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Come si individuano i ministri di culto


La qualifica di ministro di culto può essere intesa come una scatola vuota, una qualifica in bianco, che si riempie di contenuto di volta in volta in ragione della confessione religiosa di riferimento.
La Costituzione italiana riconosce in forma chiara il principio di autonomia confessionale, tra le cui facoltà va ricompresa quella della libera determinazione circa la propria organizzazione anche con riferimento alle funzioni da attribuire ai fedeli.
Dal generale divieto di ingerenza nelle nomine, non può essere comunque dedotto un generalizzato impegno da parte dello Stato a riconoscere come ministri di culto di una confessione religiosa tutti i soggetti da questa ritenuti tali.
La discrezionalità dell’ordinamento italiano va commisurata in ragione del sistema di relazioni che sono state sviluppate con le singole confessioni religiose.
Nell’Accordo del 1984 di modifica del Concordato Lateranense e nelle intese fino ad ora stipulate con alcune confessioni religiose di minoranza non mancano, infatti, le norme che intervengono a regolare direttamente o implicitamente questo tema.
Per le confessioni religiose senza intesa, la l. 1159/29 prevede un apposito procedimento amministrativo di approvazione per i ministri di culto dei cosiddetti culti ammessi.
Tale procedimento sembra risolversi in un’attività vincolata di controllo di mera regolarità formale dell’atto di nomina, non dando la legge indicazioni sui criteri da seguire per la valutazione discrezionale.
Ma i ministri di culto approvati non esauriscono l’insieme di tutti i ministri della confessione, vigendo (al di fuori di questa ipotesi) il sistema del riconoscimento incidentale proprio di tutte le confessioni che non abbiano stipulato un’intesa.
In questo caso gli elementi tenuti in considerazione potranno essere più d’uno (ad esempio, tempo dedicato, potere nei confronti dei singoli fedeli, compiti svolti, ecc…), ferma restando la necessità di tenere in dovuta considerazione quanto stabilito in proposito dai singoli ordinamenti confessionali.
Sarà quindi  possibile per lo Stato non riconoscere la qualifica di ministro di culto ad un soggetto ritenuto tale dalla confessione religiosa di appartenenza, mentre non è ipotizzabile che tale qualifica venga attribuita a chi tale non sia nel rispettivo ordinamento confessionale.

Tratto da DIRITTO ECCLESIASTICO di Stefano Civitelli
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