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Abbandono, rifiuto della difesa e violazione dei doveri di lealtà e di probità da parte del difensore


Ogni comportamento che possa integrare ipotesi di abbandono della difesa o di rifiuto della difesa d'ufficio o di violazione dei doveri di lealtà e probità o di inosservanza delle regole di incompatibilità, deve essere segnalato dall'autorità giudiziaria che l'abbia rilevato al consiglio dell'ordine forense al quale compete, in via esclusiva, l'attivazione di un eventuale procedimento di natura disciplinare (art. 105 commi I e IV). Nell'accertamento del'illecito disciplinare addebitato al difensore non si può prescindere dal vagliare l'elemento soggettivo che si concreta nell'abbandono intenzionale dell'ufficio con la consapevolezza di cagionare, attraverso la condotta astensionista, una privazione di assistenza tecnico-professionale alla parte interessata.

Il comma III dell'art. 105 afferma che nei casi di abbandono o di rifiuto motivati da violazione dei diritti della difesa, quando il consiglio dell'ordine li ritiene comunque giustificati, la sanzione non è applicabile, anche se la violazione dei diritti della difesa è esclusa dal giudice.

Le conseguenze derivanti dall'assenza, dovuta ad abbandono, del difensore si atteggiano diversamente a seconda che investano la posizione dell'imputato o quella degli altri soggetti. Nel caso dell'imputato, si determina una stasi processuale in attesa che venga ripristinata la figura del difensore. Per quanto riguarda le altre parti e i soggetti ad esse assimilabili, l'eventuale venir meno della presenza dei loro difensori non ha alcuna incidenza sullo svolgimento delle attività processuali, la cui immediata prosecuzione è comunque assicurata (art. 105 comma V).

Egualmente obbligata a riferire all'ordine forense è l'autorità giudiziaria in tutti i casi di riconosciuta violazione dei doveri di lealtà e probità da parte del difensore nel corso del procedimento.

(Calamandrei: “in realtà, ciò che plasma il processo, ciò che gli dà la sua fisionomia tipica non è la legge processuale, ma è il costume di chi la mette in pratica; il diritto scritto non è che un contorno esterno entro il quale il rilievo, coi colori e i chiaroscuri, è dato dal costume”).

Tratto da IL DIFENSORE di Gianfranco Fettolini
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