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Applicazione pratica: i paesi in via di sviluppo e in transizione


Abbiamo parlato dei tre modelli dei paesi maggiormente sviluppati. I paesi in via di sviluppo sono molto più complicati:
- In realtà il grado di decentralizzazione fiscale è più bassa e sta aumentando adesso. Ha avuto un percorso di recupero rispetto ai paesi industrializzati;
- Soprattutto i paesi in via di sviluppo hanno avuto un grosso problema di finanziamento delle aree urbane; si è assistito al fenomeno di grossa concentrazione della popolazione  nelle aree urbane con grossissimi problemi delle abitazioni, dei servizi pubblici indispensabili.   
- Ci troviamo in una situazione con un molta più varietà di situazioni che rende impossibile fare delle teorizzazioni.
- In questi paesi si hanno i maggiori problemi nell’amministrazione delle imposte, minori problemi  per la mobilità. Questo è stato uno dei motivi che ha fatto tardare la decentralizzazione fiscale.
In diversi di questi paesi l’imposta sulla proprietà immobiliare è centralizzata ma in alcuni di questi si sta cercando di trasferirla alla periferia.
Per onestà intellettuale il professore deve dire che tutte le volte che capita di vedere, controllare l’evoluzione esistono dei rapporti che riportano i cambiamenti dei paesi ogni due o tre anni. L’asso di tempo di uno/due anni ci fa vedere che si tratta di situazioni in continua evoluzione. Quindi tutte le cose che vediamo ci danno gli strumenti concettuali per la lettura però sicuramente se andassimo oggi a rivedere la situazione dei paesi in via di sviluppo e in transizione probabilmente dovremmo fare degli aggiustamenti e dei cambiamenti. Questo perché il tema della relazioni intergovernative è un tema perennemente in transizione. Non possiamo dare delle definizioni stabili. Quello che possiamo fare, possiamo fare delle letture in base a quello che ci dice la teoria sui cambiamenti. Però potrebbe darsi che tra uno o due anni questa classificazione anche dei modelli dei paesi industrializzati potrebbe cambiare.
Le conclusioni a cui arriviamo rispetto a questa tipologia di entrata è che noi abbiamo visto:
- Tre strumenti di finanziamento (entrate tributarie, entrate basate sul principio della controprestazione (entrate extra-tributarie), trasferimenti)
- Abbiamo visto tutte le possibilità che abbiamo in termini di imposte e autonomia tributaria;ù
- Ci siamo resi conto dei limiti nella possibilità di attribuire imposte agli enti locali; e quindi dell’emergenza del fenomeno dello squilibrio verticale.
- Abbiamo visto le varie tipologie di imposte e i vantaggi e svantaggi nell’attribuzione delle imposte agli enti locali;
- E abbiamo visto dalla teoria alla pratica. Oggi ci sono una pluralità di modelli.
A questo punto possiamo incominciare brevemente a impostare l’altra grande categoria di entrata delle amministrazioni sub-nazionali che sono i trasferimenti . Si tratta della categoria di entrata sulla quale hanno più lavorato gli economisti perché, come vedremo, si presta molto a delle analisi che utilizzano gli strumenti propri della microeconomia classica, proprio della teoria del consumatore. Da dove nasce il problema dei trasferimenti?

- E’ una diretta conseguenza di quanto abbiamo detto a proposito delle imposte. C’è stata una riduzione delle imposte amministrabili senza difficoltà a livello locale per i fenomeni di concorrenza fiscale, di esportazione, di distribuzione disomogenea di basi imponibili in parallelo ad una crescita dei costi dei servizi pubblici locali e in aggiunta al fatto che molti più servizi pubblici locali sono stati attribuiti alla periferia da parte delle amministrazioni centrali. Quindi da un lato poche risorse mobilitabili autonomamente a livello locale e dall’altro più funzioni di spesa che crescono di più, perché voi sapete che le amministrazioni locali gli vengono attribuite anche funzioni di spesa che intendono essere molto elastiche rispetto alla crescita diretta.  Questo genera uno squilibri tra risorse e funzioni di spesa.
