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Previdenza sociale e cittadini extra UE

PREVIDENZA SOCIALE E CITTADINI EXTRA UE


Il datore di lavoro che si avvale di lavoratori extracomunitari (in condizione irregolare, senza permesso di soggiorno) commette un reato. 
Problema: questi lavoratori in condizioni irregolari hanno dei diritti? 
In base a schemi civilistici il contratto di lavoro dovrebbe essere considerato nullo e non si può riconoscere alcunché poiché non produce effetti giuridici. La disciplina dell’invalidità nel rapporto di lavoro fa eccezione rispetto alla disciplina civilistica. I lavoratori stranieri sono coperti dall’assistenza previdenziale se in condizioni di regolarità, diverso è il discorso per i cittadini dell’UE in quanto godono del diritto di libera circolazione. 
L’UE prevede dei regolamenti per i quali è possibile cumulare l’attività retributiva in ciascuno dei paesi in cui il lavoratore si è recato (cumulo delle prestazioni previdenziali) e sarà l’ultimo paese di residenza a versare i trattamenti previdenziali al verificarsi dei requisiti per il riconoscimento di tale prestazione previdenziale. Per i lavoratori extra UE è previsto un trattamento a sé che ha dato luogo a numerosi dibattiti: in passato la regola che veniva utilizzata era quella secondo la quale il lavoratore extra UE nel momento in cui rientrava nel paese d’origine vedeva riconosciuta tutta la sua contribuzione e gli veniva liquidato tutto quello che gli spettava. Con l’introduzione della legge Bossi-Fini il lavoratore straniero, quando torna al suo paese d’origine, lascia la sua contribuzione in Italia e gli verrà resa solo al raggiungimento dei requisiti secondo i quali anche i cittadini italiani possono godere delle stesse contribuzioni.

Tratto da DIRITTO DEL LAVORO di Francesca Morandi
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