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L'incompatibilità del difensore dell'imputato


Il sistema processuale penale ammette la possibilità che la difesa di più imputati nello stesso procedimento venga assunta da un unico difensore comune, a condizione che le diverse posizioni non siano tra di loro incompatibili (art. 106 comma I).

La giurisprudenza afferma, in via generale, che l'incompatibilità non sorge per una semplice diversità di posizioni giuridiche o di interessi, bensì occorre che sussista una interdipendenza di posizioni processuali in seno alla quale un imputato abbia convenienza a sostenere una tesi difensiva sfavorevole per altro imputato, cosicché si renda inefficiente la comune difesa (Cass. 16 maggio 2000, Ninfole).

Ciò non toglie che in alcuni casi sia lo stesso legislatore a determinare, con criterio presuntivo, posizioni tra loro in conflitto, individuandovi altrettante cause di incompatibilità (vedi art. 106 comma IVbis).

Per le forme di rilevazione e per le conseguenze che ne derivano, l'art. 106 comma II stabilisce che l'autorità giudiziaria procedente, la quale ravvisi una situazione di incompatibilità, la segnali all'imputato, indicandone i motivi per le opportune valutazioni, e fissa un termine affinché venga rimossa. Nel caso in cui non si provveda a tale rimozione, il giudice di propria iniziativa, o su richiesta del pm o delle parti private, ove l'incompatibilità sia stata rilevata durante le indagini preliminari, provvede, dopo aver sentito le parti interessate, alla sostituzione de difensore incompatibile con un difensore d'ufficio (art. 106 commi III e IV).

Tratto da IL DIFENSORE di Gianfranco Fettolini
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