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Diritto romano: liberi e schiavi

DIRITTO ROMANO: LIBERI E SCHIAVI


Le Istituzioni di Gaio (1.9) affermano che l'uomo si divide in liberi e schiavi.
Lo schiavo non poteva avere nessuna situazione giuridica; che il potere del padrone su di lui era permanente, in quanto, alla morte dello stesso, sarebbe subentrato un suo erede.
La condizione degli schiavi era simile a quella dei liberi, in quanto molti lavori agricoli, artigiani ecc., erano compiuti dai liberi stessi.
Nel campo religioso lo schiavo era quasi pari ad un libero, (partecipazione al sacra familiaria, valore vincolante del giuramento, natura religiosa dove veniva seppellito.) e i limiti religiosi posti al potere del padrone valevano anche per il diritto.
L'integrità fissa degli schiavi era tutelata dalle XII Tavole. (la rottura di un osso di uno schiavo corrispondeva alla metà della rottura di un libero).
La sua uccisione invece no, in quanto la legge di Numa punisce solo chi abbia ucciso un homo liber.
Lo schiavo non poteva essere parte di un processo; sia chi, vivendo come schiavo, voleva dimostrare di essere libero, sia chi, vivendo come libero, sia stato rivendicato da un padrone che lo volesse come schiavo. Senza adsertor in libertatem esso non poteva dimostrarsi libero. I processi erano comunque a favore della libertà, infatti, fino alla sentenza, la persona in questione poteva restare libera.
La schiavitù deriva da → prigionia di guerra; madre schiava; la deditio (consegna)
Prigionia di guerra e deditio potevano riguardare anche i cittadini di Roma.
La prigionia però non era definitiva, nel senso che, una volta rientrato a Roma il cittadino riacquistava libertà e cittadinanza. (postliminium).
Altri fattori di schiavitù erano quelli che rendevano il cittadino romano schiavo di stranieri.
a. il debitore che non aveva pagato e aveva subito una manus iniectio.
b. il disertore
c. il renitente alla leva militare
d. chi non si sottoponeva al censimento

Costoro venivano venduti agli stranieri, questo perchè il cittadino romano non poteva divenire schiavo di un altro romano.
Lo schiavo poteva essere libero unicamente tramite volontà del padrone con la manumissio, che a sua volta si divideva in: vindicta, censu, testamento.
Vindicta → finto processo di libertà, in cui l'adsertor libertatis, dinanzi al rex o magistrato, affermava solennemente, tenendo in mano una bacchetta (vindictio), che lo schiavo era libero. Mentre il padrone taceva. Il rex vedendo la mancanza di contenstazione rendeva efficace con la sua addictio la libertà. (l.a sacramentum in rem)
Censu → avveniva ogni cinque anni. Il censimento consisteva nella dichiarazione della propria appartanenza alla civitas, fatta su autorizzazione del padrone.
Testamento → clausola inserita nel testamento, dove il padrone imponeva che dopo la sua morte, lo schiavo fosse libero.
Esso diveniva libertinus e rimaneva strettamente legato all'antico padrone.

Tratto da ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO di Sara Zauli da Baccagnano
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