- C’è un secondo motivo legato al fatto che sono accresciute le funzioni redistributive nel settore pubblico ma quando noi abbiamo un settore pubblico articolato a livello decentrato emerge un grossissimo problema nel caso dei paesi che presentano forti differenziali di sviluppo al loro interno. Noi in questo caso possiamo avere delle situazioni in cui abbiamo giurisdizioni molti ricche in cui le risorse tributarie autonome, seppure ridotte per i motivi che abbiamo visto prima, consentono comunque un gettito adeguato per la fornitura dei servizi di cui sono responsabili e abbiamo giurisdizioni povere in cui le base imponibili sono molto basse e per poter garantire una fornitura dei servizi adeguati richiederebbero sforzi fiscali molto rivelanti. Vi ricordate i dati concreti quando abbiamo parlato di capacità fiscale che la differenza tra Lombardia e Calabria vorrebbe dire che per avere lo stesso livello di servizio pubblico in Calabria dovremmo avere una pressione fiscale tre o quattro volte quella della Lombardia. Questo chiaramente pone il problema di equità, perché se in un paese dobbiamo garantire a tutti i cittadini un livello adeguato di servizi pubblici con un livello di pressione fiscale omogenea, in questa situazione occorre una redistribuzione delle risorse tra le giurisdizioni giuridiche e le giurisdizioni locali. Questo è proprio quello che fanno i trasferimenti così detti perequativi. Tutto il discorso che si sta svolgendo in Italia per l’attuazione  della legge 42 per quello che concerne la perequazione, si tratta proprio di questo concetto, cioè di perequare come dice la Costituzione, le capacità fiscali e nello stesso tempo garantire la capacità di svolgimento delle funzioni pubbliche attribuite ai livelli inferiore di governo. C’è un esigenza redistributiva non solo della spesa correnti ma c’è un discorso di perequazione degli stock infrastrutturali presenti nella varie parti del paese. La legge 42 ha per la prima volta affrontato questo tema introducendo il problema della perequazione infrastrutturale. Ad esempio noi potremmo dire garantiamo livelli di spese pubblica corrente più o meno procapite omogenea nelle varie zone del paese e così abbiamo garantito tutto. Però è evidente che questi livelli di spesa pubblica si realizzano all’interno di una situazione infrastrutturale molto differenziata, quindi noi dovremmo garantire anche un adeguato stock infrastrutturale nelle diverse zone del paese. Questo della perequazione infrastrutturale è un tema che stato molto sottovalutato negli anni passati e ci si incomincia ad occupare adesso e comunque presenta molte difficoltà quando andiamo ad identificare dei parametri per la redistribuzione. La motivazione redistributiva corrisponde alla necessità di rispondente allo squilibrio orizzontale. Lo squilibrio orizzontale è quello che origina i differenziali di capacità fiscale tra le varie zone del paese. I differenziali di capacità fiscale si accoppiano anche a possibili differenziali nei costi di produzione dei servizi nelle varie aree del paese. E’ evidente che costo di fornitura di un servizio scolastico in un comune di montagna costa di più rispetto ad un comune in pianura. Ci sono delle condizioni oggettive di produzione della quali bisogna considerare.  Questa è la seconda motivazione che da origine ai trasferimenti. Cioè noi dobbiamo coprire lo squilibrio verticale che però è uno squilibrio sostanzialmente in termini aggregati. Dopo di che questo squilibrio verticale deve essere distribuito a livello delle singole amministrazioni locali ognuna delle quali avrà un differenziale tra risorse e funzioni diverso e quindi noi dovremo perequare questi differenziali con un montante complessivo di trasferimenti.
