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Artt. da 4 a 32 c.d.c.: educazione, informazione, pubblicità


La Parte II del Codice del consumo è dedicata all’educazione del consumatore, all’informazione, alla pubblicità e, a seguito della recente riforma, alla disciplina delle pratiche commerciali scorrette.
Obiettivo fondamentale di queste norme è la riduzione delle asimmetrie informative che normalmente caratterizzano il rapporto tra consumatori e professionisti sì da garantire scelte libere e consapevoli.
La disciplina ha pertanto ad oggetto sia le comunicazioni non commerciali (educazione e informazione) che quelle commerciali (pubblicità).
In questa parte il Codice del consumo disciplina la fase anteriore alla conclusione del contratto, con una scelta di fondo del tutto apprezzabile, in quanto si anticipa la tutela del consumatore, non limitandola ai rimedi invalidanti successivi alla stipulazione del contratto.
Si precisa per la prima volta in un testo normativo il diritto all’educazione (Titolo I), dai confini ancora incerti, e si individuano precisi obblighi informativi (Titolo II).
Il Titolo III di questa Parte II del Codice, inoltre, disciplinava in origine la pubblicità ingannevole e le comunicazioni commerciali.
Esso è stato recentemente oggetto di una profonda modifica da parte del legislatore (nel testo originario disciplinava la pubblicità ingannevole con la finalità di tutelare contestualmente i consumatori e le imprese concorrenti da chi pone in essere la pubblicità illecita).
Sicché si ampliava la definizione di consumatore dettata in via generale dall’art. 3 c.d.c., includendovi “anche la persona giuridica cui sono dirette le comunicazioni commerciali o che ne subisce le conseguenze”.
Adesso, con i d.lgs. 145/2007 e 146/2007, la disciplina della pubblicità ingannevole e stata sdoppiata in due testi normativi, uno dedicato alla tutela esclusiva delle imprese concorrenti, e perciò espunto dal Codice del consumo (d.lgs. 145/2007), e l’altro dedicato alla tutela del consumatore, e perciò inserito nel Codice del consumo (d.lgs. 146/2007).
Con la conseguenza che non vale più la definizione ampia di consumatore, la quale è stata abrogata e sostituita da una definizione sostanzialmente identica a quella dell’art. 3 c.d.c.
Va peraltro segnalato che nella Parte II del Codice del consumo si trova ancora, a seguito della riforma, una definizione di consumatore più ampia di quella generale dell’art. 3 c.d.c.: si tratta della nozione valida esclusivamente in tema di informazioni.
In tale settore si intende, infatti, il consumatore anche il professionista, purché persona fisica e non giuridica, che sia destinatario delle informazioni (occorre però precisare in proposito che comunque si deve considerare consumatore non ogni professionista operante nella catena distributiva, ma solo l’acquirente finale dei beni).

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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