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Componenti della cultura: valori, norme, concetti e simboli


I VALORI
Nel linguaggio comune il termine valore è usato in due sensi diversi.
1) è un valore (o ha un valore) qualunque cosa materiale o no, che sia ritenuto importante, che, quindi, si desidera ottenere o che, ancora, si ha paura di perdere se è già nostra. Da questo punto di vista qualunque oggetto può essere o diventare un valore sia sul piano sociale che su quello privato e individuale.
2) i valori indicano gli ideali a cui gli esseri umani aspirano e a cui si riferiscono quando devono formulare dei giudizi (es. pace, onore, onestà).
Nel linguaggio delle scienze sociali, il valore, non indica l'oggetto dell'interesse, ma il criterio della valutazione, cioè il principio generale in base al quale approviamo o no un certo modo di agire, di pensare o anche di sentire. Si distingue da quello di preferenza, che indica ciò che è desiderato (ciò che vogliamo), mentre il valore indica ciò che è desiderabile (ciò che dovremo volere), ed indica una dimensione normativa, un dovere.
I valori hanno quindi tre dimensioni fondamentali: una dimensione affettiva, che riguarda il desiderabile; una dimensione cognitiva che riguarda la concezione che una cosa sia buona, giusta, bella e che implica quindi una consapevolezza da parte dell'attore sociale; una dimensione selettiva, che si riferisce alla capacità di valori di orientare l’agire sociale, in quanto forniscono le motivazioni dei comportamenti.
I valori variano storicamente e geograficamente, perché sono legati con la realtà sociale, l'organizzazione economica e politica di una collettività. Ad es il successo economico e professionale è un valore molto importante nelle società industrializzate moderne, ma non lo era nella Cina confuciana, il cui sistema di valori era centrato sulla devozione alla famiglia e sul prestigio di un alto status sociale.
Variano quindi nello spazio e nel tempo perché interconnessi nella realtà sociale.
Alcuni studiosi, sulla base delle loro ricerche, hanno cercato di fornire una “mappa” dei problemi fondamentali affrontati da diverse culture, riconoscendo che esistono problemi comuni a cui corrispondono un numero finito di soluzioni possibili.
Parson (1951), prendendo in considerazione le culture moderne, identifica quattro problemi fondamentali, che ha chiamato variabili strutturali, cioè valori socialmente riconosciuti nelle società moderne, ciascuno dei quali richiama due risposte possibili.
1° problema è tra universalismo e particolarismo. Se l'attore sociale decide di giudicare un oggetto partendo da criteri generali relativi a tutti gli oggetti della stessa categoria, allora fa riferimento all'universalismo; al contrario, se considera l'oggetto secondo criteri che si applicano solo a quest'oggetto, allora opta per il particolarismo.
2° dilemma è tra prestazione e qualità. L'attore sociale deve scegliere se giudicare l'oggetto in base a ciò che fa, o se dare maggiore importanza a ciò che è. Il valore della prestazione è un prodotto del processo di modernizzazione sociale.
3° dilemma tra cui l'attore può scegliere è tra neutralità affettiva e affettività. Sceglie la neutralità affettiva quando mette da parte i propri sentimenti, se considera la situazione e i rapporti sociali in cui si trova in funzione di un fine preciso da raggiungere (rapporti di lavoro).
4° dilemma è tra specificità e diffusione. L'attore sociale può rapportarsi agli altri considerandone solo gli aspetti specifici (il medico che si rivolge al paziente), oppure può considerare la persona del suo complesso (la madre nei confronti del figlio).

