che è soggetto del luogo comune ma l’individuo.

Tratto da INTERCULTURA. PAIDEIA PER UNA NUOVA ERA di Marianna Tesoriero
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