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G. Debenedetti e la globalità della critica letteraria



Nato nel 1901 a Biella, e morto nel 1967 a Roma, Debenedetti fu critico e scrittore. Si formò sulla critica crociana ma se ne allontanò presto, dedicandosi a forme di conoscenza che travalicassero la tradizione letteraria: psicanalisi, antropologia culturale, sociologia, fenomenologia. Critico che non si chiudeva all’interno di un metodo, analizzava, assieme ai simboli ed ai miti degli autori, così come erano calati nella realtà delle opere, anche la sua soggettività di lettore, specialmente con gli autori più amati, come Pascoli, Svevo, Tozzi e Saba.
Debenedetti, più di ogni altro critico, è la personificazione della critica letteraria come esperienza globale. Sia dai suoi libri sia dalle sue lezioni emerge la figura del critico come rabdomante del presente, come uomo sorpreso a interrogare le complicazioni, le tortuosità, le eleganze e le contraddizioni del tempo che è, senza tuttavia riuscire a vincere la sua sfida, condannato (piacevolmente, va detto) a lottare perennemente con la problematicità del presente, con le sue luci e le sue ombre. Un presente, quello debenedettiano, che si rivela e si risolve sempre in un sistema delle arti in cui la letteratura occupa sempre il primo posto, in quanto coagulo che raccoglie in sé le tracce del passato e le proiezioni del futuro.
Un privilegio quello di poter leggere, o tentar di leggere, attraverso le linee del tempo, ma privilegio che la letteratura non utilizza né per esaltarsi né per chiudersi in chissà quale sdegnoso rilievo. Se la letteratura è coscienza del presente, e quindi, dicevamo, del passato e del futuro, essa è attraversata da tutti i dati del sistema della cultura e delle arti, osservando tutti gli aspetti del mondo, quelli chiari e palesi e quelli oscuri e nascosti. Il critico letterario, dunque, dialogando coi suoi autori, dialoga con il loro mondo, con il loro presente che è poi anche il suo, essendosi dedicato principalmente a scrittori ad esso contemporanei. Ed è così che si spiega l’attenzione di Debenedetti per le forme trasversali alla letteratura, quali il cinema, la musica, le arti pittoriche e plastiche, l’architettura, la filosofia, la scienza, la natura eccetera. E non si tratta di eclettismo dilettantistico ma di un modo pieno di essere contemporanei, di essere critici seri, che affrontano la grande lotta contro le infinite pagine del libro del mondo, con le sue innumerevoli combinazioni.
Ma l’abitudine di Debenedetti di dedicarsi spesso ad autori a lui contemporanei, gli è valsa l’etichetta, un po’ riduttiva in verità, di critico militante per antonomasia. Vero è che Debenedetti è il critico che segue a tempo pieno gli scrittori contemporanei, quello che milita a corpo morto per uno scrittore a lui vicino o per una particolare corrente letteraria, ma il suo atteggiamento va ricondotto principalmente al suo spirito entusiastico, quello di chi vive nel profondo delle fibre l’energia della grande letteratura, antica e moderna. La militanza di Debenedetti è in fondo inclassificabile, perché egli stesso faceva parte solo per se stesso, formandosi un personalissimo modello di commercio con la cultura, le opere e gli autori che non si lasciò mai catturare da tendenze, norme o classificazioni costituite a tavolino.

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