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Esegesi dell'art. 101 c.p.c.


L'art. 101 c.p.c. dispone che "il giudice non può statuire su alcuna domanda se la parte contro la quale è stata proposta non è stata regolarmente citata comparsa".
Interpretato letteralmente, l'art. 101 c.p.c. sembrerebbe richiedere, per il rispetto del principio del contraddittorio, non solo la regolare citazione del convenuto, ma anche la sua comparizione; questa interpretazione letterale non può essere accolta in quanto da un lato contrasta con l'istituto della contumacia, dall'altro lato sud ordinerebbe la possibilità di esercizio della funzione giurisdizionale ad un'attività del convenuto, cioè proprio del soggetto che normalmente ha meno interesse nel caso concreto all'esercizio dell'attività giurisdizionale.
Esclusa la possibilità di interpretare letteralmente l'inciso finale dell'art. 101 c.p.c., reputo preferibile l'interpretazione secondo cui il legislatore ha inteso riferirsi all'efficacia convalidatrice della nullità dell'atto di citazione e della notificazione riconosciuta alla costituzione del convenuto.
L'art. 101 c.p.c. richiede, per il rispetto del principio del contraddittorio, che la parte, contro cui sia stata proposta la domanda, sia stata regolarmente citata.
È infine da rilevare che accanto al meccanismo (citazione e comparizione) considerato dall'art. 101 c.p.c., il codice disciplina altre ipotesi nelle quali il giudice, prima di provvedere sulla domanda propostagli mediante ricorso, rende possibile lo svolgimento del contraddittorio, disponendone l'attivazione nei confronti dei controinteressati: in queste ipotesi il giudice non emette alcun provvedimento fino che il ricorso non sia stato portato a conoscenza dell'altra parte.

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