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Atti di disposizione del proprio corpo e interdizione: articolo 5 c.c.


“Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume”.
Dall’art. 5 c.c. derivano quindi importanti conseguenze circa la validità del consenso prestato dal paziente in tema di facoltà di curare e soprattutto in materia di sperimentazione, di interventi medico-chirurgici volti a modificare la condizione sessuale dell’individuo, di trattamenti a mera finalità estetica, ecc…
La donazione di organi tra viventi, alla quale consegue certamente una diminuzione permanente dell’integrità fisica del donante, intanto è considerata recita in quanto è espressamente stabilità ed ammessa la leggi speciali (così, ad esempio, la donazione del rene, del sangue, ecc…).
Interdizione
La persone interdetta non può contrarre matrimonio, non può stipulare contratti, non può prestare consenso valido al trattamento medico, non può più gestire il proprio patrimonio, ecc…; una capacità di esercitare i propri diritti verrà trasferita alla persona del tutore.
I presupposti clinici dell’interdizione sono sostanzialmente tre:
a. l’infermità di mente: il concerto di infermità è più estensivo di quello di malattia, sì che nel concetto rientrano: le malattie mentali e i loro esiti, le caratteropatie, gli arresti dello sviluppo psichico, i difetti congeniti della psiche, le alterazioni dei processi intellettivi, volitivi e sentimentali;
b. l’abitualità dell’infermità mentale: occorre naturalmente che l’infermità psichica accertata sia cronologicamente definibile come abituale (non è necessario che si tratti di un’infermità irreversibile, né è necessario che sia permanente, quanto piuttosto che non sia soggetta a risoluzione in un prevedibile breve arco di tempo, cioè che sia duratura anche se non costante);
c. la gravità dell’infermità mentale: il giudizio definitivo in materia di interdizione dipenderà in ogni caso da un confronto fra la gravità dell’infermità mentale obiettivata e quindi dal grado del deficit psichico e la rilevanza effettiva degli interessi (soprattutto patrimoniali) cui la persona deve provvedere (se si tratta di un patrimonio importante, basta anche un modesto deficit per rendere il soggetto incapace di provvedere ai suoi interessi);
L’interdizione può essere revocata quando vengono meno le condizioni per le quali l’infermo di mente è stato interdetto (salvo il caso di interdizione legale).

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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