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Concezione bipartita e tripartita del reato

Concezione bipartita e tripartita del reato


A_ Agire in presenza di una causa di giustificazione.

Il dolo è conoscenza di tutti gli elementi essenziali del fatto tipico. Esso è escluso tanto dalla semplice ignoranza di uno di quegli elementi (disconoscere il rapporto di parentela nel caso di relazione sessuale), quanto dall’errore che si tratti di una realtà diversa (impossessamento di una cosa altrui ritenuta propria).
Si possono avere delle difficoltà a seconda che ci si muova dalla concezione bipartita a quella tripartita del reato, a seconda cioè che l’operatività delle cause di giustificazione sia ricondotta al piano della tipicità ovvero della antigiuridicità del fatto.

Concezione bipartita

muovendo dall’idea che la cause di giustificazione siano “elementi negativi” del fatto tipico afferma che l’erronea supposizione di una causa di g. in realtà inesistente esclude il dolo del reato, lasciando eventualmente sussistere una responsabilità colposa, sempre che il reato sia previsto e punito anche a titolo di colpa. Infatti la rappresentazione erronea dell’esistenza di una causa di g. (inesistente) implica il non avere la consapevolezza dell’elemento negativo costituto dall’assenza di scriminanti.
Le difficoltà si incontrano nella precisazione dell’oggetto del dolo nell’ipotesi in cui il soggetto non si rappresenti – in positivo – alcuna causa di g.  =>
Nel caso in cui la situazione giustificante esiste obiettivamente ma sia ignorata dall’agente, nessun problema: la responsabilità sarà esclusa già sul piano oggettivo per mancanza del fatto tipico (es. incendiare una cosa altrui non sapendo che il proprietario ne aveva già dato il consenso). 
Nel caso di assenza della situazione giustificante il fatto tipico sarà obiettivamente perfetto sussistendo anche l’elemento negativo costituito dalla “assenza di cause di g.”. rimane però il problema se il dolo debba investire, nella rappresentazione del soggetto, anche questo elemento negativo => cioè se il soggetto debba avere la consapevolezza anche della mancanza dell’esistenza delle situazioni giustificative. Sarebbe però arduo pretendere che il soggetto al momento della realizzazione del reato, possa estendere il suo esame conoscitivo a tutte le possibili situazioni giustificative, talvolta complesse da ritrovare.

Concezione tripartita

l’oggetto del dolo si esaurisce negli elementi positivi, gli unici concorrenti a costituire la tipicità del fatto. La questione dell’erronea supposizione di una situazione di fatto giustificante rimane aperta e nella “disponibilità” della discrezionalità del legislatore, sempre che quest’ultimo intenda provvedere a dettarne la disciplina positiva.
Niente esclude che anche un errore sulle causa di g. possa assumere la stessa struttura dell’errore sul precetto e configurarsi come tale, ma ciò nell’ipotesi in cui il soggetto, perfettamente rappresentandosi la situazione fattuale in cui agisce, crede però erroneamente che sia prevista la legge come causa di g.   
Inoltre il dolo offre al soggetto agente quella conoscenza fattuale in mancanza della quale egli non potrebbe mai assumere la coscienza del proprio operare contra ius: solo chi conosce i fatti può infatti prendere decisioni concernenti il proprio comportamento e dunque portare la responsabilità delle proprie scelte rispetto all’ordinamento. 
L’effetto ultimo dell’errore fattuale delle cause di giustificazione è lo stesso dell’errore sul fatto tipico, e identica ne può essere la disciplina, nel senso di escludere incondizionatamente la responsabilità dolosa, lasciando eventualmente residuare una responsabilità colposa quando il reato si punito anche a tale titolo e l’errore sia dovuto a colpa.
Quest’ultima è la soluzione adottata dal nostro legislatore con l’art. 59 co. 4: una disposizione condivisibile nel merito ma anche opportuna nell’evitare un silenzio che avrebbe potuto favorire il prevalere di incertezze sistematico concettuali sulle esigenze sostanziali del diritto penale.

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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