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La teoria della conservazione del valore (e Modigliani & Miller)



M&M affermano, sulla scorta di quanto sostenuto da J.B Williams sulla conservazione del valore che, in un mercato di capitali perfetto, ciò che determina il valore del capitale investito dipende esplosivamente dai flussi operativi generati. Il che significa che è semplicemente la rischiosità delle attività reali dell’impresa a determinare il costo del capitale e non la combinazione delle fonti che le finanziano.
1° proposizione di M&M: Il valore dell’impresa non è influenzato dalla sua struttura finanziaria: ogni combinazione di mezzi finanziari è valida come qualsiasi altra. Comunque si modifiche il rapporto tra D e W, il valore del capitale rimane inalterato (Vu = Vl).
Le assunzioni su cui si basa la prima proposizione:
Esistenza di un mercato di capitali perfettamente competitivo ed efficiente. (investitori razionali, tutti con le stesse informazioni nella stessa unità di tempo e senza costi di transazione/negoziazione)
Investitori perfettamente certi della profittabilità di ogni impresa
Tutte le imprese possono dividersi in classi di rischio omogeneo, all’interno delle quali il rischio operativo di tutte le imprese in una certa classe è lo stesso.

L’inesistenza di imposte societarie e personali
La possibilità delle imprese e dei singoli individui di ricorrere senza limiti all’indebitamento e alle stesse condizioni di tasso di interesse.
Il management agisce nell’intento di massimizzare il valore del capitale economico d’impresa e quindi con una curva di utilità coincidente con quella degli azionisti.
La base concettuale di supporto della tesi di M&M è costituito dal c.d. processo di arbitraggio […], il quale si oppone al fatto che due attività uguali siano vendute a prezzi diversi nello stesso mercato.  Così in un mercato di capitali perfetto, il processo di arbitraggio impedisce che i valori di mercato di 2 o più imprese, appartenenti alla stessa classe di rischio, differiscano solo di una differente struttura finanziaria.
M&M affermano che i valori economici delle 2 imprese e i rispettivi costi medi ponderati del capitale devono essere uguali (Ku = Kl): se così non fosse gli investitori entrerebbero nel mercato e riporterebbero l’equilibrio.

2° proposizione del Teorema di M&M. Il tasso di rendimento atteso dal capitale proprio di un’impresa indebitata (Kel) è uguale al tasso appropriato di capitalizzazione (costo medio ponderato del capitale, K) + un premio pari al coefficiente di leverage (D/W) moltiplicato per il differenziate tra K e il tasso di onerosità dei debiti di finanziamento, i.
Kel = (Ro – i ⋅ D) /W      ->  Kel = (K ⋅ W)/W  +  [(K ⋅D – i ⋅ D)/W]  ->  Kel = K + [(K – i) × D/W]

⇒ In sintesi, le proposizione di M&M si fondano sul principio che, in un mercato di capitali perfettamente competitive ed efficiente, due beni equivalenti debbano avere lo stesso prezzo (“law of one price”) e quindi, la riduzione del costo del capital generato dall’effetto di leva (Vif) è bilanciato esattamente dall’incremento del tasso di rendimento richiesto dagli investitori per sostenere il rischio finanziario (Vprf)  ->  Vu = Vl        Vprf = Vlf

In base alla II prop. Di M&M possiamo dedurre che un maggior ricorso all’indebitamento si riflette in pari misura sulla redditività del capitale proprio (ROE) e sul costo dello stesso (Ke) lasciando nella sostanza inalterata la ricchezza dell’azionista; mentre in relazione ai principi del CAPM non è possibile a priori affermare l’intensità degli effetti dell’indebitamento sul ROE rispetto al Ke, proprio in ragione delle imperfezioni dei mercati finanziari.
Effetti dell’indebitamento sul costo del capitale

Kel: remunerazione min pretesa dagli azionisti o costo del patrimonio netto
K:. remunerazione min pretesa dai finanziatori dell'impresa o costo medio ponderato del capitale
i: remunerazione min pretesa di finanziatori di debito o costo dei debiti finanziari

Tratto da FINANZA D'IMPRESA di Alessia Chiovaro
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