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Aby Warburg. L'antropologia, la fotografia etnografica



Il processo di rappresentazione e raffigurazione dell'Alterità messo in atto nell'occidente contemporaneo, che appare dalle fotografie o i film etnografici, è assai stratificato e, dal punto di vista temporale, assai remoto.

Clifford ha ricordato in più occasioni le cospicue sedimentazioni iconografiche presenti nelle immagini dei nativi, invitandoci a guardare le loro fotografie come risultati di processi di manipolazione assai cogenti, anche se nascosti. Uno storico della cultura antica quale Vernant, dal canto suo, ha magistralmente rilevato come idee e pratiche della rappresentazione altrui, politicamente orientate, siano presenti già nella cultura greca arcaica e si radichino nel paradigma fondato sull'opposizione morte-sguardo*. All'interno de repertorio visivo dell'Alterità confluiscono paura e fascinazione, attrazione e repulsione, curiosità e superficialità, in una continua elaborazione e rielaborazione, centrale per gli interessi politici delle società e delle loro elites. Confluiscono ancora, dal punto di vista delle stratificazioni culturali, il senso comune popolare, i dettati della chiesa, le rappresentazioni dei poteri laici e dello stato, le opinioni degli uomini colti e degli artisti e degli studiosi.

Le immagini dell'altro dunque in quest'ultima prospettiva benchè dipendano grandemente dal senso comune, sono costruite anche utilizzando un sapere visivo, di tipo critico, elaborato dalla parte colta della società; questo sapere ha fortemente influenzato e condizionato quel peculiare processo di rappresentazione costituito dall'etnografia visiva. Gli etnografi e gli antropologi, in definitiva, hanno elaborato le loro immagini dei nativi, ereditando in modo conscio e inconscio, diretto o indiretto, una cultura visiva e rappresentativa per larga parte proveniente dall'esterno del loro ambito disciplinare; poca cultura etnografico-visiva in effetti è stata espressamente prodotta dall'interno e in funzione di specifici tracciati ermeneutici e bisogni euristici.

Per avere, di conseguenza, dell'etnografia visiva un'immagine non sfuocata e storiograficamente angusta, è necessario prendere in considerazione autori e idee tangenti o del tutto esterni all'ambito disciplinare; autori e idee che hanno avuto, che gli scienziati sociali lo sappiano o no, una notevole influenza nel determinare le forme del loro immaginario. Walter Benjamin, Maurice Merleau_Ponty, Aby Warburg, Wittgeinstein e altri ad esempio hanno intensamente plasmato con le lor teorie della visione e della rappresentazione, con le loro concrete esperienze di ricerca, lo sguardo etnografico: la teoria del campo di Merleau-Ponty, quella dell'inconscio tecnologico di Benjamin, le idee intorno alle origini delle forme simboliche e le concrete esperienze di Warburg tra i nativi americani, la teoria dei colori e l'idea paradigmatica  d'immagine di Wittgeinstein, hanno nutrito la cultura degli etnografi e degli antropologi moderni, contribuendo a determinare le forme rappresentative degli universi nativi.

Warburg
per le sue teorie innovative in ambito storico-artistico, per la sua esperienza diretta di ripresa fotografica e d'uso di immagini etnografiche, per i suoi non occasionali rapporti con antropologi e l'antropologia, costituisce uno dei personaggio più interessanti nella prospettiva appena delineata.
L'esperienza critica di Warburg è segnalata agli antropologi italiana per una qualche sua ipotetica influenza su de Martino. L'aspetto più evidente e noto dell'attenzione antropologica di Warburg è costituito dal suo viaggio tra gli indiani del nuovo messico e dell'arizona, dalle fotografie che scattò in quell'occasione, dalle relazioni che tenne, al suo ritorno e molti dopo nel 1923 in una circostanza particolare – una conferenza all'interno della casa di cura Bellevue di Kreuzlingen per dimostrare la guarigione dopo una lunga degenza per disturbi psichici -  intorno al cosiddetto rituale del serpente presso gli Hopi. In quelle occasioni scatto almeno 141 fotografie ad oggi conservate al Warburg Institute Archive di Londra, con una macchina portatile Kodak Bull's Eye, relative a aspetti diversi della vita sociale, della cultura materiale e dell'attività rituale dei nativi, e di alcuni white americans, redigendo disegni abbastanza minuziosi e appunti stringati, ma di notevole interesse etnografico e storiografico; selezionò una piccola ma nutrita collezione di manufatti indiani provenienti dal terreno e da varie piccole raccolte private che in diverse riprese riuscì a far pervenire ad Amburgo.

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