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Definizione di assegno ordinario di invalidità


Si considera invalido l’assicurato la cui capacità di lavoro, in occupazione confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo.
L’assegno è ancora cumulabile con la retribuzione, ma fino all’importo pari al minimo della pensione sociale.
Non è reversibile; è concesso per tre anni, rinnovabili qualora permangano le condizioni di invalidità (dopo tre riconoscimenti consecutivi l’assegno verrà automaticamente confermato).
La trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia avviene al compimento dell’età pensionabile qualora si possano far valere i requisiti contributivi.
A titolo meramente esemplificativo citiamo alcune tra le più importanti infermità che giustificano la concessione dell’assegno ordinario di invalidità:
1. le malattie dell’apparato cardiovascolare (con un’incidenza percentuale che oscilla intorno al 30-35% dei casi);
2. le invalidità carico dell’apparato osteo-articolare (con incidenza del 10-15%);
3. le broncopneumopatie croniche e le malattie croniche dell’apparato respiratorio, tubercolosi esclusa (con incidenza del 10-15%);
4. le affezioni del sistema un neuro-psichico (incidenza del 10-12%);
5. i tumori (con incidenza del 3-4%).
Il medico dovrà tenere conto nella valutazione conclusiva dell’invalidità del complesso delle infermità riscontrate; in particolare occorre considerare:
a. la sussistenza dei requisiti contributivi (occorrono almeno 5 anni di contribuzione di cui 3 nel quinquennio che precede la richiesta);
b. la natura e la gravità dell’infermità e dei difetti fisici e psichici;
c. la permanenza delle stesse;
d. le attitudini lavorative dell’assicurato;
e. la riduzione permanente della capacità di lavoro in occupazioni confacenti alle attitudini;
f. la misura di tale riduzione (più del 66% della prediletta capacità).

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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