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Applicazione delle misure cautelari personali: la richiesta del Pubblico Ministero e la decisione del giudice


Ha inizio quando il Pubblico Ministero chiede per scritto al gip l’adozione di una misura cautelare personale; termina quando il giudice prende, sempre per scritto, una decisione sulla richiesta.
La procedura è segreta, e deve svolgersi all’insaputa dell’indagato e del suo difensore.
La l. 332/95 ha introdotto un primo correttivo alla disciplina del 1988, e cioè ha posto al Pubblico Ministero l’obbligo di presentare al giudice tutti gli elementi a favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate.
L’effetto dovrebbe essere quello di ampliare le conoscenze del giudice quando questi deve valutare l’esistenza delle condizioni e dei presupposti della misura richiesta.
Il Pubblico Ministero dovrebbe essere in grado di valutare se da un atto di indagine può ricavarsi un elemento di prova a favore.
La valutazione può essere compiuta con molta difficoltà dal Pubblico Ministero prima di aver conosciuto la tesi difensiva; e ancora più difficilmente può essere effettuata con animo sereno poiché egli ha l’onere di dimostrare la fondatezza di un addebito nel momento in cui chiede un provvedimento al giudice.
Sempre la l. 332/95 ha introdotto un secondo correttivo: la motivazione esaustiva.
In base alla normativa precedente, la motivazione poteva essere sommaria; adesso deve essere esaustiva.
Il giudice deve precisare gli elementi di fatto dai quali si ricavano i gravi indizi, le esigenze cautelari ed i criteri di scelta della misura.
Se applica la custodia in carcere, il giudice deve spiegare perché tale misura non può essere sostituita con altre meno gravi.
Inoltre, il giudice deve esporre i motivi per i quali ritiene rilevanti gli elementi a carico.
Infine, deve esporre i motivi per i quali ritiene non rilevanti gli elementi a difesa raccolti sia dal pm, sia dal difensore.
In conclusione, il giudice deve motivare l’applicazione della misura cautelare secondo cadenze simili a quelle della sentenza dibattimentale.
Al termine della prima fase si ha l’esecuzione del provvedimento cautelare, che è disposta con ordinanza dal giudice ed eseguita, su incarico del pm, dalla polizia giudiziaria, che consegna all’imputato copia del provvedimento con l’avvertimento della facoltà di nominare un difensore di fiducia.
L’ordinanza che dispone una misura non custodiale è notificata all’imputato.
Quando non è possibile eseguire l’ordinanza che dispone una qualsiasi misura cautelare perché il destinatario non è stato rintracciato, l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria redige un verbale di “vane ricerche” indicando le indagini svolte.
Il verbale deve essere trasmesso al giudice che ha emanato il provvedimento.
Questi se ritiene le ricerche esaurienti, dichiara lo stato di latitanza.

Tratto da INDAGINI PRELIMINARI, PROCESSO E SENTENZA di Stefano Civitelli
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