LE NORME
Le norme rispetto ai valori sono più specifiche e imperative, in quanto enunciate sotto forma di un obbligo o di un'imposizione. La loro efficacia sociale dipende dalla presenza di una sanzione, e devono essere rinforzate da forme di controllo esterne del comportamento (sanzioni). Il grado di interiorizzazione delle norme è quindi variabile e vengono apprese nel corso dell'intero ciclo della vita, a differenza dei valori che vengono appresi e interiorizzati presto nella vita di un individuo.
Le norme possono emergere in qualsiasi ambito dell'attività umana e della vita sociale, da cui emergano problemi che richiedono una soluzione da parte della società (norme su come vestirsi, come mangiare come pensare, pregare, ecc.).
Un filosofo del linguaggio, John Searle (1969) ha distinto le norme costitutive dalle norme regolative. Le prime costituiscono, cioè definiscono e creano una pratica che non esiste prima delle regole che la mettono in essere (le regole dei giochi, le norme giuridiche che pongono condizioni di validità: il matrimonio). Le seconde regolano pratiche già esistenti (divieto di entrare in moschea con le scarpe).
Le norme si distinguono inoltre in base al contenuto e dal grado di formalizzazione. In base al contenuto ci sono molti tipi di norme: norme della moda, dell'etichetta, della religione, della morale. In base al grado di formalizzazione, si distinguono le norme statuite e quelle consuetudinarie. Le prime derivano da un'autorità cui è riconosciuto il potere di emanare le norme, mentre le seconde si sviluppano spontaneamente, non sono formulate in forma scritta e sono ritenute meno vincolanti. Al massimo grado di formalizzazione troviamo le norme giuridiche emanate dal potere legislativo (formulate in forma scritta che presuppongono qualcuno che le applichi e che amministri le sanzioni). A livello minimo di formalizzazione troviamo le norme dell'interazione sociale, chiamate da Goffman “micro rituali”, riconosciute dai partecipanti a un'interazione, ma in maniera implicita e per lo più data per scontata (le regole della conversazione). Tra questi due poli vi è una varietà di norme come le norme deontologiche, che definiscono specifiche etiche professionali. Le norme possono essere formali o informali, per esempio l'esclusione sociale se non ci si comporta in un determinato modo. Possono essere costruttive, generano cioè dei comportamenti che organizzano una sfera organizzata, oppure regolamentative.

I CONCETTI
vengono espressi attraverso il linguaggio, e comprendono le proposizioni definitive della realtà e costituiscono i modi in cui soggetti organizzano positivamente la propria esperienza. I concetti stabiliscono cos'è la realtà intorno a noi: la natura, l'uomo e la società. Le prime due affermano quello che la realtà deve essere, mentre i secondi quello che la realtà è. Sono dunque proposizioni definitive della realtà utilizzate dagli attori sociali per organizzare la propria esperienza. Possono essere concetti proposizionali, in quanto bastano a identificare una proposizione sola, il loro significato è univoco; e semiproposizionali, in quanto possono ricevere tante interpretazioni proposizionali, il loro significato è vago e indeterminato.

I SIMBOLI
il simbolo è stato definito come un segno, sia convenzionale, come ad es i segni utilizzati dai logici, sia analogico, che evoca una relazione tra un oggetto concreto e un'idea astratta.
I simboli sono diversi dai segnali, in quanto questi ultimi hanno un valore informativo e vengono introdotti attraverso una convenzione, sono unicamente interpretabili. L'esempio più semplice è quello dei segnali stradali che nascono con lo scopo di fornire informazioni sulla situazione della strada. Si distinguono anche dai marchi in quanto hanno un valore soggettivo e rievocativo. Distinguono anche dalle indicazioni, in quanto come i marchi non hanno un carattere intersoggettivo (es i segni naturali: fumo che indica il fuoco).
I simboli sono diversi dai segnali in quanto hanno un carattere intersoggettivo, cioè sono condivisi da un gruppo sociale. Inoltre, rappresentano un sapere che gli individui sono in grado di esprimere, ma senza svilupparne i ragionamenti; fanno parte dunque della dimensione implicita della cultura (es della croce che è il simbolo della religione cristiana, ma non tutti sanno argomentare il criterio di quest'associazione).

Tratto da SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI di Manuela Floris
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