- Altra motivazione importante è legata alle correzioni delle esternalità all’azione locale (caso della metropolitana). Noi dobbiamo fare in modo che gli investimenti infrastrutturali di una certa amministrazione locale tenga conto dei benefici che travalicano  i confini dell’amministrazione locale. Cosa può fare l’amministrazione superiore per incentivare a produrre di più? Può dare dei contributi dicendo “io ti do di più se tu mi costruisci uno stabilimento che possa fornire servizi ai comuni limitrofi”. Solitamente sono trasferimenti di tipo vincolato specifico.
- Infine l’ultimo motivo, anche questo caso legato a trasferimenti di tipo specifico, della garanzia di livelli di servizi minimi in certi settori.
Quindi voi vedete quattro motivazioni fondamentali che giustificano un intervento in termini di risorse trasferite da un livello superiore di governo ad uno inferiore, di cui le prime due tendenzialmente si dovrebbero coprire con Trasferimenti di tipo Generale – cioè senza vincoli di destinazione-. Perché evidentemente lo squilibrio verticale deriva dal fatto che io so che le amministrazione locali hanno 100 di risorse autonome, massimo ottenibili dalle risorse tributarie  e extratributarie, e hanno comunque fabbisogno di spesa di 200 e quindi dovrò dagli 100. Come do questi 100? Lo vedo con il secondo punto. Cioè devo dire come ripartisco questi 100. Dovrò vedere qual è la capacità fiscale, quali sono i fabbisogni generali di spesa.
Per correggere le esternalità oppure per definire i livelli minimi di servizi di certi settori sarebbero necessari Trasferimenti Specifici che sono vincolati a certi interventi. Ad esempio il fondo sanitario nazionale era un tipico trasferimento specifico mirato a garantire un livello minimo dei servizi.
Il rapporto tra i Trasferimenti Generali e i Trasferimenti Specifici sono abbastanza diversi. In merito la teoria economica ha fatto molte elaborazioni. C’è sempre stato un grosso conflitto tra chi sosteneva che i trasferimenti dovevano essere in linea di massima generali, senza vincoli, mentre oggi c’è qualche grande economista internazionale che sta mettendo  in discussione il discorso è sta recuperando la tematica dei trasferimenti specifici. Vi ricordate che abbiamo visto la peculiarità del nuovo articolo 119 cost. in cui di fatto i Trasferimenti Specifici sono molto limitati e tendenzialmente si parla di Trasferimenti Generali. Questo dipende anche dai principi della carte europea delle autonomie locali in cui si privilegiano i trasferimenti generali. Perché si fa questo? Perché tendenzialmente si dice che il trasferimento generale è un po’ come un tributo locale, cioè lascia più autonomia. C’è però un problema tra i livelli di governo in cui a volte certe finalità soprattutto di tipo redistributivo potrebbero essere raggiunte meglio con trasferimento di tipo specifico.
Lo squilibrio verticale deriva dal fatto che l’amministrazione pubblica centrale tendenzialmente hanno entrate autonome più che sufficienti a coprire le loro spese mentre le amministrazioni locali hanno entrate autonome che non sono in grado di coprire le loro spese, quindi succede che se noi andiamo a misurare lo squilibrio verticale questo è dato dal   rapporto tra: - entrate delle amministrazioni locali e entrate totali delle amministrazioni pubbliche; - spese delle amministrazioni locali e le spese totali delle amministrazioni pubbliche. E’ chiaro che quanto più è basso il rapporto quanto è maggiore lo squilibrio verticale.  E’ questo che deve essere coperto attraverso i trasferimenti che vengono erogati dalle amministrazioni centrali che voi trovate all’interno delle spese delle amministrazioni centrali. Questo è il concetto di squilibrio verticale.
Riprendiamo con la terza categoria delle entrate che sono i trasferimenti.
I motivi della crescita del ruolo dei trasferimenti nel finanziamento degli enti locali, sono sostanzialmente 4. Questi sono da tenere distinti perchè le modalità con cui i trasferimenti vengono gestiti cambiano a seconda delle ragioni per le quali essi sono stati costituiti.

Tratto da SCIENZE DELLE FINANZE di Andrea Balla
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